Ucraina. Negli ultimi giorni ho visitato
entrambi i luoghi - Stary Krim e Mangush - dove secondo l'ormai - de facto - ex
sindaco di Mariupol si troverebbero fino a novemila vittime civili sepolti in
presunte fosse comuni: per quello che mi è dato sapere nessun altro giornalista
italiano ha visitato, almeno fino a mercoledì scorso, (27 aprile ndr) i luoghi
in questione.
Nell'ultima puntata di Controcorrente è andato in onda un servizio sul tema
delle presunte fosse comuni con la mia firma e alcune delle mie immagini.
L'altro nome con cui è stato firmato il servizio è quello di Gianni Sileo,
giornalista che non conosco e con cui mai ho collaborato. Non so dire se la
voce del servizio sia sua o di un'altra persona: quel che è certo è che, per
ragioni a me non note, nessuno della redazione di Controcorrente (Rete 4 ndr) ha tenuto
conto di quanto da me rilevato sul campo e da me riferito prima di mandare le
immagini per il servizio.
Non appena rientrato da Mangush ho avvertito la redazione del fatto che
utilizzare l'espressione “fossa comune” risultasse del tutto improprio e che le
sepolture in questione riguardassero un cimitero. Ma paradossalmente, il
servizio firmato con il mio nome spiega che a Mangush “è stata trovata
un'enorme fosse comune con centinaia di corpi, di uomini donne e bambini che
sarebbero stati uccisi o morti di stenti senza cibo né acqua per oltre un mese”
senza chiarire su quali fatti si basino queste affermazioni, o meglio lasciando
intendere di averle ricevute dal proprio inviato, ossia da me.
Il montaggio del servizio - curato dalla redazione - non ha lasciato spazio ad
alcun mio racconto dei fatti, omettendo che si tratta di due aree cimiteriali,
che si tratta di sepolture individuali, che tra le persone sepolte ci sono
anche militari ucraini caduti in battaglia, che non c'è stata alcuna esecuzione
di massa deliberata o episodio analogo, che non c'è alcun indizio che indichi
l'intento di occultare le vittime sepolte, che i numeri delle sepolture sono
ben diversi da quelli di cui ha parlato l'ormai ex sindaco di Mariupol Vadim
Boychenko: numeri nei fatti inferiori alle mille sepolture complessive, tra il
cimitero di Mangush e quello di Stary Krim. Un numero che certamente non
corrisponde al numero totale delle vittime della battaglia di Mariupol, sepolte
anche in aiuole, giardini condominiali e spartitraffico, e in parte ancora in
attesa di trovare sepoltura. Vale la pena ricordare che Vadim Boychenko è
fuggito da Mariupol prima che cominciasse l'attacco russo - a febbraio -, che
quindi non si trova a Mariupol da oltre due mesi e che non ha mai chiarito
quali fonti avvalorino le sue dichiarazioni e quelle del “Consiglio municipale
di Mariupol” che fa a lui riferimento.
Le immagini che ho fatto avere alla
redazione includono le interviste con due donne che si stavano prendendo cura
delle tombe dei propri cari nel cimitero di Mangush: evidentemente la redazione
di Controcorrente non le ha ritenute significative. A Stary Krim, dove si trova
il principale cimitero di Mariupol, ho potuto assistere ad alcune delle
sepolture in questione ed intervistare un operaio che se ne stava occupando.
Mancando di dare i minimi ragguagli sulle presunte “altre duecento fosse comuni
rinvenute”, il servizio si giova della mia presenza in loco per avvalorare le
dichiarazioni di una delle parti coinvolte in questo conflitto e dare conferma
della loro validità assoluta ed evidentemente indiscutibile,
Professionalmente è del tutto inaccettabile che il mio lavoro da inviato sul
campo venga utilizzato tacendo su un'evidenza palese e venga al contempo
distorto per dare conferma di una versione dei fatti priva di fonti e di
qualunque ragionevole fondamento. Sono convinto che l'accaduto sia del tutto
slegato dalla volontà dei vertici di Rete 4 e ancor più da quelli dell'azienda
a cui fa riferimento il canale.
Particolarmente spiacevole per me è che questa vicenda si consumi ad una
settimana dalla decontestualizzazione di una parte del mio precedente servizio
per la medesima trasmissione, servizio che si proponeva di raccontare, insieme
al presente, la strage di Mariupol del 2014.
L'accaduto costituisce l'ennesima forzatura narrativa sulle vicende ucraine:
una forzatura che contribuisce ad alimentare un clima volto a compromettere la
possibilità di una qualunque soluzione diplomatica, e con questa, l'auspicabile
fine della guerra. Insieme a queste considerazioni intendo ribadire che non
esistono guerre gentili o raffinate. La tragedia di Mariupol, come quella
dell'intero Donbass e dell'intera Ucraina, poteva e doveva essere evitata.
Professionalmente, e umanamente, ho il dovere di fare tutto quello che è nelle
mie possibilità per scongiurare nuove tragedie: molto più semplicemente, ho il
dovere di dire la verità.
Maurizio Vezzosi
*Maurizio
Vezzosi, analista e reporter freelance. Collabora con RSI Televisione Svizzera,
L’Espresso, Limes, l'Atlante geopolitico di Treccani, il centro studi Quadrante
Futuro ed altre testate. Ha raccontato il conflitto ucraino dai territori
insorti contro il governo di Kiev documentando la situazione sulla linea del
fronte. Nel 2016 ha documentato le ripercussioni della crisi siriana sui
fragili equilibri del Libano. Si occupa della radicalizzazione islamica nello
spazio post-sovietico, in particolare nel Caucaso settentrionale, in Uzbekistan
e in Kirghizistan. Nel quadro della transizione politica che interessa la
Bielorussia, nel 2021 ha seguito da Minsk i lavori dell’Assemblea Nazionale.
Tra la primavera e l’estate del 2021 ha documentato il contesto armeno
post-bellico, seguendo da Erevan gli sviluppi pre e post-elettorali. È
assegnista di ricerca presso l’Istituto di studi politici “S. Pio V”.