Ricordo che l’impegno di Angelo Gaccione
per il disarmo dura da molti anni. Egli è stato una delle voci tra altri autorevoli
intellettuali, come Carlo Cassola e David Maria Turoldo, che predicavano l’abolizione
degli eserciti, che avevano cioè memoria, a differenza dei più, delle due
guerre mondiali, di cosa avevano significato in termini di vite umane, anche di
quelle dei sopravvissuti egualmente distrutte, e che avevano coscienza delle
altre guerre nel mondo di cui poco o per niente si parla. Ma soprattutto perché
avevano già capito, dopo i bombardamenti atomici di Hiroshima e
Nagasaki, quanto fosse disumanamente distruttiva l’arma nucleare e quanto
sconsideratamente idiota fosse continuare a costruire armamenti bellici e
armare gli Stati, sottraendo risorse per la ricerca scientifica, costruttiva
per la salute e per l’ambiente, invece che distruttiva per l’uomo e per il
creato. Erano istanze pacifiste che poi vennero in parte recepite anche in
politica internazionale con il Trattato per la messa al
bando delle armi nucleari ratificato il 20 settembre 2017 da
53 Stati ma rimasto poi lettera morta e inattuato. Ovviamente in occasione di
questa sciagurata guerra in corso, l’istanza pacifista si ripropone in tutta la
sua drammatica e impellente urgenza, soprattutto perché è una guerra che
viviamo quotidianamente, per ora e per fortuna, solo da telespettatori.
A fronte
dei bombardamenti si pone allora il bombardamento buono di articoli sul disarmo
che Angelo Gaccione edita ogni giorno tramite la sua rivista ODISSEA, parte dei
quali sono stati raccolti in questo piccolo ma potente pamphlet, tanto agevole
nella lettura quanto profondo nel propugnare il principio pacifista. Principio
pacifista che per essere veramente tale non tollera né se né ma, non
sopporta le deroghe e i tanti tradimenti, perché le norme delle Costituzioni
degli Stati e dei trattati internazionali ad esso si ispirano solo nella forma
e non nella sostanza. Anche l’art. 11 della nostra lungimirante Costituzione,
che pure inizia con una espressione forte come “ripudia la guerra”, precisa di
seguito che l’Italia acconsente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento internazionale stabilito con i trattati. Viene così in gioco, in
particolare, l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede il “diritto
naturale di autotutela individuale e collettiva nel caso che abbia luogo un
attacco armato contro un Paese membro delle nazioni Unite”
secondo le determinazioni del Consiglio di Sicurezza. Del resto a fare da
contrappeso al principio pacifista formalmente espresso nell’art. 11 Cost., è
l’art. 78, il quale prevede che le Camere deliberano lo stato di guerra e
conferiscono al Governo i poteri necessari.
E allora, dice Gaccione, come si fa
a non rendersi conto che è il concetto stesso di difesa armata, nell’attuale
epoca nucleare, ad essere sbagliato, perché non garantisce la sicurezza di
nessuno, né dello Stato aggredito né dello Stato aggressore, essendo la via più
certa verso l’annientamento e la catastrofe totale. E fa anche una proposta de
jure condendo che consiste, oltre che ovviamente nell’abrogazione
dell’art. 78, nella riformulazione dell’art. 52 (trovate la sua proposta nel
penultimo articolo del libretto): “Poiché l’epoca
nucleare ha reso impossibile qualunque difesa [armata]
per la salvaguardia e l’incolumità dei cittadini e dei beni della nazione, la
Repubblica italiana vi rinuncia e la sostituisce con la negoziazione pacifica e
l’arbitrato internazionale”. Si
tratta di 16 brevi articoli che stimolano la riflessione contro la guerra con
pathos estremo, ognuno dei quali si potrebbe analizzare per trarne un insegnamento
morale prima che politico. Ma il mio intervento non vuole essere una recensione
quanto piuttosto un elogio alla passione civile dell’autore. Mi limito quindi a
richiamare la frase che più mi sembra significativa e che forse ci incoraggia
un po’ tutti nell’amor patrio, nonostante l’indignazione al pensiero su chi ci
governa: “Mi auguro che sia la mia Patria a dare questo
esempio luminoso al mondo. La nazione con la tradizione culturale più profonda
e vasta e dalle mille bellezze. Se questo passo verso il disarmo lo facesse l’Italia,
avrebbe un impatto straordinario e altri Paesi ci seguirebbero. La perversa
catena della guerra si spezzerebbe”. *Avvocato, Centro Culturale Candide