Se Luigi Di Maio può essere catalogato
tra le macchiette napoletane, ovviamente tra quelle meno divertenti, Joseph
Borrell è tra i pazzi da legare (anche qui c’è un’escalation,
dall’idiozia alla pazzia). La sua dichiarazione in appoggio alla provocatoria
decisione lituana di non far passare le merci russe soggette a sanzioni,
dirette all’enclave russa di Kaliningrad, è semplicemente
irresponsabile. In ballo c’è infatti la guerra, quella vera, non la SMO,
ribadisce Larry Johnson. L’ex analista CIA offre ulteriori elementi per
valutare la differenza fra i due tipi di guerra; tra questi il
limitato impiego di truppe – l’intervento russo è infatti in appoggio alle
milizie delle province separatiste. I manuali militari, afferma Johnson,
prescrivono che l’attaccante debba disporre di una forza tripla, rispetto a
quella del difensore, e in Ucraina il rapporto era inverso. Il
successo militare russo, perché di questo si tratta, va valutato dunque
anche alla luce dei limiti autoimposti – limiti che non hanno le milizie
ucraine, per le quali sparare sui civili è la prassi corrente. Ne sanno
qualcosa gli abitanti di Donetsk. Johnson vede infine un segno incoraggiante
nel servizio di un giornalista tedesco che ha il coraggio di guardare in faccia
la realtà: la Russia ha vinto. Perché sia incoraggiante lo spiega bene
Graham Fuller che dopo una brillante carriera nella CIA – è stato anche capo di
Johnson – insegna ora in Canada, dove si è ritirato. Gli europei sono infatti
l’ultimo pilastro dell’impero americano, e l’Europa l’ultima spiaggia dove
la propaganda americana domina ancora incontrastata. Difficile spiegare il
fenomeno, neppure Fuller ha una diagnosi – difficile insomma spiegare perché
gli europei, Draghi in primis, credano alla favola che gli ucraini combattono
per loro stessi quando è evidente che essi conducono una guerra alla Russia per
conto degli americani che hanno fatto tutto il possibile per provocare
l’intervento di Mosca. Fuller immagina però che la strada sia ormai
segnata, che gli europei si sveglieranno anche per i costi che il sostegno alla
guerra di un impero mal governato, e da tempo in declino, comporta.
Purtroppo non si vede ancora da quali forze possa venire il risveglio:
all’appello mancano in particolare la sinistra e la Chiesa. Entrambe sembrano
aver perso il carattere distintivo dell’opposizione all’imperialismo, la quale
non può che tradursi in un’affermazione di sovranità, per l’una temporale, per
l’altra spirituale.