Una
delle “Spigolature” di Angelo Gaccione, del 29 ottobre scorso su
“Odissea” intitolata “La capretta di Alberto”, ha richiamato alla mia mente il
ricordo di un incontro, altrettanto bello e pieno di una gioia condivisa, che
io ebbi, tempo fa, con un altro nostro grande Poeta italiano del Novecento. Lui,
Angelo, lo aveva avuto con Alberto Casiraghy e io con Tonino Guerra. Lui in una
villetta di Alberto a Osnago, io nella villetta di Guerra in quel paese
incantato e incantevole in cui risiedeva, a Pennabilli. Entrambi circondati da
oggetti e sculture, il primo, il secondo da quaranta o forse quarantaquattro
gatti. Racconta Angelo Gaccione della straordinaria presenza da Casiraghy di
quei meravigliosi libricini, oggi una rarità editoriale, e delle sue creazioni
in miniatura, i disegni, il torchio.
Pennabilli
A Pennabilli Tonino Guerra invece conviveva
con le quattro statuette del David di Donatello, le foto di Federico Fellini e
Giulietta Masina, di Andrej Tarkovskij, i suoi dipinti e in un angolo una
vecchia bandiera rossa. Il colloquio con Tonino Guerra fu tutto all’insegna del
suo amore incondizionato per la terra e per la poesia: evidente collegamento
spirituale che mi è parso subito di cogliere quando ho rammentato i versi e gli
aforismi di Alberto Casiraghy. Entrambi mi paiono uniti da una visione magica e
fiabesca del mondo, che invita a guardare le cose non solo sulla loro
superficie ma nel profondo, dove si raccoglie il mistero che un poeta, se è vero
poeta, deve andare a incontrare, sondare, accogliere. Amava la musica Tonino
Guerra: quella della sua Romagna e di Sant’Arcangelo, ma anche quella di Nino
Rota. E Mahler ama Alberto Casiraghy e io, che condivido con lui questo amore,
ne comprendo benissimo le ragioni: quel lasciarsi avvolgere, come nella Prima
Sinfonia, dalle note di una banda o di una giostrina di paese e che, improvvisamente,
vengono sostituite da inattese dissonanze e da un continuum tragico, rivela il
profondo mistero appunto dell’essere. Il tutto poi porterà nel mondo mahleriano
a quei tragici minuti che chiudono la Nona Sinfonia. Ma, al di là di questo
sguardo così avvincente nella profondità della vita e della morte, rimane
l’incanto di una immersione che entrambi ci fanno fare nella bellezza della
natura: sono i frammenti che ci danno il sorriso e la consapevolezza che
farfalle, grilli, gnomi, angeli con i baffi, madonne abbandonate ci invitano ad
accoglier con stupore e gioia tutto quello che ci circonda. Sì, gustare il
mondo con l’innocente stupore di un bambino. “Piano piano ti
prende quella lentezza di gesti quasi da uomo primitivo e siedi su lunghe e
semplici panchine artigianali e ti pieghi a toccare l’erba magari per
accarezzare una margherita” dice Tonino Guerra, (Archivio del Corriere.it), “Quando le foglie diventano occhi il bosco
riposa” dice Alberto Casiraghy (“Aforismi per viver meglio”, Interlinea). Ed è
vero, caro Angelo: entrambi avevano una casa con un orto o un giardino davanti,
ancorati alla terra e al luogo della nascita e, come nel caso di Tonino Guerra,
sepoltura a Pennabilli con le ceneri
incastonate nella roccia, al di sopra della sua “Casa dei mandorli”.E anche i gatti, come le caprette sono molto migliori di
tanti esseri umani.