Nel
servizio dedicato all’ANPI e apparso su “Domani” del 19 aprile si è posto
l’accento su questioni reali, esistenti sia all’interno dell’Associazione sia
nell’insieme delle relazioni esterne nel complesso del sistema politico- culturale.
Per ragioni di economia del discorso tralascio un’analisi più dettagliata e
rivolta all’indietro nel tempo che pure sarebbe necessaria e mi limito ad
alcuni punti di osservazione: 1) L’Anpi entra nel mirino
del dibattito politico nel 2016 con il referendum confermativo sulle riforme
costituzionali promosse dal governo Renzi. In quel frangente l’ANPI si assunse
il ruolo (scomodo) della difesa “sine qua non” del modello repubblicano -
costituzionale dettato dalla Carta Fondamentale del ’48. Lo stesso
atteggiamento era stato preso, ma in tutt’altro contesto, nelle analoghe
proposte avanzate dal centro - destra nel 2006, proposte respinte dal voto
popolare nel relativo referendum confermativo; 2) Egualmente l’ANPI ha
preso posizione nel referendum confermativo sul taglio dei parlamentari
proposto dal M5S e svoltosi nell’autunno 2020 in concomitanza con alcune
elezioni regionali. Attenzione! a quel punto ci siamo trovati al secondo
“strappo” verso l’establishment dominante. Da ricordare come nel referendum sul
taglio dei parlamentari (biecamente populista ma sostenuto da tutto l’impianto
mainstream) la posizione dell’ANPI e del Comitato per la Difesa Costituzionale
(CDC) risultò minoritaria ma raccogliendo comunque oltre 6 milioni di voti
rimasti almeno per ora politicamente inutilizzati. 3) Sono stati questi appena
elencati i punti di una cesura politica che ha fatto scoprire come nell’ANPI
“non ci siano più i partigiani”, fatto si direbbe lapalissiano per ragioni di
carattere anagrafico: da questa osservazione della “mancanza di partigiani”
risulterebbe decaduta quella “autorità morale” invece esercitata nel passato.
Formulando questo giudizio si evita però di osservare come gli iscritti e i
dirigenti dell’ANPI abbiano svolto, nel corso degli anni, un’attività di
conservazione della memoria e di trasformazione della stessa che, rispetto alle
vicende della Liberazione, molti avrebbero voluto si fosse conservata “di
parte” (come era stato negli anni della guerra fredda) e che invece l’ANPI ha
sicuramente contribuito a far diventare, com’era giusto, di “tutti”. Una
Resistenza di “tutti” ponendo particolarmente l’accento nel ricordo di quegli
avvenimenti sulle altre forme di Resistenza che vanno giustamente esaltate
accanto alla memoria dei Partigiani Combattenti; 4) È indubbio che risulti da
approfondire la riflessione sulla guerra in corso così come questa è stata
portata avanti nel recente congresso nazionale. Deve essere meglio considerato
il rapido mutamento di contesto verificatosi rispetto a qualche mese or sono.
Ma egualmente va approfondito il ruolo dell’ANPI rispetto al quadro di vero e
proprio “deperimento costituzionale” che il nostro sistema politico sta subendo
ormai da molti anni; 5) Il punto vero della
situazione che si è creata non risiede quindi tanto nelle dichiarazioni personali
del Presidente dell’ANPI o nell’insieme delle posizioni sostenute dall’insieme
dell’Associazione ma essenzialmente sul tema del tutto dirimente della
“questione costituzionale” (vedi polemiche sulla lettura parziale dell’articolo
11). Deve essere chiaro che nel corso di questi anni l’ANPI ha sostenuto nella
necessità di affermazione dei valori e dei principi della Costituzione
Repubblicana un ruolo in buona parte di supplenza rispetto a forze politiche e
culturali cui anche questo compito sarebbe spettato e che, invece, hanno
largamente disatteso; 6) Nel passaggio dettato dal
succedersi delle generazioni l’ANPI è chiamata ad assumersi per intero questo
compito di vera e propria “affermazione costituzionale”. Un compito inteso
assieme come fatto culturale e politico. Una responsabilità che l’ANPI è
chiamata ad assolvere grazie ad un principio di “moralità storica” che deriva
all’Associazione dallo stare portando avanti, ben oltre il fattore anagrafico
dei suoi componenti, il compito istituzionale di mantenimento di una memoria
che alla Costituzione antifascista è direttamente e indissolubilmente legata.