Igreci, con (to fainomenon) τὸφαινόμενον, indicarono: fenomeno,
apparenza, il mondo visibile. Dedussero questo sostantivo dal
participio presente medio/ passivo di (fainomai) φαίνομαι, con i significati di: appaio, sono visibile, sono
manifesto, mi mostro, sorgo. Quando i pastori greci e latini,
con il loro codice simbolico, attinente al processo di riproduzione dell’essere,
non riuscivano a rendere aspetti del reale e i loro vissuti, si avvalsero dei verbi
in μιo in ομαι/αμαι e dei verbi deponenti per indicare cosa si generava in loro in
determinati contesti del processo di formazione della vita. Con il verbo φαίνομαι dedussero quanto detto e tant’altro, attraverso questa perifrasi: è
ciò che io, pastore, desumo da ciò che nasce dentro (la
gravida). Inoltre, dall’aggettivo verbale φαντός (radice: φαν), che è il grembo mostrato, il pastore greco
dedusse φαντάζω, cui attribuì anche il significato: m’immagino,
da cui, poi: fantasia, che ebbe stretto collegamento con imago imaginis
e con immaginazione. Da ricordare che l’immagine si ha solo con
la nascita, mentre la fantasia, da una parte è della natura, che ha modalità
uguali di processo, ma crea tutti diversi, dall’altra parteè tutto ciò
che, dalle conoscenze acquisite e dal grembo coperto, il pastore escogita per
rappresentare la grandiosità fascinosa del processo e la bellezza della
creatura che si va formando. Pertanto, fenomeno,
sulla base di quel processo non solo indica ciò che appare, ma ha dentro
di sé il concetto di essere in divenire, per cui fu collegato all’essere
che, divenendo, assume aspetto definitivo (che fenomeno è la creatura!)
e ad atmosferico, per indicare i processi meteorologici. Atmosfera
e meteorologia sono due parole dedotte dal vocabolario greco. Con
(atmos) ἀτμόςi greci
indicarono: vapore, esalazione e con (sfaira) σφαῖρα: palla,
sfera, sfera celeste, globo, che è quanto si deduce dall’emi-sfera
della gravida. Con ἀτμόςi greci dimostrano
di conoscere i cambiamenti di stato della materia, mentre con sfera celeste ci
introducono nella mitica cosmogonia. Con meteorologia, oggi indichiamo
tutti i fenomeni che avvengono in alto, negli spazi celesti, che
attengono a fenomeni celesti,a meteore, dedotti dall’aggettivo
(meteoros meteoron) μετ-έωροςμετ-έωρον: in alto,
poi: le regioni elevate/celesti.
A proposito di
meteora mi piace sottolineare che il pastore, leggendo il reale
attraverso il divenire del grembo, giunge al significato di questa parola,
partendo dal verbo ἀείρω: sollevo,
a rappresentare il sollevamento del grembo, che dopo (μετά) va in alto: sempre più in alto,
fino ad indicare i corpi celesti, che, raggiunto il culmine, scompaiono,
così come scompare il sollevamento del grembo. Pertanto, si
dice che i fenomeni avvengono nell’atmosfera e/o nell’ etere, in
greco: (aither aitheros) αἰθήραἰθέροςcon i seguenti significati: cielo, regione
sopra l’aria, volta del cielo, soggiorno degli dèi. Questa è
una parola dedotta da αἴθω: accendo, brucio, risplendo, frutto
di una molto generica perifrasi: dall’andare il crescere, che, verosimilmente,
potrebbe avere un legame logico con (thyo) θύω: faccio un sacrificio, faccio fumare. Pertanto, αἴθω si dovrebbe
tradurre: dal generare il fumo (del sacrificio) che indusse i greci a
pensare all’αιθ-ere, come cielo, come la regione del fuoco
dove brillano gli astri. Incidentalmente,
si ricorda che, da (aitho) αἴθω, i latini dedussero αιθtus/ αισtus/aestus: ribollimento: calore, ardore,
quindi: estate, aestuo: ribollo, sono in effervescenza,
avvampo, infurio, e da aestuo persino: estuario, mentre
da etere i latini ricavarono: eternoe, nel mio dialetto,
c’è il verbo “anchiatrare”, da rendere con assiderare, per cui i
due verbi (anchiatrare ed assiderare) rendono la condizione
fisica di chi dorme all’addiaccio, sotto il cielo. Il cambiamento
di stato dell’aria determina molti fenomeni atmosferici. Prima di
soffermarmi sui vari fenomeni, mi piace individuare il processo formativo di
questa parola, che fu utilizzata in greco, in latino, nelle lingue neolatine, in
inglese. I greci
dedussero (aér aéros) ἀήρἀέρος: aria, vapore, cielo dal verbo in μι: ἄημι: soffio,
spiro, emano. Probabilmente,
da questo soffio, si generò anche: (aura) αὔρα: venticello,
brezza. In modo del tutto incidentale, mi piace ricordare che da ἄημι, in greco,
fu dedotta: ἄημα: soffio, vento da cui, in latino: an-(ἄ)ημα/anima,
nel senso di soffio/vento, ma anche di soffio vitale/spirito,
quindi: animo/vivifico.
Un’altra
parola latina che deriva dal greco è ros roris: rugiada, che è da
collegare al verbo ῥέω/ῥέομαι: scorro,
fluisco, stillo,colo, mi diffondo. Il contadino
latino usò questa nuova perifrasi: è ciò che legando lo scorrere/lo stillare
ne determina la nascita. Quindi, da ror i latini dedussero: rorido,
rorare e, poi, irrorare. Anche la parola
pruina: brina è un calco greco e rimanda a (proinòs) πρωινός: del mattino, di primo mattino. Uno dei
simboli per indicare il fenomeno atmosferico della pioggia fu, per i greci, (y)
υ. Infatti, coniarono
(yo) ὕω: faccio
piovere, piovo; dalla radice υ generarono: (yetòs) ὑετός: pioggia. Inoltre, i greci coniarono anche
(yderoomai) ὑδερόομαι: divento acquoso, da cui (ydor udatos) ὕδωρὕδατος: acqua
e idria nel senso di brocca/orcio. Da ὕδωρ i latini
ricavarono: sudore e sudare. Inoltre, i latini elaborarono: pluo/pluvia/impluvium,
liqueo: sono liquido, fluo: scorro, poi: flumen/fiumara/iumara.
Per quanto riguarda humidus i latini lo elaborarono da humeo: sono
bagnato/umido e da humus, che indica il rimanere della pioggia nel
terreno, mentre i greci avevano coniato l’aggettivo (ygròs) ὑγρόςper indicare umido,
da cui igrometro, per indicare il misuratore di umidità.
Il cielo (coelus),
che i latini denominarono: è ciò che ho dal sole (ἥλιος con la
variante ἀέλιος, in latino
anche caelus), preannuncia il tempo che farà. Per i greci il cielo è δια-φανής(processo innescato da φαίνομαι): trasparente, diafano, limpido, καθαρός: puro come la luce del fuoco che illumina, per i latini può
essere sereno, il cui contrario è turbato, inoltre, può essere sincero,
nel senso di schietto, leale, puro, limpido. Nel
mio dialetto si usa dire anche: è sereno, nel senso, però, di ariafrizzantina, propria dell’ora tarda:della sera. Il cielo può
essere coperto, per cui i greci inventarono (nefoomai) νεφόομαι per dire: sono coperto di nuvole, che è da collegare a (nefos) νέφος: nuvola. I latini dalla radice νεφdedussero nebula:
nebbia, che, nel mio dialetto si dice: neglia, che rispetta di
più la radice νεφ. Da rimarcare che il pastore greco assimila il
cielo coperto al grembo coperto!
I latini
partorirono la radice nub, da rendere con un vago: va dentro la
creatura, meglio: va dentro l’acqua, che portò a nubes nubis:
nuvola (che genera pioggia) e a nubo/nuptum: copro, velo,
mi sposo, in quanto la sposa era colei che si velava. Poi da nubo
si ricavò anche: nubile,per indicare la ragazza da maritare,
mentre da nupta (sposata) furono desunte nuptiae (le nozze). Il calco
latino nix nivis, come quello italico, per indicare neve è greco ed
è da collegare alla radice (nif) νιφ di νίφω: mando la neve, nevico. I latini rielaborarono così la
radice νιφ: νιψ, che, con adattamento
fonetico, divenne nix e al genitivo νιφις/nivis. Un fenomeno
atmosferico pernicioso fu (chalaza) χαλάζαe per i
latini grando grandinis: grandine. Le due perifrasi attengono al
linguaggio del grembo: durante i nove mesi c’è il legare (della pioggia) che
genera il mancare. Inoltre, i latini, probabilmente, si avvalsero di questo
conio greco per formare calamitas: calamità. A sostegno di questa
tesi ricordo che, in latino, i nomi, con il suffisso in itas,sono
dedotti, per cui da felice si genera felicità e da buono/bono si
deduce bontà. Se, invece, si tratta di un calco tutto latino, indica,
parimenti, qualcosa di nefasto che nasce. I greci da βρέμομαι: rumoreggio/risuono dedussero (bronté) βροντή: tuono, da cui, verosimilmente, brontolare. Invece, da
(bombeo) βομβέω: mando un suono cupo, rumoreggio si
ebbe, in italiano: rimbombo e, in dialetto: vomm’c’ (calabrone). I
latini, invece, da τόνοςcon il
significato di: tono, accento, elevatezza ricavarono tono,
tonui, tonare: rimbombare/tuonare, da cui: tonitruum, in dialetto: trunutizz’.
Inoltre, in greco, c’è ῥομβέω/ῥύμβέω: faccio girare, da cui il deverbale: ῥόμβος: tamburino, trottola, che
determinò in italiano: rombo, ronzare, ronzio, mentre, nel
dialetto di Aprigliano, si ha rummari (tuona) e rummulu (trottola)
e, nel mio, probabilmente, runnari (indugiare), a causa del continuo
girare.
Igreci indicarono il lampo/fulmine con κεραυνός, i latini da fulgeo: risplendo, rifulgo,
sfavillo, scintillo dedussero: fulgur: lampo, baleno,
folgore, fulmen: saetta. Gli italici si avvalsero di
stampi greci: λάμπω: splendo, brillo, sfavillo e
di βάλλω: lancio, scaglio, saetto, da
cui: βαλός/βελός: freccia,
saetta, per cui generarono: baleno, balenare, balenio. Anche
l’immagine del vento è mutuata dal grembo materno. I greci con (anemos) ἄνεμοςdissero,
traducendo a senso: è ciò che si rinviene in una sacca gonfia (che trovando
un pertugio fuoriesce con forza), mentre letteralmente: da dentro dal
rimanere (chiuso, compresso) è ciò che manca (in questo caso: è ciò
nasce). Per i latini animus: coraggio è il risultato di questa
perifrasi: da dentrol’andare a rimanere è ciò che manca (ciò che
ci vuole), che contestualizza la permanenza nel grembo e/o il travaglio.
Inoltre, i latini con ventus asserirono la stessa cosa: è ciò che
nasce da dentro il tendere (che è la spinta del grembo). I greci, inoltre, con
(ouros) οὖροςindicarono vento
favorevole, mediante questa perifrasi: dal generare lo scorrere (qui
scorrere è da leggere alla lettera) il mancare, per cui gli italici da
questo mancare dedussero uragano. Da ricordare che οὖροςfu dedotto con
una ε dalla radice ορ(è ciò che
scorre). Ritengo di
poter ripercorrere il processo formativo, che portò al conio di Eolo, in greco Ἄιολος, che rimanda ἀιολάομαι: erro, sono inquieto, sono agitato. Pertanto, Eolo
diventa la mitizzazione del vento, in quanto va sempre errando. Uno dei
modi per indicare, in greco, tempesta/bufera/uragano fu (aella)
ἄελλα, nome dedotto daἄημι (soffio, spiro), che si cita, in quanto assonante, e non solo, con procella,
trattandosi di un vento che fuoriesce con fortissima pressione. La parola
(tyrbé) τυρβή: confusione, disordine, trambusto,
tumulto, che indica come scorre il flusso spermatico prima che si
attivi il legame tra madre e creatura, fu molto usata dai latini: turba,
turbare, turbamento, torbido, quindi: turben turbinis e
turbo turbinis ad indicare il movimento vorticoso del vento. L’aggettivo
vorticoso fu dedotto da verto/vorto: girare, rivoltare,
andare vagando. Molto
probabilmente da (alaomai) ἀλαόμαι: vado errando, giro qua e là fu dedotto (aleo) ἀλέω: macino, da cui (alesis) ἄλεσις: il macinare, quindi: alesaggio ed
anche: alisei. Anche ala può essere collegata a ἀλαόμαι da cui alacer, nel significato di: agile, destro, svelto.