Pagine

mercoledì 26 ottobre 2022

PER UNA POLITEIA AMOROSA
di Fulvio Papi


Bacone

Confesso che ho seguito un poco da lontano le ultime vicende politiche del Paese che quando interrogavo con attenzione mi parevano appartenere a quei casi discorsivi che nel parere filosofico di Bacone oscillavano tra il teatro e il foro. Dico però subito che rispetto a una situazione storica complessa e pericolosa come quella che dà forma alla nostra vita, non credo affatto di possedere anche una piccolissima macchina della verità. Né, tanto meno, credo che qualcosa appaia in una indiscutibile evidenza. Anzi temo che certe mie conclusioni del tipo “vivi nascosto”, possano derivare da qualche frustrazione narcisistica o da una memoria un poco ossessiva.  Eppure non mi pare ben fatto volere ignorare che alle spalle dell’incerto commentatore vi siano lunghe e ostinate letture, interrogativi sempre aperti, conoscenze ovvie e pubbliche, critiche severe ma valide, teorie riconosciute nel loro luogo onirico o supponente, fastidio per i praticoni, sospettoso per ogni magia che vada dall’anima alla storia, diffidente nei confronti di ogni portatore di salvezza, spesso con un lessico impudente, adatto per pubblicizzare nuove miracolose caramelle. Con queste reticenze mi è vietato entrare in luoghi diffusi dove la politica diviene uno spettacolo pubblico come di graziose e invidiabile soubrette, le quali giustamente sono vendicative e chiudono la porta in faccia a discorsi che appaiono fuori tempo e fuori luogo. Di qui la corrispondenza tra prassi politica e comunicazione che non può essere educativa perché, purtroppo, ha quasi solo l’onda dell’eco. E tuttavia abbiamo la libertà di dire qualcosa e allora troviamo uno spazio in una lezione storica. Di fronte alla storica e spesso tragica competizione tra tirannia e democrazia gli aristotelici greci (e i loro attuali ripetitori) vararono il concetto politico di “politeia”. Il quale stabilisce che il fine della politica è l’equilibrio felice nell’insieme dei fattori che costituiscono la vita della città. Se questo è il fine della politica esso richiede due attenzioni: la conoscenza dei problemi della città e i desideri legittimi e armonici dei cittadini. Un’opera che unisce necessita, possibilità e desiderio. Se veniamo alla nostra epoca abbiamo un elenco clamoroso di necessità poiché abbiamo vissuto secondo il ritmo di un tempo che oggettivamente non era proprio il nostro. Come sia accaduto è un problema troppo vasto per queste poche righe. L’elenco però è vastissimo: il lavoro, il territorio, l’acqua, le risorse, il clima, i rapporti internazionali in un’epoca che deve riconoscere sé stessa, a cominciare dai suoi simboli culturali. È su questi e molti altri problemi che la politeia offre un modello importante di azione politica. Essa, e va detto con chiarezza, richiede politici che amino la politeia più che sé stessi. Può sembrare strano che un filosofo estimatore di Machiavelli, finisca con una esigenza amorosa. Ma la politica è un’arte, che come le altre esige il cambiamento. Per una politeia contemporanea sono necessari politici che, come dicevo, amino più la città che sé stessi e le loro opinioni: una vera risorsa che può educare i cittadini (altro che astensione). Quanto al giudizio sul loro operare è opportuno ricordare quello che Orazio diceva a Celso Albinovano, segretario dell’imperatore: “Da come opererete sarete giudicati”.