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domenica 30 ottobre 2022

IL MINISTERO CAMBIA NOME
di Antonia Sani


Ministero dell’Istruzione e del merito”?    
 
Quando il Ministero della Pubblica Istruzione venne cambiato in Ministero della “Pubblica Istruzione” dal ministro Berlinguer, la scomparsa di “pubblico” portò con sé la legge di parità, l’Autonomia Scolastica, i tagli alla Scuola statale. Fu la porta aperta alla “buona scuola” di Renzi. La “libertà di insegnamento”, riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie (documento dei 500), come il tentativo di far esplodere l'unità della categoria dei docenti. Un tratto comune a tutte queste contro-riforme fu il mantra del presunto “merito”, dietro al quale si nasconde l’attacco alla libertà d’insegnamento, riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie, e il tentativo di far esplodere l’unità della categoria dei docenti, quindi il contratto nazionale. Dal 1999, quasi tutti i governi hanno provato a scardinare questi due elementi, compreso l’ultimo di essi. Ora, Meloni decide di cambiare addirittura il nome del Ministero, che diventa “dell’Istruzione e del merito”. Potrebbe sembrare semplicemente ridicolo: è come se il Presidente della Repubblica diventasse di colpo “Presidente della Repubblica e dell’equità”, oppure “Presidente della Repubblica e della prosperità”.  
Di quale “merito” si parla? Nel programma di Fratelli d’Italia troviamo: potenziamento delle scuole paritarie, voucher per le famiglie da poter spendere a scelta nelle statali o nelle paritarie, riduzione di un anno della scuola superiore, apertura ai privati per la scuola statale. Poi, naturalmente e come d’abitudine nel bla bla bla di tutti i programmi di tutti i governi, c’è la “valorizzazione dei docenti con avvicinamento agli stipendi europei”. Ma ad una condizione: la formazione continua. E qui il gioco dell’oca riparte da capo, da Berlinguer, dalla Gelmini, da Renzi, da Draghi: volete uno stipendio decente, cari insegnanti? Piegatevi alla distruzione della libertà d’insegnamento. E sì, perché l’aggiornamento di oggi non è quello delle discipline, del sapere, della libera ricerca didattica e del confronto sui metodi: è quello ministeriale, dell'indottrinamento per imporre una didattica di regime, orientata a distruggere le discipline a favore di una scuola-animazione nella quale un po’ si lavora, un po’ si fanno “esperienze”, un po’ si parla di problemi sociali e personali in modo generico e propagandistico, un po’ si seducono gli allievi, il tutto in modo  naturalmente “tecnologico”.
Per fortuna, tra il dire e il fare, c’è tutto lo spazio della lotta, più attuale che mai. Prepariamoci!