La Finlandia nella NATO non è solo una provocazione, come dice il
generale Bertolini; è la certificazione che lo spirito di Helsinki è morto e
sepolto, e che l’Europa procede inesorabilmente verso il baratro. Come i
furbacchioni di Londra e Washington riescano a spingere ancora una volta, e
contro i propri interessi, l'Europa alla guerra, è tutt’altro che un mistero.
Se si prescinde da quel buco nero di torbide passioni, che sta tra Germania e
Polonia, restano due ottime spiegazioni: corruzione e intimidazione. La prima è
esposta da Paul Craig Roberts che essendo stato uomo di governo con Reagan, sa
di cosa parla. La seconda è avanzata da Jan Oberg nel ricordare la figura di
Olof Palme – dello stesso disegno, si potrebbe aggiungere, fa parte
l’assassinio di Dag Hammarskjold, l’uomo che aveva portato lo spirito
attivo del non-allineamento alle Nazioni Unite, e, nel nostro piccolo, quello
di Aldo Moro (senza dimenticare le vittime delle stragi, da Portella della
Ginestra a Bologna, cadute sul fronte della “destabilizzazione per stabilizzare”,
come ha scritto il giudice Tamburino). Oberg parte da una distinzione che
neanche il papa ha ancora capito, quella fra conflitto e guerra, che porta
l’autore ad affermare che la guerra attuale nasce da un conflitto, alla cui
origine non c’è certo la Russia. L’articolo è esaustivo nel ricostruire come
Finlandia e Svezia siano arrivate alla decisione di aderire alla NATO, e nella
previsione delle conseguenze: in sostanza, l’ulteriore perdita di indipendenza
dei due paesi. All’autore naturalmente non sfugge il ruolo dei media, ossia
della propaganda, nel processo di progressivo asservimento dell’Europa. Per i
giornalisti il problema è lo stesso dei politici: mancanza di coraggio civile.