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domenica 30 ottobre 2022

LA RIFLESSIONE
di Franco Continolo



Eurafrica.
 
Se in Europa si ricomincia a pensare e a discutere, la prima questione è ovviamente la pace: lasciando che la guerra - lo scontro tra due superpotenze nucleari - segua il proprio corso, l’unico futuro immaginabile è la fine del mondo. La pace richiederà una ridefinizione dei rapporti con gli Stati Uniti; quindi, sarà comunque un processo lungo e difficile, esso pure a rischio di guerra. Ma se l’Europa, in toto o in parte significativa, troverà il coraggio di togliere l’appoggio incondizionato all’Ucraina, può aprirsi un periodo molto fecondo, come è stato il dopoguerra. Di questo periodo ricorda un aspetto particolare il filosofo Étienne Balibar nella prefazione a un libro di due storici svedesi, che ha per oggetto la relazione del progetto europeo con il colonialismo. Eurafrique è la parola che definisce il dibattito di allora, e della quale gli autori raccontano l’infelice sorte. Oggi, avendo ridotto l’Africa a fornitrice di immigrazione indesiderata, oltre che di risorse naturali, in particolare di gas, siamo forse al punto più basso, la povertà del dibattito svoltosi all’ultimo vertice UE-Africa, pochi giorni prima dello scoppio della guerra, ne è prova. Il saggio di Balibar è molto interessante per la ricchezza di spunti e di riferimenti storici: il suo valore però sarebbe forse maggiore se lo si integrasse con il pensiero di Alexandre Kojève. È infatti l’idea di impero che manca nel saggio (oltre che nei propositi dei governi europei contemporanei), senza la quale gli stati europei difficilmente riusciranno a liberarsi di un passato di colonialismo e di guerre. Perché si debba passare dallo stato-nazione all’impero, Kojève lo spiega nelle prime, illuminanti righe di L’empire latin, un saggio del 1945. Diffidando della Germania, che conosceva bene, l’autore pensava a un’unione degli stati mediterranei; in realtà, sciolti gli stati-nazione, non si vede perché i Länder tedeschi non potrebbero tornare agli splendori dell’Ottocento, onorando l’Europa, anziché umiliarla, ed essere a propria volta umiliati, come è oggi ancora una volta la Germania.