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giovedì 29 settembre 2022

IL CENTENARIO DI FENOGLIO
di Giorgio Riolo

Beppe Fenoglio
 
Alcune considerazioni su Il partigiano Johnny e su Una questione privata.
 
Sempre indimenticabile, l'essenza della Resistenza, la Resistenza come scelta esistenziale, come scelta morale, antiretorica e antieroica. Un’autentica antropologia del Resistente: “Partì verso le somme colline, la terra ancestrale che l'avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com'è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partì si sentì investito - nor death itself would have been divestiture - in nome dell'autentico popolo d'Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell'uso legittimo che ne avrebbe fatto.
Ed anche fisicamente non era mai stato così uomo, piegava erculeo il vento e la terra”. È Johnny-Fenoglio che si avvia per raggiungere le bande partigiane sulle colline delle Langhe.
Calvino in modo perentorio, sempre nella celebre prefazione del 1964 a Il sentiero dei nidi di ragno “Il romanzo che volevamo scrivere ora l'abbiamo. Una questione privata è costruita con la geometrica tensione di un romanzo di follia amorosa e di cavallereschi inseguimenti come L'Orlando Furioso, e nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com'era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente nella memoria fedele, e con tutti i suoi valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo e misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro e quest'altro per inseguire altro ancora e non si arriva a un vero perché.
Meglio di così non si poteva dire. Come solo un grande letterato può rendere il segreto, l’intimo lavorio di uno scrittore che scrive non per “fare il libro”, ma per rendere cosciente a sé stesso, e di riflesso ai suoi potenziali lettori, cosa è stato “il di dentro e il di fuori”, l’esperienza esistenziale e l’esperienza civile, militare, politica, la “questione privata” e la “questione pubblica”, racchiuse nell’irripetibile contesto che va sotto il nome di Resistenza.
La gran parte di questi protagonisti, partigiani e partigiane, mossi da motivazioni profonde, culturali, politiche, etiche. Altri, presi nel turbine della storia, mossi da una scelta da farsi nell’immediato, spesso fortuita, casuale. O di qui o di là. Come accadde a molti soldati dopo il tragico 8 settembre 1943 o a popolazione civile italiana coinvolta negli accadimenti loro malgrado. E tuttavia fecero la scelta. Nel 1963, anno della prematura morte di Fenoglio, a soli 41 anni, e dell'uscita postuma di Una questione privata, ancora non si sapeva del vero romanzo della Resistenza a cui sempre Fenoglio pensava e vi lavorava. 



Il partigiano Johnny
venne pubblicato in una prima edizione a cura di Lorenzo Mondo nel 1968. Quel giudizio di Italo Calvino rimane ancor più valido per questo romanzo. Spesso la Resistenza era stata presentata come epopea eroica del popolo italiano. Rimane sempre epopea eroica, anche e soprattutto se essa viene raccontata così come realmente fu, antieroica, antiretorica. Fenoglio è lo schivo, antieroico e antiretorico scrittore espresso dalla dura terra delle Langhe. Già da ragazzo, timido e scontroso, di poche parole, con il senso contadino della sua terra, della dignità e dell'amicizia, si costruisce un proprio mondo, peculiare, irripetibile. Di contro alla roboante retorica fascista e segno della sua autonomia di pensiero e di sentire, già nel ginnasio e negli anni di Liceo, si rifugia nella lingua inglese e nella letteratura inglese, con un amore viscerale per Shakespeare, per Milton, per gli elisabettiani, che impara a memoria.
La lingua inglese come via per sfuggire al provincialismo, come grimaldello per viaggiare, lui che viaggerà poco o niente. Da qui questo segreto della lingua di Fenoglio, del suo inconfondibile stile. Spesso i romanzi vengono pensati e scritti in inglese e poi ritradotti in italiano. Allora passaggi ed espressioni in inglese, per la proprietà e la precisione della denominazione della realtà, aggettivi sostantivati, come spesso usa la lingua inglese (oggi anche in italiano, “finanziarizzazione” ecc.), innovazioni linguistiche inconfondibili (“città proditoriata”, “la sua congenita, ettorica preferenza per la difensiva”, Johnny-Fenoglio e la causa dei vinti, come il troiano Ettore e l'ultimo dei Mohicani, vicini ai quali si sta e non con i vincitori). Si considerava simile a un combattente puritano delle rivoluzioni inglesi (un guerriero di Cromwell, con il fucile a tracolla e la Bibbia dentro lo zaino).
Il partigiano Johnny è questa narrazione di cosa fu la Resistenza, reale, non immaginaria. Della casualità nel congiungersi alle varie bande partigiane, dai rossi (delle Brigate Garibaldi, e la commovente figura del giovane, di 19 anni, Tito e della sua morte, disteso a terra, e tolstojanamente descritto da Fenoglio, come sono i morti,eroe greco,la bocca che rivelava assenza di baci millenari), agli azzurri, i badogliani, ai verdi di Giustizia e Libertà, ai bianchi cattolici ecc.
Si sente nelle sue pagine la materialità della vita del combattente, degli inseguimenti, degli sganciamenti dopo il combattimento, dei rittani, del fango, della terra, dei boschi, della tensione dei muscoli, della fame, del freddo, delle privazioni.



Si sente il terribile inverno 1944-1945, dopo lo sciagurato proclama di Harold Alexander, comandante in capo delle forze alleate in Italia, che invitava i partigiani a smobilitare, e la ferocia aumentata di fascisti e nazisti (rastrellamenti, rappresaglie, stragi della popolazione inerme). Vi pulsa la multiforme e reale umanità della popolazione, dei tipi umani della Resistenza, da Nord a Pierre, da Michele a Kyra ecc. Il partigiano che non comunista in una formazione di partigiani dice a JohnnyIo sono il meno comunista dei 14 non comunisti. Eppure sono pronto a mangiare il cuore al primo che facesse appena un risolino alla mia stella rossa.
Nel romanzo Una questione privata, Milton è partigiano convinto. È, come Johnny, una delle possibili trasfigurazioni del partigiano Beppe Fenoglio. Nella sua Alba, nelle colline, nelle Langhe, come scenario irripetibile, inconfondibile, indimenticabile.
La guerra partigiana è guerra ed è quindi uno stato d’eccezione. È la sospensione della vita, della vita quotidiana normale, del lavoro, della terra o dell’officina o della fabbrica, delle aule scolastiche o universitarie, della professione, del focolare domestico, degli affetti, degli amici e delle amiche, delle avventure amorose, dei libri che si leggono, della musica che si ascolta ecc. E Milton, alla vista della villa in collina che un tempo ospitò Fulvia, sfollata per sfuggire ai bombardamenti alleati, e che frequentò con amici e amiche, rapito da quel ricordo e da quel mondo di un tempo si concede una sospensione, una vacanza dello spirito.
Fulvia è tornata a Torino e Milton scopre che lei si era legata al caro suo amico Giorgio. Giorgio nella sua stessa formazione partigiana. Allora la sua è non solo “la ricerca del tempo perduto”, ma è soprattutto la ricerca dei motivi del suo scacco, del suo fallimento amoroso.



Milton, Giorgio, Johnny e molti di questi partigiani sono giovani appena ventenni. Sono ancora nel loro “romanzo di formazione”. I motivi ideali per la Resistenza rimangono forti, non vengono cancellati. Ma adesso preme e urge “la questione privata”, la prova amorosa, la conferma della propria soggettività, nello scacco o nella vittoria dell’educazione sentimentale.
Allora occorre liberare Giorgio preso dai fascisti, come si deve fare con ogni compagno caduto nelle mani nemiche, ma occorre liberare Giorgio soprattutto per interrogarlo e sapere. Ne va della propria conferma come uomo. Impressionanti le ultime battute del romanzo, con la folle corsa di Milton incalzato dai fascisti e il finale dal quale non riusciamo a capire se si salva o cade ucciso. Si sente sempre nelle pagine di Fenoglio la materialità della vita del combattente. In Una questione privata, in Primavera di bellezza e soprattutto ne Il partigiano Johnny.
La solidarietà cementata dalla scelta morale ed esistenziale, ancor prima che della scelta politica, di classe, ideologica (sempre nella accezione positiva e non dispregiativa). La Resistenza come fatto militare sì, importante, perché la storia così impone, ma soprattutto come fatto morale, come scelta etica. E le pagine che a essa ha dedicato Thomas Mann nella sua immortale introduzione all'edizione delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea rimangono scolpite come monito sempre, per ogni generazione. Della umanità che pur di non rinnegare i propri valori, appunto la propria umanità,la normale dimensione umana, si sacrifica, dal giovanissimo al vecchio, dall'operaio e dal contadino all'agiato intellettuale, all'agiato borghese, anche aristocratico, dall'ateo al prete, dall’analfabeta al colto volontario della libertà.
Beppe Fenoglio fu “un irregolare della letteratura italiana” e pertanto poco compreso in vita. Solo dopo il 1968 e dopo Il partigiano Johnny e soprattutto nei decenni successivi si è compresa la portata della sua lezione, del valore della sua scrittura. E la sua fine, soffocato dal cancro ai polmoni, senza voce, con il disperato bisogno di comunicare il suo amore alla figlioletta Ita (Margherita), con un biglietto scritto a mano, suggella la figura che tanto abbiamo amato e che tanto continueremo ad amare.