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giovedì 7 aprile 2022

Confronti
VERITÀ E LIBERTÀ
di Romano Rinaldi

 

Nessuna grande cultura può trovarsi in un rapporto obliquo con la verità.
Sono parole di Robert Musil riportate nel sottotitolo di “Odissea”.
Su quale sia la verità sono state scritte intere biblioteche e non è certo il caso di provare a farne una sintesi qui. A partire dalle verità rivelate con tanto di Scuole di Teologia di ogni confessione religiosa nel mondo e fino alle verità scientifiche che valgono fino a quando verità “più vere” affiorano grazie a nuove conoscenze e teorie che di continuo si affacciano nel sapere umano.
Assodato dunque che la “verità” non può che essere relativa, con buona pace di Musil, ci sono tuttavia delle situazioni in cui è necessario trovare, per soddisfare il nostro intelletto, qualche àncora che ci consenta di osservare l’orizzonte da una posizione abbastanza ferma per poter “fare il punto” ed eventualmente procedere nella navigazione verso un obiettivo raggiungibile, auspicabile e realistico. Tanto per rimanere in tema di Odissea.
Ci sarebbe infatti da opinare parecchio sul significato della parola “verità”, richiamata spesso nel titolo di organi di stampa e diffusione che poi finiscono per tradirla ad ogni piè sospinto. A partire dalla famosa Pravda (organo di stampa del regime sovietico) e fino al nuovo strumento di diffusione “social” (Truth) lanciato dal passato presidente USA, tutt’ora non rassegnato ad aver perso la rielezione ad una carica che ha dimostrato di non essere stato degno di ricoprire, fomentando l’assalto armato alla sede della massima istituzione del suo Paese il 6 gennaio dell’anno scorso, per riprendersi con la forza il potere perso col voto libero e democratico.

Ecco che, volendo rileggere quell’avvenimento americano alla luce del tragico passo compiuto a poco più di un anno di distanza dal presidente russo, con la dissennata e sanguinosa guerra scatenata contro l’Ucraina (un paese che molto timidamente cominciava a proporsi come neo-democrazia), ci dobbiamo chiedere quanto fossero effettivamente in sintonia i due presidenti delle due superpotenze nucleari nell’affondo contro l’ordinamento democratico nei loro paesi e nel resto del mondo, per conseguire un potere assoluto in conformità col delirio di onnipotenza che evidentemente accomuna questi due autocrati (e forse anche altri).
Non può certo fare meraviglia che l’Unione Europea e gli Stati Uniti, tutt’ora entrambi retti da ordinamenti liberal democratici (almeno nominalmente), si siano trovati in sintonia contro l’azione scatenata dalla Russia, palesemente in contrasto coi principi e le istituzioni che regolano questi grandi Paesi. È dunque probabile che l’indebolimento della democrazia, che viene dibattuto in molte sedi da diversi anni, abbia indotto il despota a capo della più potente (militarmente) “democratura”, a forzare la mano per esercitare quel potere assoluto che le sue convinzioni e i vagheggiamenti della sua distorta lettura della Storia gli suggerivano, secondo il principio: ora o mai più.

Insomma è assolutamente inutile andare a cercare qualche motivazione nelle colpe del cosiddetto “Occidente”. Non che l’occidente non abbia le sue colpe, naturalmente, ma queste possono emergere solo nella nostra mente per spiegare a noi stessi il comportamento di un uomo e del suo entourage, che ragiona secondo principi totalmente diversi dalla logica di causa-effetto che noi cerchiamo di applicare alla totale pazzia di questa guerra. Una pazzia per noi ma concepita nella lucida mente di un despota che non ha esitato a perseguire i suoi scopi di incontrastato potere e ripristino della “grandezza” della sua Nazione attraverso nefandezze, uccisioni e massacri artatamente nascosti nello stile dei servizi segreti alla cui scuola è cresciuto ed ha prosperato. E perché mai il presidente turco si è accreditato per cercare una soluzione di compromesso tra i due contendenti? Anche in questo caso si tratta di una “democratura” ovvero la dittatura di un uomo che, sfruttando la simil-democrazia raggiunta dalla sua Nazione, ne ha difatti usurpato tutti i poteri, soffocando il dissenso popolare che era quasi riuscito a deporlo e da allora ha continuato a rafforzare il suo dispotico potere a dispetto delle istituzioni che pure esistono nel suo Paese.

Oggi dobbiamo purtroppo rispolverare la triste considerazione che in una guerra la prima vittima è la verità. Tuttavia, a guardar bene, non c’è nessun bisogno di avere una guerra vera e propria con bombe e cannoni, perché la verità soccomba alla menzogna e alla propaganda. Le guerre possono anche essere commerciali, economiche ed ideologiche. In quest’ultimo caso poi, il mondo globalizzato dell’informazione, capillarmente diffusa anche da organi fuori da qualsiasi controllo deontologico o professionale, offre continui esempi della sua enorme potenzialità e pericolosità. Non a caso i regimi antidemocratici, per prima cosa si isolano dal possibile ingresso della verità e contribuiscono a formarne una parallela e contraria sia per uso interno, sia per l’esportazione. Siamo così di fronte a una grande Nazione con una grande cultura alle spalle, in cui la circolazione della verità e la reale portata delle azioni e delle intenzioni della sua dirigenza, sono totalmente nascoste al suo popolo in funzione di un consenso estorto con la falsità ma non per questo meno efficace e meno diffuso così da garantire il mantenimento del potere.
Insomma, quello che sembrerebbe impossibile in un mondo globalizzato, sta avvenendo sotto i nostri occhi esterrefatti, con modalità non dissimili dalla propaganda di un Joseph Goebbels. Ma la situazione è anche più grave in quanto la permeabilità della Rete consente alla pirateria fomentata da questo sistema autocratico di insinuarsi nel resto del mondo attraverso siti e “social” per perseguire i suoi scopi di guerra, sia guerreggiata, sia ideologica. Questo dispiegamento di forze (militari e informatiche) si accompagna ad una capillare azione estera di banditismo politico che fa leva sulla corruttibilità morale ed economica di molti individui con responsabilità nella cosa pubblica di governi malfermi. Tutte le persone con un briciolo di intelligenza hanno capito di chi e di che cosa parlo, per il nostro sfortunato Paese, a partire da una buona ventina di anni fa.

Quello che oggi mi turba di più però è l’ingenuità di chi, non avendo alcun interesse economico o ideologico, per favorire in alcun modo il successo di queste manovre di soffocamento della libertà e della democrazia, si permette ancora di dubitare della verità che il giornalismo sul campo, proveniente da tutto il mondo libero, documenta con insopportabile crudezza dalle zone di questa stramaledetta guerra. Oltre naturalmente alla lettura corretta che si può fare di tutte le altre azioni, una volta capito il meccanismo alla base della disinformazione.
Quale sia la ricetta per rientrare nel nostro beato mondo di 77 anni di Pace in Europa, a partire dalla nostra impervia e cruenta esperienza della conquista della libertà con la Resistenza, del perseguimento della democrazia attraverso la Costituzione della Repubblica e la consapevolezza dei cittadini italiani (che spesso ahimè latita) di essere parte integrante di uno Stato, mi è difficile esprimere in poche parole ma ci proverò in un’altra occasione.