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martedì 26 aprile 2022

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada

 
La catarsi


C’è la radice κα/καυ, che rimanda al verbo καίω/κάω: ardo, brucio, incendio, riscaldo, che è stata molto usata non solo nella cultura greca, ma anche in quella latina e in quella neolatina, nel senso che ci furono molte deduzioni logiche. La perifrasi è molto vaga: dall’andare il generare/dal generare la creatura, che potrebbe indicare la femmina in calore o il bruciare alla divinità per propiziare le fecondazioni o chissà altro. In greco furono dedotti: (cauter) καυτήρ: ferro rovente, quindi: cauterizzo e cauterizzazione, (caustòs) καύστός: bruciato, da cui caustico con tutte le implicazioni metaforiche, quindi: (causis) κασις: combustione, bruciatura. Fu elaborato olocausto con il significato di: bruciato interamente, ad indicare la vittima sacrificale, offerta integralmente alla divinità. Pertanto, la parola olocausto, per indicare lo sterminio del popolo ebreo, è poco appropriata, in quanto si tratta di genocidio.
I greci per indicare carbone usarono κάνδαρος, dedotto da κα, e coniarono anche: (anthrax anthracos) νθραξ νθρακος, che, oltre a significare carbone, indicò una pietra preziosa di colore rosso scuro (il rosso del fuoco?), ma anche il carbonchio, che, nel mio dialetto, oltre alla variante cravugn’ (carbonchio, appunto), c’è anche: antrac’n’, proprio perché la lettura del simbolo verbale non è univoca, dando la possibilità a più interpretazioni. Da νθραξ fu dedotto (anthracitis) νθρακτις: antracite. Sempre dalla radice κα furono dedotti: candela (κανδήλη), candelabro (κανδήλαβρον), camino (kapne/κάπνη), (capnòs) καπνός: fumo, vapore da cui la cappa del camino, forse anche la cappa come tabarro nero che avvolge, (caminos) κάμινος: forno, fornace, fucina, (caminaia) καμιναία: fornace.
Molto verosimilmente, dalla radice κα con l’aggiunta di εν, i latini elaborarono una nuova radice, mediante una crasi: da καεν ricavarono κην e per modificazione fonetica ebbero: cin da cui cin-is cin-eris, formulando la seguente perifrasi: da dentro il bruciare si forma legando la realtà che nasce: la cenere.


I
greci, inoltre, dalla radice κα dedussero: (catharòs, da cui la crociata contro i Catari) καθαρός, ad indicare la nitida luminosità che si ha nel bruciare, per cui tradussero l’aggettivo: puro, immacolato, genuino, limpido. Poi, dall’aggettivo si ebbe catarsi, nel senso di purificazione e catartico. Anche l’aggettivo latino pur-us, che è l’omologo di καθαρός, rimanda a πύρ πυρός: fuoco, meglio: luce vivida di un carbone incandescente.
Pertanto, il significato del verbo κάω fu conosciuto dai latini, che dedussero molte parole. Con dei deduttivi logici, meglio: prefissi e suffissi, formularono καendo, da cui ricavarono: ac-cendo, in-cendo/incendium.
Per espansione logica, i latini formarono καl: scioglie il bruciare, fa nascere il bruciare. Quindi, formarono il verbo καl-eo, la cui perifrasi può rendersi: è ciò che desumo da ciò che fa nascere il bruciare, da cui estrapolarono: sono caldo, sono ardente, ardo, sono eccitato, poi, elaborarono il deverbale calor, l’aggettivo cal-idus, un altro aggettivo: cal-(i)darius: che scalda, da cui caldaria/caldaia, caligo caliginis. Nel mio dialetto si usano caudo (caldo), caudore, caudar’ (caldaia), caudarar’ (che fabbrica caldaie o che fa la zincatura delle caldaie) non per deformazione fonica di cal, ma perché nel Mezzogiorno si usò la radice καυ. I latini dedussero altri due verbi similari fra loro: καn-eo e καnd-eo: sono d’un bianco abbagliante/splendente, sono incandescente; dalla radice can fu ricavato canus/canutus: bigio, cinerino, bianchiccio, bianco, canuto, attempato e canizie. Da cand-eo furono dedotti cand-ore e cand-ido e cand-esco: incomincio a diventare bianco.
I latini, successivamente, identificarono il canuto e la canizie con l’uomo attempato: maturo, avveduto e saggio. Inoltre, la condotta morale dell’uomo che voleva entrare in politica (quello che intraprendeva il cursus honorum) trovava nella toga candida il suo simbolo, mentre, oggi, in base al principio della laicità dello Stato, sacrosanto anch’esso, la morale e la politica, di fatto, risultano disgiunte, se la corruzione dilaga in chi amministra la cosa pubblica. Non ci sono più censori, non c’è censura che tenga!
Inoltre, dalla radice καυ, con un’accorta deduzione logica, i latini formularono: καυ-eo/cav-eo: mi guardo, sto in guardia, vado cauto, poi: do cauzione, do garanzia. Da chi è stato in guardia fu dedotto cauto, il contrario: incauto, caut-ela, caut-elo, l’aggettivo caut-elare, caut-elativo, cauz-ione, pre-cauz-ione.



Per concludere queste considerazioni sui colori derivanti dal fuoco, c’è da aggiungere il rosso, perché in consonanza con quanto si sta trattando. I greci, infatti, da πύρ elaborarono: πυρρός: rosso, rossastro, fulvo, biondo, ma anche il verbo ρεύθω/ρύθω: faccio arrossare, rendo rosso rimanda al colore del fuoco che divampa, se fu dedotto: (erythema) ρύθημα: eritema, infiammazione. Poi, da ρύθω fu dedotto: ρυθρός: rosso. Incidentalmente, si ricorda che da θυ si ebbe: θύω: offro un sacrificio/faccio fumare.
C’è un verbo latino: ruo/rutum: corro, mi lancio, mi precipito, rovino, crollo, scavo (per fermare il fuoco; in dialetto si dice: staglio il solco per fermare l’incendio) che, verosimilmente, rappresenta quello che avviene durante un incendio, per cui ruber dovrebbe indicare ciò che si deduce dai bagliori di un incendio. Tengo a sottolineare che da questo verbo fu certamente ricavato: rutus: rosso acceso, fulvo, da cui il verbo rutilo rutilas: rosseggio, mando bagliori fulvi, brillo come oro, balenare, che ha lasciato traccia in rutilante, che è la rappresentazione icastica di un fuoco, che dopo essere divampato, scorre impetuoso, mandando bagliori sinistri.
Infine, vorrei proporre un possibile etimo dell’aggettivo vermiglio, da far risalire a minium: minio, per cui la forma originaria sarebbe stata: verminio. Si dovrebbe trattare di un adattamento fonico e di una perifrasi di questo tipo: va dal generare lo scorrere il minio.