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giovedì 18 agosto 2022

IL SESSANTOTTO DI PIERSANTI
di Federico Migliorati

 
Romanzo di impegno e sentimento 
 
Siamo sul finire del 1967, in una Urbino insolitamente inquieta: nelle istituzioni scolastiche, in particolare in quell’università rinomata nella quale è “monarca” Carlo Bo, sta scaldando i motori il vasto Movimento che di lì a poco si sarebbe imposto in tutto il Belpaese. La contestazione studentesca era arrivata anche nella città di Raffaello, con i suoi drammi (per quanto minori rispetto a capoluoghi ben più grandi e ‘agitati’) e gli ideali di uguaglianza e di libertà, nel coacervo di sentimenti, immagini, desideri, delusioni. È questo il clima che fa da sfondo a Cupo tempo gentile, il romanzo di Umberto Piersanti uscito nel 2012 per la casa editrice Marcos y Marcos nel quale il Sessantotto viene visto con gli occhi del giovane Andrea Benci, studente fuori corso ormai prossimo alla laurea. Componente di quell’informe gruppo politico-ideologico dove convivono anime conflittuali, ma ribelle a ogni violenza e sopruso da qualunque parte siano messi in atto, Benci è “in cerca di equilibrio” e vive quest’esperienza straniante non senza contraddizioni: c’è sì in lui la certezza che sia ormai necessario introdurre cambiamenti nella società e dunque il richiamo a costruire un mondo più giusto ed equo, ma la sua è una scelta, non priva di pavidità e dubbi, che lo metterà in contrasto con i più facinorosi. Appassionato di Leopardi e di Proust, con una tesi su Montale da preparare, si dedica a scrivere racconti e poesie e per questo viene irriso quale “riformista” e “revisionista”: passa le giornate tra la partecipazione alle assemblee e alle iniziative di lotta e le esperienze sessuali in un tempo, “cupo e gentile”, che fa registrare una fiammata di libertà e di emancipazione femminile. In Benci alberga un’anima dolce e sensibile che lo porta talvolta lontano dai teatri della battaglia ideologica, dall’esigenza di instaurare la dittatura del proletariato (a cui peraltro non crederà mai), dal sostegno acritico ai regimi di Mao e Castro che ha ormai soppiantato in molti lo sguardo fideistico all’Unione Sovietica: cerca, insomma, una vita “altra” dal resto del gruppo, che egli assapora e che respira della bellezza di Urbino e delle sue colline, in un’epoca in cui tutto sembra richiamare i cervelli all’impegno politico strenuo e a volte castrante.

 

Veduta di Urbino

O di qua o di là, tertium non datur: o con il futuro, nuovo ordine comunista o con il mondo borghese capitalista, si grida forte nelle aule dell’università. Piersanti tratteggia, con uno stile elegante e diretto, fortemente aderente al suo territorio, quel Sessantotto che pure ha vissuto in prima persona: nell’estate 1968, in Cecoslovacchia, per protestare contro i sovietici finì in carcere per due giorni, ma nulla a confronto di quanto gli capitò una decina di anni prima quando in Spagna, nelle proteste contro il regime franchista, dovette scontare ben 3 mesi di prigione. Il poeta dei “luoghi persi”, per riprendere la recente, luminosa silloge di versi ristampata a distanza di quasi 30 anni da Crocetti editore con la prefazione di Roberto Galaverni, è facilmente rintracciabile tra le pagine, nelle raffinate e colte descrizioni della natura urbinate o dei magnifici scorci della città che cesellano l’intensa trama, nelle atmosfere sospese del Quattrocento che abitano questo romanzo di sentimento e di impegno. In Cupo tempo gentile trovano spazio anche l’emancipazione (tentata) dalla propria famiglia d’origine, l’omosessualità vissuta finalmente alla luce del sole (come nel caso di Enrico) per arrivare all’icona di un secolo, l’allunaggio, fino all’esaurirsi, al termine del ’69, della “spinta propulsiva” della contestazione nelle scuole, simbolo indimenticabile di quegli anni.