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mercoledì 30 marzo 2022

POETI E GUERRA
La Calamità nucleare 

 
Saremo, prima o poi, come Marte, come la Luna. Saremo
come ogni altro mondo disabitato e senza vita.
Mai come ora
avevamo visto in faccia la catastrofe nucleare,
pur essendone, comunque, stati spesso sfiorati
anche in passato.
Mai, come ora, abbiamo perso la speranza
per un eterno futuro di questo Pianeta.
Da oggi, ognuno di noi ha perso anche la voglia
di lasciare la sua pur minima impronta
su questa Terra che, fino a questo momento,
ha sopportato ogni nostra sorta di scelleratezza.
 
Nessun di noi calcherà più il piede, come prima,
sulla sua superficie, affinché la traccia del nostro
fugace passaggio vi rimanga impressa nei secoli,
nei millenni e negli eoni. Non ne varrà più la pena,
finché il nucleare resterà a pendere,
come una spada di Damocle, sulle nostre teste.
Che la fermi Fermi, da sottoterra,
questa catastrofe nucleare, cui diede egli l’abbrivio e che,
da oltre tre quarti di secolo, aleggia sulle nostre teste,
con la previsione che prima o poi ci sarà.
 
Una sola speranza ci resta ancora. Nessun vanaglorioso
capo di Stato, dal momento che non rimarrebbe
su nessun libro di storia, farebbe tanto male a sé stesso
e agli altri. Una guerra atomica ci potrà essere solo,
dunque, quando essi Capi di Stato sanno per certo
di potersi, azionando dallo spazio il letal bottone,
porre in salvo, assieme a parenti e amici,
su altri corpi celesti, già apposta approntati
per la loro sopravvivenza. Ma anche dove possano
stampare poi il libro di storia che racconterà l’apocalisse delle
loro folli gesta compiute su C’era una volta il pianeta Terra,
da inviare, con navicelle spaziali, verso i tant’altri mondi abitati.

Nicolino Longo