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martedì 20 settembre 2022

AMEN
di Cataldo Russo

 
La morte della regina Elisabetta II: le celebrazioni del nulla mescolato al niente.
 
In questi giorni straboccanti di titoloni e retorica (Oltre quattro milioni di persone giunte a Londra da tutto il mondo per le esequie a Sua Maestà, trenta ore di attesa e code per oltre otto chilometri, e chi ne sa più ne dica!), apparenze e doveri protocollari per la morte della regina Elisabetta II, mi sono risuonati spesso nella testa i versi che il Manzoni volle dedicare nel 1821 a Napoleone, due mesi dopo la sua morte, con la poesia Cinque Maggio, precisando che il suo genio poetico non aveva scritto nulla sul grande condottiero quando era in vita, perché non aveva voluto mescolarsi con i tanti adulatori e poeti cortigiani che sprecarono fiumi di inchiostro per ingraziarselo, e che ora gli dedicava un’ode perché sinceramente commosso per la morte di un uomo così geniale, così complesso ma anche così contraddittorio che, come lui, dove aver abbracciato l’Illuminismo, si era riconciliato con la fede.
Scorrendo i versi a uno ad uno, l’unico paragone che sono riuscito a fare tra il genio di Napoleone e la regina Elisabetta II sta solo il quel passato remoto “Ei Fu”. Sì, “Ella fu”, e basta. Per il resto buio fitto. Non solo non sono riuscito a stabilire alcun legame tra Napoleone e la Regina, ma nemmeno tra Sua Maestà e le tante personalità che hanno dominato la scena politica mondiale del secolo appena passato.
Se penso a Gandhi, Nelson Mandela, Ho Chi Minh, Mao Zedong, Theodore Roosevelt, Winston Churchill, J.F.G. Kennedy, Martin Luther king, Che Guevara e molti altri che non sto qui ad elencare, mi vengono in mente sentimenti e ideali forti quali:  determinazione, lotta, carcere, sofferenza per la conquista dell’indipendenza e dell’unità  del proprio paese o dei diritti civili per le minoranze discriminate, oppure grande impegno profuso per la ricerca di nuovi equilibri dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale che aveva seminato morte a iosa e lacerato le coscienza.


La deputato Lidia Thorpe (ironica)
giura a pugno chiuso di essere fedele
al colonialismo inglese...

Se, al contrario, rifletto sulla Regina Elisabetta più che venirmi in mente completi pastello dai colori più strani, cappellini, borsette, spille e collane, macchine di lusso e carrozze, non mi viene nient’altro. Non capisco, quindi, perché la maggior parte dei media, con in primo piano la televisione, abbiano voluto celebrare il nulla trasmettendo a ripetizione migliaia di foto, immagini, filmati, interviste e raccontando aneddoti di poco o nessun valore, un circo mediatico, insomma, che ha portato  milioni di persone a Londra con sommo piacere per ristoratori e venditori di gadget.
Uno spettacolo, quello che ci è stato offerto, francamente tanto ridondante quanto inutile, fatto principalmente di apparenze, medaglie e croci al valore, non si sa quanto di circostanze o quanto meritate, pennacchi, lustrini,  divise, abiti di cerimonia, paillette. Uno spettacolo, dicevo, privo di spontaneità e di pathos vero, quello che scaturisce dalle tragedie, contrariamente a quanto le centinaia di inviati dell’etere e della carta stampata hanno preteso di raccontarci e documentarci.
Vedere i membri della famiglia reale, il potere politico inglese,  i simboli più significativi della G.B. e del Commonwealth, le alte gerarchie della Chiesa d’Inghilterra e non solo, nonché le centinaia di militari impegnati nel servizio di scorta al carro con il feretro della regina,  trainato da cavalli bardati anche loro per le grandi occasioni e particolarmente addestrati per reggere lo stress della cerimonia, era come vedere muovere i vestiti ecclesiastici nel film di Fellini “Roma”: vestiti vuoti con dentro niente e  nessuno, a simboleggiare che troppo spesso è l’abito a fare il monaco e non viceversa.
I componenti del corteo più si sforzavano per apparire compunti e tristi tanto più mi sono sembrati goffi, innaturali, come se fossero stati calchi di polistirolo in un tempio greco.


 
Morto un re se ne fa un altro, si dice. E alla regina, nell’arco di una frazione di secondo è subentrato, di diritto, il settantaquattrenne figlio Carlo, senza che fossero attivate le regole della democrazia. Niente, diritto ereditario, tutto deciso ante litteram…. Ma queste sono le regole della monarchia britannica che ancora, nel 2022, considera gli inglesi, gli scozzesi gli irlandesi e tutti gli abitanti del Commonwealth sudditi e non cittadini.  
Un proverbio delle mie parti recita: “Condiscila come vuoi, ma la zucca rimane sempre zucca”. Senza nulla togliere al frutto appartenente alla famiglia delle cucurbitacee e alle sue virtù, essendo ricca di antiossidanti, vitamina A, C ed E, è innegabile, però, che il suo sapore non ci manda in estasi e che per darle gusto insistiamo troppo spesso nel condimento.
Le celebrazioni in pompa magna hanno fatto di tutto per nascondere il vuoto di una monarchia inutile, costosa, gradita soprattutto agli amanti del pettegolezzo, una monarchia che rimane in mente più per gli scandali di corte e l’impeccabile eleganza della regina che non per azioni concrete e di grande significato. Più di una volta i regnanti si sono lamentati per l’entità del contributo, di quasi 100 milioni di sterline, che il Governo britannico riconosce alla Casa Reale facendo presente che gestire le 630 stanze di Buckingham con i suoi cinque chilometri di corridoi, mantenere in auge le cerimonie, in primis il cambio della guardia, non è per niente facile con la “modesta” somma ricevuta. A questo punto, verrebbe spontaneo dire che nessuno li obbliga ad abitare 630 stanze e che potrebbero destinarne qualcuna ai senza tetti. Lamentele inutili quelle dei regnanti e della Regina, perché di fatto Sua Maestà Elisabetta è stata una delle donne più ricche del mondo, se non proprio la più ricca, con un patrimonio di diverse centinaia di milioni di sterline, un patrimonio fatto di castelli, tenute, palazzi, stalle, proprietà, collezioni di macchine, cavalli di razza. E poi c’è il tesoro della corona il cui valore è inestimabile. Un patrimonio quello dei Windsor, quindi, che qualcuno si azzarda a stimare in ben 88 miliardi di dollari
Insomma, risulta difficile comprendere perché spesso il popolo, in tutte le latitudini, si lamenti per il costo delle camere (quella dei deputati e quella dei senatori) che garantiscono la democrazia e l’uguaglianza dei cittadini e poi non dica nulla per gli sprechi di simboli e regnanti che di concreto fanno poco o nulla, ma si sa che in un mondo fatto di apparenze conta più la forma che la sostanza.