Nello
scatenarsi della ridda di ipotesi e proposte attorno alla sorte del PD risalta
- per diverse ragioni (non ultima quella della prestigiosa storia politico intellettuale
del proponente - questa idea. Cacciari:
"Al Pd serve un congresso come quello che fece Occhetto. E anche cambiare
nome" Il professore suggerisce che il partitone si chiami "Democrazia
progressiva". E il caso allora di ritornare sul significato del termine
"democrazia progressiva" che, è bene ricordarlo, è termine di
squisita derivazione togliattiana. “L’obiettivo che
noi proporremo al popolo italiano di realizzare, finita la guerra, sarà quello
di creare in Italia un regime democratico e progressivo. Una repubblica
democratica, con una Costituzione la quale garantisca a tutti gli italiani
tutte le libertà: la libertà di pensiero e quella di parola; la libertà di
stampa, di associazione e di riunione; le libertà di religione e di culto; e la
libertà della piccola e media proprietà di svilupparsi senza essere schiacciata
dai gruppi avidi ed egoisti della plutocrazia, cioè del grande capitalismo
monopolistico. Questo vuol dire che non proporremo affatto un regime, il quale
si basi sulla esistenza e sul dominio di un solo partito. In una parola
nell’Italia democratica e progressiva vi dovranno essere e vi saranno diversi
partiti corrispondenti alle diverse correnti ideali e di interessi esistenti
nellapopolazione italiana” (Togliatti,
Rapporto ai quadri dell’organizzazione comunista napoletana del 1° aprile
1944). Luciano
Gruppi nel volume Socialismo e Democrazia, la teoria marxista delloStato
- Milano 1969 descrive così la "democrazia progressiva": "(...)
La democrazia di tipo nuovo, che andava instaurata doveva realizzare una
serie di riforme economiche capaci di colpire il capitale monopolistico e la
grande proprietà terriera. Ma tali riforme non si sarebbero potute attuare. La
vita democratica dello Stato non si sarebbe potuta riempire di questi
contenuti, senza una partecipazione diretta dei lavoratori alla direzione dello
Stato. Le riforme di struttura, la partecipazione dei lavoratori alla direzione
dello Stato avrebbero dovuto imprimere alla democrazia italiana uno sviluppo
dinamico, perché ogni riforma ne invoca altre, perché la direzione dei
lavoratori nello Stato e nella società, avrebbero dovuto allargarsi sempre di
più. Si parlò perciò, nella teorizzazione del PCI e particolarmente di
Togliatti di ‘democrazia progressiva’. Essa veniva concepita come una
fase intermedia tra la democrazia borghese - in senso tradizionale - e il
socialismo: una fase intermedia di tensione e di lotta che stabiliva un intimo
collegamento tra democrazia e socialismo. (...)
La nozione di democrazia progressiva era la naturale conseguenza del modo in
cui il PCI e le altre forze più avanzate dello schieramento antifascista
concepivano e conducevano di fatto la lotta di Liberazione... La classe operaia
veniva perciò assumendo, nella realtà, una nuova funzione storica di guida
della vita nazionale e si faceva protagonista della lotta per l'indipendenza e
per la conquista della democrazia". Cosa intende allora Massimo
Cacciari per "democrazia progressiva" e per quale ragione di fondo
intenderebbe contrassegnare così un nuovo partito erede della "fusione
fredda" o della "maionese impazzita" del PD governativista a
oltranza? Messa
così siamo di fronte a un interrogativo non da poco: fermo restando il
necessario discorso di come, di questi tempi, una forza di sinistra possa
tenere assieme autonomia teorica, opposizione, proposta di alternativa. Ma
questo sarebbe un altro discorso.