ADONIS, CONCERTO PER GERUSALEMME
di
Roberto Taioli
Adonis
Il
Concerto per Gerusalemme, composto a Parigi nel 2012, è prima di tutto
un atto d’amore verso questa particolarissima città che ospita tra le sue mura
le radici di tre religioni che hanno segnato e segnano la storia dell’umanità,
l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo. Città divisa e lacerata, e al contempo
unita per la sacralità che la pervade, Gerusalemme nei versi di Adonis assurge
a cifra simbolica del conflitto che sembra non avere mai fine, ma anche di una
speranza, di una fiammella che non muore. Potranno mai le sue membra ferite e
vilipese ritrovare l’armonia di un corpo, di una immagine complessa,
stratificata nel profondo delle viscere della storia, ma integra e solenne? Adonis,
nato in Siria nel 1930, è uno dei massimi poeti dei nostri giorni, da molti
anni trasferitosi a Parigi, autore di una lunga catena di opere poetiche
pubblicate in Italia dall’editore Guanda. Profondo conoscitore anche della
tradizione poetica occidentale, la sua musica (nel poemetto la poesia è simile
al ritmo musicale) non disdegna di penetrare nei più profondi anfratti della
storia, svelandone le oscurità e i disinganni. Nel Concerto già l’incipit
svela l’atteggiamento orante del poeta:
“Lassù,
lassù /guardatela pendere al collo del cielo / guardatela cingersi con le
ciglia degli angeli/. Nessuno la raggiunge con i propri piedi, / si possono
usare la fronte, le spalle, magari l’ombelico. / Scalzi bussate alla sua porta,
/ aprirà un profeta che vi insegnerà come camminare/ e inchinarvi. / Teatro
diretto da un grande saggio. / Il Signore fa tutto questo per i suoi figli”).
Occorre
pertanto un atto rituale per avvicinarsi anche solo spiritualmente a questa
città, compiere un esercizio di abbandono, di annullamento, lasciarsi permeare
e trasportare dalla forza secolare che
vi aleggia e che, nonostante le offese della storia, ancora la pervade. Il
fascino magico di Gerusalemme sta nel trovare in essa ognuno di noi un
brandello di carne che ci appartiene.
Adonis |
Adonis al centro, Gaccione in piedi
col microfono. (Milano, 10 maggio 2005)
Adonis
è uomo e poeta scevro da ogni forma di confessionalismo integralistico eppur
critico nei confronti dell’Occidente che ha trattato Gerusalemme in nome di una
fredda ragion di Stato, senza coglierne la singolarissima cifra di sentinella e
di faro dell’umanità. Semmai Adonis rivendica le ragioni della interrelazione,
della sintesi, del dialogo tra le diverse anime che la compongono, perché non
prevalga la spada (vedasi a proposito il bellissimo saggio La preghiera e la
spada). Egli è poeta che non tema la pluralità e le differenze e che ha
teorizzato il principio dell’apertura e dell’ascolto, della connessione a tutto
ciò che vi è di umano. Durante un viaggio in Italia ebbe a pronunciare solenni
parole che fungono da dichiarazione di poetica e paradigma morale: “Sì, sono
d’accordo con Publio Terenzio Afro, Homo sum, humani nihil a me alienum puto”,
sottolineando la continuità col poeta latino ed una sorta di itinerario
spirituale dell’umanità. Tutto ciò che è
umano mi appartiene, anche quando mi proviene dall’altro. Siamo impastati dello
stesso lievito, macinati dallo stesso frantoio. E poi in una sosta a Napoli: “A
Napoli la tomba di Virgilio è accanto a quella di Leopardi, segno di una
continuità che è anch’essa una forma di dialogo attraverso lo spazio e il
tempo. In modo analogo, si può essere di religioni diverse, ma quando vediamo
la statura del Cristo velato di Giuseppe Sammartino nella Cappella Sansevero
contempliamo un’espressione dell’arte umana. L’arte aiuta a portare tutto su un
piano di profonda umanità”. Non
dimentichiamo qui, riguardo alla funzione salvifica dell’arte, il grande amore
che Adonis ebbe per Rimbaud, cui dedicò appassionate pagine.
col microfono. (Milano, 10 maggio 2005)