Spunti da Pace Proibita di Michele Santoro Caro Angelo, condivido in toto il
testo di Michele Santoro “Pace proibita” e mi chiedo anche per quale motivo la
stampa dovrebbe sostenere, in modo acritico, la linea della risposta necessariamente
militare se non perché la guerra è sempre sensazionale e fa certamente
audience? Se fosse veramente così, allora le questioni
sono anche molto più serie. Il fatto stesso che gli inviati sul campo siano il
più delle volte dei freelance che debbono pure vendere il loro pezzo ad un
qualche editore, li rende di fatto molto “ricattabili” e, inoltre, svolgono un
lavoro così immerso nei dettagli da perdere necessariamente di vista il
contesto in cui poter inserire le informazioni che hanno o che vedono; visto
che la guerra, oggi, passa moltissimo dalle immagini che vengono proposte.
Separare la propaganda dalla notizia è sempre più complesso e dal momento che
non si possono avere inviati sul campo nel territorio russo, visto che lì le
informazioni sono tutte filtrate e preconfezionate, abbiamo due fronti che
inneggiano ciascuno alla propria guerra ma solo di guerra si tratta. Più si va
avanti su questa strada e più rabbia, violenza, odio e vendetta saranno
radicati non solo tra russi e ucraini. La guerra di propaganda, non a caso, si
avvale di un modo semplice per esercitare il proprio potere parlando alla
pancia della gente: decontestualizza l’informazione al solo scopo di ottenere
una reazione. Se generare un po’ di adrenalina è la parte sostanziale per
ottenere audience allora il giornalismo è morto perché è di fatto militarizzato
nel senso più bieco e devastante della parola. Con questo tipo di giornalismo,
però, muoiono tutti, sia in Occidente sia in Oriente. Giuseppe Oreste Pozzi