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venerdì 17 giugno 2022

LE SINOPIE DI CARLACCHIANI
di Donato Di Poce


Artaud

Dall’antica terra delle Marche e dell’umanesimo rinascimentale prende avvio il sentire e il fare artistico di Carlacchiani, che appena reduce dall’Antologica “La sublime e bestiale febbre creativa di Civitanova Marche del 2021, ancora nel pieno della pandemia del covid e per tutto il 2022, realizza una cinquantina di ritratti contemporanei, di personaggi divenuti miti(Pasolini, Artaud, Einstein, Gramsci etc…) e di apparenze notturne che abitavano la febbre creativa del nostro artista, in cui l’elemento caratterizzante é il segno e l’espressione psicologica. Se anticamente il ritratto era riservato a sovrani, principi, e ricchi esponenti aristocratici nel Rinascimento si assiste a una vera esplosione del fenomeno da una parte come simbolo del potere, e dall’altra delle figure umanizzate (cristo, madonne, santi, martiri), che simboleggiavano la figura del cristo uomo e popolare, nella socializzazione della ritrattistica religiosa, Carlacchiani dedica la sua attenzione(ascolto notturno) principalmente a figure poetiche e letterarie (Leopardi, Pasolini, Quasimodo, Pessoa, Virginia Woolf, Sartre, Calvino, Ungaretti, Baudelaire, etc…) che hanno accompagnato, coltivato e arricchito  la sua formazione poetica e la rinascita estetica. Di questi ritratti colpiscono l’essenzialità del tratto e l’empatia etica ed emozionale dell’autore, apparizioni fantasmatiche eppure indelebili che interrogano la nostra memoria e la nostra visione estetica.  I ritratti si suddividono in tre categorie; quelli in bianco e nero, quelli a colori e quelli che interagiscono con la parola inserita all’interno dell’opera, quasi a sigillare il nome dell’autore ritratto o le parole chiave espresse nelle loro opere( si vedano ad esempio quello di Beckett che riporta alcuni aforismi come: "Fallisci ancora/fallisci meglio", "il tacere non è silenzio", "si nasce tutti pazzi, alcuni lo restano", o in quello di Pasolini (Io divoro la mia esistenza con appetito insaziabile), quello di Gandhi (La mia vita è il mio messaggio, e Sono le azioni che contano, sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo) etc…


Leopardi

Un elemento che ritorna spesso nei ritratti sono gli occhiali (Pasolini, Woody Allen, Gramsci, Sartre, Beckett, Pessoa), che non solo caratterizzano i personaggi, ma diventano un elemento simbolico a voler vedere meglio, vedere oltre. Tra i ritratti extraletterari, spiccano quelli al Cardinal Martini, e Van Gogh a sottolineare la tensione religiosa ed estetica che anima questi ritratti che vanno a formare una storia letteraria ed estetica del ’900. Ne risulta che il vero committente di questi lavori, complici la notte, la solitudine e la pandemia, è l’ossessione poetica dell’artista, i ritratti vanno sempre oltre la semplice ritrattistica fisiognomica, e vanno a catturare le anime morte che agitano il sonno e le inquietudini del secolo, i messaggi estetici, etici e poetici degli autori. Queste figure tornano dall’oltretomba, dal regno dei morti per parlare e salvare i vivi o meglio i sopravvissuti. Carlacchiani (segnato da una pesante esperienza esistenziale) oltrepassa l’apparenza delle cose e della fisiognomica, lui va oltre, verso la parte interiore, riuscendo così a idealizzare e stilizzare la figura, rendendola riconoscibile, seppur sottolineando semplici ed essenziali aspetti fisici (occhiali, capelli, sguardo, baffi, cappello).


Gramsci

Quest’arte, espressionista e leggera, didascalica e antologica, esprime una sorta di antigrazioso ma vivo, è un testamento viscerale ed etico che emana un’aura di sacro. Dal punto di vista tecnico, le opere ricordano le sinopie che i grandi artisti realizzavano sui muri o sui cartoni preparatori prima di realizzare l’opera e quindi hanno il fascino del disegno e della traccia primordiale e dei sensi consumati dal tempo. Questi ritratti hanno a tratti l’essenzialità di Brancusi, l’afflato mistico di Modigliani, l’espressionismo di Bacon, l’urgenza espressiva e comunicativa della Street Art. Tra i tanti generi artistici, il ritratto è quello che più di ogni altro genera e crea immortalità, che cattura la realtà o la memoria ma guarda verso il futuro. Non c’è da stupirsi che dalla Grecia all’antico Egitto, dal Rinascimento alla Pop Art, gli artisti sono stati attratti da questo genere e Carlacchiani non è da meno, tra l’altro apprezziamo il fatto che non si è mai Autoritratto, (forse per non offendere Raffaello, Tiziano, Van Gogh), ma in ognuno di questi ritratti, c’è l’anima vagante e incredula, empatica e spaventata, ammirata e specchiata di Sergio Carlacchiani. L’Artista è riuscito a mettere insieme in questi lavori, pensiero e sentimento, formalismo e astrazione, soggettività e intersoggettività, in cui l’alienazione del soggetto, diventa medium cosmico di salvezza estetica, matrice semantica di una futura rinascita, riconoscimento, eternità, in queste sinopie, l’artista riesce a cogliere in un solo colpo il dissolvimento di sé e il riconoscimento della specie. Queste opere hanno il dono raro di interrogarci e allo stesso tempo di darci una risposta emotiva, dove l’impulso creativo dell’autore diventa traccia dell’espressione, il miracolo dell’idea che diventa forma e memoria, desiderio e visione.