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giovedì 7 luglio 2022

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione

 

Opera di Alberto Casiraghy
 

Estate a Milano.


Quest’anno a Milano l’estate è arrivata presto. Le avvisaglie c’erano tutte: dalla pioggia inesistente ai fiumi in secca, dalle temperature precocemente estive al cielo lattiginoso insopportabilmente afoso. E andrà sempre peggio, come ci ricordano gli studiosi dei mutamenti climatici. Andrà sempre peggio perché non ci sarà alcun cambiamento di rotta e lo dimostra la formula linguistica che volta a volta adottiamo per i singoli fenomeni: mucca pazza, pollaio pazzo, estate pazza… esentandoci in tal modo da qualsiasi responsabilità. Ci si rifiuta di riconoscersi responsabili di quella pazzia e questo avviene ad ogni livello, fino a quello dei decisori che non decidono. Ci è entrata in testa la convinzione che il tempo non esiste e, dunque, possiamo disporne a piacimento. Potrà pure non esistere materialmente il tempo, ma esiste la certezza matematica che giungerà “un tempo” in cui i corpi diventeranno polvere, compresi quelli di Putin, Biden, Draghi, di ogni decisore che non decide, e non ne resterà traccia alcuna. Esiste, altresì, la certezza di una inoppugnabile correlazione fra estati sempre più calde e precoci, e siccità e carestie. Da un punto di vista più strettamente personale, l’estate in città con tali temperature precipita la mia già bassa pressione fino ai limiti del deliquio, dell’estenuazione, riducendo a zero le mie attività fisiche e mentali. E il piacere che le estati più normali, con temperature più normali, mi davano per scendere sul Corso la mattina presto e spiare la città semiaddormentata non ancora assalita dal tumulto e dal suo affanno, si è andato stemperando. So che comincerà la fuga come ogni estate, l’esodo di massa, spostando il disagio altrove; altrove il caos del traffico, altrove la folla e il rumore. Cominceranno gli incendi dolosi dei boschi di cui per dieci mesi non ci si cura ignorando che anche questo è guerra, e anche questo contribuirà ad aggravare il mutamento climatico. Ma ce la caveremo con un sintagma consolatorio: estate pazza.