Stipulata
tra l’Università di Genova e il Centro Gandhi di Pisa una convenzione per
promuovere gli studi sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti e l’educazione
alla pace. Un’intervista alla prof.ssa Elisabetta Colagrossi promotrice e
referente del progetto. Ha scritto
Hölderlin in Patmos versi che ci danno speranza e ci incoraggiano in un
momento così drammatico per l’umanità, assediata dai cambiamenti climatici,
dalla pandemia e dalla guerra: «Vicino / e difficile dacogliere
è il Dio. / Ma dove è il pericolo, cresce / anche ciò che salva». In questi tragici giorni che
possono facilmente indurre ad accettare l’ineluttabilità della guerra rinasce
con entusiasmo, dopo i precedenti infruttuosi tentativi di introdurre
nell’Università italiana gli studi sulla nonviolenza, un progetto di ricerca e
di studio che vuole promuoveretra le nuove generazioni la cultura della
nonviolenza nella gestione dei conflitti Il pensiero della nonviolenza ha
una sua storia e una sua valenza scientifica che viene tuttora ignorata o
vilipesa nella terra di Machiavelli. È perciò di grande valore
simbolico che sia la città di Genova, che ha dato i natali a Giuseppe Mazzini, il
grande riformatore religioso e politico del Risorgimento, maestro ed ispiratore
di Mohandas Gandhi e di Aldo Capitini, a candidarsi per l’istituzione in Italia
della prima cattedra UNESCO dedicata allo studio e all’insegnamento della
nonviolenza. Abbiamo intervistato la giovane docente che si è fatta promotrice
del progetto, Elisabetta Colagrossi, studiosa delle religioni e delle filosofie
dell’India.
Gandhi
Elisabetta, spiegaci come è nato
il tuo interesse per la nonviolenza, qual è stato il percorso che ti ha portato
fino a Gandhi. Io nasco come filosofa della
religione e il mio passaggio alla storia delle religioni e quindi a Gandhi è
stato un approdo, non un punto di partenza. Il mio interesse per il problema
religioso e per i monoteismi risale alla mia appartenenza alla Scuola genovese
caraccioliana di studi religiosi e a cui mi sono accostata presto durante il
mio percorso universitario. Di qui la scelta di laurearmi col prof. Gerardo Cunico
su Jan Assmann e l’idea di distinzione mosaica, per poi prolungare questo
interesse nel Dottorato di ricerca, che ho svolto proprio sotto la supervisione
di Assmann stesso, che ho avuto la fortuna di incontrare e frequentare durante
il mio soggiorno a Costanza. E qui è maturata anche l’idea dell’intervista che
mi ha rilasciato, pubblicata poi presso Morcelliana sotto il titolo di Il
disagio dei monoteismi. Assmann, insomma, è stato per me
il punto di passaggio dalla filosofia della religione alla storia delle
religioni. E in lui si trova l’anello di congiunzione con il problema della
nonviolenza e di Gandhi. Attraverso questo illustre egittologo ho approfondito
il tema della violenza religiosa, ed è questo che mi ha portato successivamente
a tematizzare nella mia ricerca la nonviolenza. In effetti, in un suo libro che
ho tradotto per Morcelliana, Religio duplex, Assmann dice che tra i
rappresentanti novecenteschi della religio duplex c’è anche Gandhi.
Considero quelle pagine di Assmann il vero punto di incontro di una ulteriore
linea di ricerca, ossia l’India e Gandhi. Si tratta di uno sviluppo dei miei
studi. Il mio interesse per l’India attuale scaturisce dalla scoperta, fatta
attraverso Assmann e poi approfondita, che Gandhi e il suo pensiero religioso
non è una meteora, un evento isolato senza antecedenti, ma che in realtà è la
ripresa, in un preciso contesto storico, di una linea tollerante e democratica
che, come un fiume carsico, attraversa il pensiero indiano. È stata, in seguito,
la lettura di alcuni libri di Amartya Sen (in particolare L’altra India)
a confermarmi in questa coordinata, che tiene insieme Ashoka, l’India
dell’imperatore Moghul Akbar il Grande, di Dara Shikoh, fino alle grandi figure
dell’India moderna Gandhi, Tagore, Vivekananda, ecc. Sono nati dunque dal desiderio di
approfondire questa tradizione di pensiero i miei studi, oltre che su Gandhi,
cui ho dedicato numerosi articoli, in attesa di fare un libro, e questa è una
prospettiva di lavoro prossima. Di qui alla nonviolenza, come è facile
comprendere, il passo è fisiologico. Mai come oggi, in tempi di guerra, suonano
nuovamente profetiche le parole di Gandhi: “Le politiche possono cambiare, e di
fatto cambiano. La nonviolenza è una fede inalterabile. Deve essere perseguita
di fronte alla violenza che ci circonda”.
Tagore
Quali sono i programmi educativi
che pensi di promuovere con la tua cattedra all'interno dell'Università di
Genova in modo da portare alla costituzione di una cattedra UNESCO e magari col
tempo anche alla nascita di un corso di laurea specialistico in Peace Studies? Intanto è un grande onore per me
avere stipulato con la mia Università una convenzione tra l’Ateneo genovese e
il Centro Gandhi, che ha sede a Pisa, il cui Presidente è il Prof. Rocco
Altieri. L’obiettivo delle iniziative che promuoveremo, nella collaborazione istituita
tra l’Università di Genova e il Centro studi gandhiano, è la diffusione della
cultura della nonviolenza, l’etica del dialogo, interculturale e
interreligioso, la pace come prassi intersoggettiva, l’educazione al metodo
nonviolento nella soluzione dei conflitti, condividendo la rete di
collaborazioni con studiosi, centri di ricerca, università italiane e internazionali,
interessati allo sviluppo della cultura della nonviolenza. Tutto questo
attraverso gruppi di studio, conferenze, convegni, seminari, organizzazione di
corsi di aggiornamento per docenti, ecc. Tra le prime iniziative prevediamo un
convegno sull’impegno delle donne nella cultura della nonviolenza e un incontro
suMazzini
educatore religioso, ispiratore di Tolstoj, Gandhi, Capitini.