Boicottiamo la Cop 27 in Egitto. Si organizzi, in
alternativa, un vertice in Costa Rica per la pace tra la società e la
natura. La COP 27 prenderà il via a
Sharm el-Sheick il 7 novembre prossimo concentrando, nell’inaugurazione, il
solito circo di 100 capi di Stato, tra i quali persino la nostra nuova premier,
Giorgia Meloni. Nel polo vacanziero sul Mar Rosso confluiranno 35mila
delegati in rappresentanza di 197 Stati, oltre a scienziati, giornalisti e
rappresentanti di ONG. Le previsioni non prevedono grandi risultati rispetto al
fronteggiare una emergenza climatica che appare manifestamente sempre più
grave. Se a Glasgow c’erano stati solo impegni generici e
rinvii, in questa COP egiziana già in partenza si parla di fallimento e
soprattutto di sfruttamento per il cosiddetto greenwashing di governi e
multinazionali. A indirizzare verso questo esito concorre, a nostro
avviso, anche la scelta di riunirsi in uno Stato liberticida che non consente
nessuna pressione politica da parte delle attività di base, come dimostrato dai
60mila prigionieri politici rinchiusi. A livello internazionale molti movimenti
ecologisti hanno deciso di boicottare questa COP 27 e noi italiani, Disarmisti
esigenti & partners, condividiamo questa decisione, sottolineando che essa
è vieppiù confermata, nelle motivazioni, per gli italiani, dai noti casi di
Giulio Regeni e Patrick Zaki. In Egitto non ci sarà nessuna possibilità di
manifestare rivolgendosi all’opinione pubblica - ci si troverà in un luogo ai
confini del deserto estremamente controllato e lontano dal palazzo dei
negoziati - è già ci giunge la notizia di una settantina di attivisti per il
clima incarcerati in questi giorni, tanto per gradire. Per questa COP, insomma,
non nutriamo alcuna fiducia e quindi pensiamo sia assolutamente inutile
partecipare, anzi molto più utile, valutando vantaggi e svantaggi, boicottare
attivamente. Ritenendoci forza costruttiva riteniamo però di dovere avanzare
una proposta diciamo risarcitoria sulla quale potrebbe lavorare un governo che
fosse realmente interessato a risolvere la crisi climatica: convocare, la
prossima estate, un vertice ONU in Costarica aiutando anche finanziariamente
questo piccolo Paese ad organizzarlo. Questo Stato lo meriterebbe perché è il
più avanzato nell’attuazione degli accordi di Parigi del 2015. Riproponiamo
infine 5 direttrici di lavoro da incardinare come decisioni della comunità internazionale:
quote obbligatorie e non volontarie per gli Stati, tagli equi che contemplino
quanto si è scaricato in passato nell'atmosfera, restituzione del debito
ecologico e sociale che il Nord del mondo ha contratto verso il Sud (i 100
miliardi del fondo destinato ai paesi poveri dovrebbero essere contributi a
fondo perduto), ruolo protagonista dei poteri pubblici con metodo democratico e
non del mercato dominato dalla finanza speculativa e dalle multinazionali. Ed
infine l’obiettivo centrale che riteniamo necessario, se si ha veramente a
cuore la pace tra la società umana e la natura: non solo sbarrare la porta al
nucleare sia civile che militare, ma più chiaramente e radicalmente inserire in
modo ufficiale il disarmo nel testo degli accordi di Parigi sul clima. Questo accadrebbe se, come primo passo indispensabile,
fosse considerato l’impatto ambientale e climatico delle attività militari
all’interno degli accordi sul clima: alcuni studi le valutano intorno al 20%
delle emissioni globali. Oggi la guerra tra Russia e Nato che si combatte sul
territorio ucraino evidenzia la portata del problema e l’urgenza di gettare un ponte tra lotte antimilitariste
e nonviolente e lotte ecologiste e per l’uguaglianza sociale. Disarmisti
Esigenti