In
queste ore che ci separano dal voto del 25 settembre sembra crescere, in
particolare a sinistra, la preoccupazione per un innalzamento del tasso di
astensione che nelle più recenti tornate elettorali (amministrative e
regionali) si è mantenuto a livelli molto alti. Un astensionismo valutato in
questo momento attorno al 35% che se davvero si concretizzasse a queste quote
porrebbe in difficoltà il sistema politico italiano più ancora di quanto in
questo stato già si stia trovando. In realtà questa preoccupazione non è
accompagnata da un’analisi adeguata. L’origine del fenomeno dell’astensionismo
in un Paese nel quale - al tempo dei partiti di massa - la partecipazione al
voto superava regolarmente il 90% degli aventi diritto va ricercata
nell'esasperazione con la quale - attraverso l’utilizzo dell’autonomia del
politico - è stato portato avanti il concetto di “governabilità”. La forza della separatezza dell’agire politico dal condizionamento
sociale ha accompagnato il ciclo liberista a partire dagli anni ’80 del XX
secolo con il compito, anteposta la funzione di “governabilità” a quella di “rappresentanza”,
di sfoltire la domanda sociale, riducendone al minimo il rapporto proprio con
la politica, ridotta al ruolo dello Stato sulla linea del funzionalismo
strutturale di Luhmann.Dopo aver generato l’astio anticasta e di conseguenza
l’emergere di pericolosi fenomeni politici adesso il livello di difficile
sopportabilità del connubio autonomia del politico-governabilità che si muove
nella più totale ignoranza della complessità sociale e degli esiti della
rivoluzione tecnologica, finanziaria, della condizione di vita, sta provocando
questa temuta ondata di “indifferenza sistemica”. Per avviare una qualche forma
di controtendenza a questo stato di cose in atto non sarà però sufficiente
cercare di limitare i danni nell’immediato. Servirà introdurre, nel rapporto
tra il contesto sociale e quello politico, il principio di contraddizione in
una visione di “distinzione-opposizione” che non riguardi soltanto le finalità,
per così dire, “ultime” nella prospettiva di costruzione di una società
diversa. Una dialettica politica basata sulla distinzione da quell’egemonia
dominante che ha consentito all’indifferenza sistemica di prevalere sull’autonomia
del politico.La ricostruzione di una
dialettica politica che pur nella scansione obiettiva di finalità limitate
all’interno di successivi passaggi di transizione, risulti in grado di proporre
un diverso, alternativo, edificio sociale.In
questi anni le forze della sinistra hanno finito con l’acconciarsi al
ribadimento della catastrofe, senza riuscire in qualche modo ad allontanarla:
se si pensa che sia ancora possibile, invece, un movimento di liberazione da
quella stessa catastrofe che stiamo vivendo allora bisogna porsi, ancora, il
tema del guardare in modo diverso al rapporto tra il genere umano e il mondo
rispetto a quello stabilito, e apparentemente obbligato, dalla triade
sfruttamento-appropriazione-dominazione.