Non
è l'assenza della Italia a rendere tristi questi mondiali di calcio. La scelta
del Qatar ha significato il definitivo prevalere del denaro e della geo
politica sulle logiche sportive (valore, quello delle logiche sportive, comunque
sempre in difficoltà in queste occasioni). Ci saranno i tifosi a pagamento come
sorta di claque per funzionare da scenario di cartone nei vari stadi in
un'atmosfera surreale, rarefatta, quasi da "mondo diverso". Saranno i
mondiali dello psicodramma comunicativo, che rischia di costare uno sforzo
logorante più di quelli compiuti sul piano economico e su quello politico per
tradurre una competizione globale in un messaggio favorevole per questo piccolo
angolo di mondo segnato dallo sfruttamento, dalle diseguaglianze, da un regime
che non tollera la libertà di stampa e la diversità di opinioni e di condizione
umana. Verificheremo quanto si riuscirà a rendere reale l'evento sportivo ma il
tentativo in atto è quello di tratteggiare una sorta di versione aggiornata del
Truman Show. Una bella narrazione che non consentirà però di capire quale mai
potrà essere il destino di questa finzione organizzata. E chi mai dovrebbe
essere fatto convinto che questo mondiale sarà il migliore di sempre, che
marcherà un punto di svolta non solo per il mondo arabo ma a livello globale. Sarà
inutile narrare di un mondiale meraviglioso che si gioca in un paese
bellissimo: il peso dello sfruttamento esercitato sui più deboli e l'estraneità
alla storia e alla vita dello sport veleranno comunque di tristezza questi 2
mesi di foot-ball giocato in condizioni estreme. Un'irrealtà che una montagna
di danaro non riuscirà a rendere improvvisamente concreta.