Il
romanzo di Elisabetta Violani. Un
libro nuovo che spezza il paradigma del romanzo del Novecento. Costruito su
una architettura linguistica incalzante ove i fatti e i personaggi non
lasciano respiro. Coniglio, così chiamato per la sua presunta inadeguatezza ad
un gruppo genovese sbandato sulle montagne del genovese, soffre la sua
diversità (è un disertore tedesco), regge il racconto con le sue paure, le sue
angosce, l'ansia di non sfigurare con i compagni più esperti. Ma si fa
alla fine apprezzare per la sua umanità portando sulle spalle un compagno
ferito e nel preferire il carboncino, che tiene nello zaino e con il quale
disegna la vita che gli appare, al mitra usato dagli altri con perizia. Costruito
sul dialogo incessante e martellante tra i personaggi dell’avventura, con pochi
e rari collegamenti dell’autrice, il romanzo è anche un diario scritto in
presenza durante le peripezie. Il climax o la catarsi per Coniglio coincide con
la fine della guerra e il ritrovarsi con Bruna, la giovane donna che l’aveva
avviato alla lotta partigiana. Roberto
Taioli