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mercoledì 2 novembre 2022

I GATTI DI TONINO
di Zaccaria Gallo

 
Tonino Guerra

Una delle “Spigolature” di Angelo Gaccione, del 29 ottobre scorso su “Odissea” intitolata “La capretta di Alberto”, ha richiamato alla mia mente il ricordo di un incontro, altrettanto bello e pieno di una gioia condivisa, che io ebbi, tempo fa, con un altro nostro grande Poeta italiano del Novecento. Lui, Angelo, lo aveva avuto con Alberto Casiraghy e io con Tonino Guerra. Lui in una villetta di Alberto a Osnago, io nella villetta di Guerra in quel paese incantato e incantevole in cui risiedeva, a Pennabilli. Entrambi circondati da oggetti e sculture, il primo, il secondo da quaranta o forse quarantaquattro gatti. Racconta Angelo Gaccione della straordinaria presenza da Casiraghy di quei meravigliosi libricini, oggi una rarità editoriale, e delle sue creazioni in miniatura, i disegni, il torchio. 


Pennabilli

A Pennabilli Tonino Guerra invece conviveva con le quattro statuette del David di Donatello, le foto di Federico Fellini e Giulietta Masina, di Andrej Tarkovskij, i suoi dipinti e in un angolo una vecchia bandiera rossa. Il colloquio con Tonino Guerra fu tutto all’insegna del suo amore incondizionato per la terra e per la poesia: evidente collegamento spirituale che mi è parso subito di cogliere quando ho rammentato i versi e gli aforismi di Alberto Casiraghy. Entrambi mi paiono uniti da una visione magica e fiabesca del mondo, che invita a guardare le cose non solo sulla loro superficie ma nel profondo, dove si raccoglie il mistero che un poeta, se è vero poeta, deve andare a incontrare, sondare, accogliere. Amava la musica Tonino Guerra: quella della sua Romagna e di Sant’Arcangelo, ma anche quella di Nino Rota. E Mahler ama Alberto Casiraghy e io, che condivido con lui questo amore, ne comprendo benissimo le ragioni: quel lasciarsi avvolgere, come nella Prima Sinfonia, dalle note di una banda o di una giostrina di paese e che, improvvisamente, vengono sostituite da inattese dissonanze e da un continuum tragico, rivela il profondo mistero appunto dell’essere. Il tutto poi porterà nel mondo mahleriano a quei tragici minuti che chiudono la Nona Sinfonia. Ma, al di là di questo sguardo così avvincente nella profondità della vita e della morte, rimane l’incanto di una immersione che entrambi ci fanno fare nella bellezza della natura: sono i frammenti che ci danno il sorriso e la consapevolezza che farfalle, grilli, gnomi, angeli con i baffi, madonne abbandonate ci invitano ad accoglier con stupore e gioia tutto quello che ci circonda. Sì, gustare il mondo con l’innocente stupore di un bambino.
“Piano piano ti prende quella lentezza di gesti quasi da uomo primitivo e siedi su lunghe e semplici panchine artigianali e ti pieghi a toccare l’erba magari per accarezzare una margherita” dice Tonino Guerra, (Archivio del Corriere.it), “Quando le foglie diventano occhi il bosco riposa” dice Alberto Casiraghy (“Aforismi per viver meglio”, Interlinea). Ed è vero, caro Angelo: entrambi avevano una casa con un orto o un giardino davanti, ancorati alla terra e al luogo della nascita e, come nel caso di Tonino Guerra, sepoltura a Pennabilli con le ceneri incastonate nella roccia, al di sopra della sua “Casa dei mandorli”. E anche i gatti, come le caprette sono molto migliori di tanti esseri umani.