Ho stigmatizzato il Sì all’Esercito in
una scuola primaria “contro gli assembramenti anti-Covid”. E sarò processato… Diffamazione a mezzo stampa. È
il reato di cui dovrò rispondere martedì 13 dicembre alle ore 9 nell’udienza
dibattimentale davanti al Tribunale di Messina. Il rinvio a giudizio è stato
disposto dal Pubblico ministero, dott.ssa Anna Maria Arena.“Mazzeo Antonio è imputato del reato
di cui all’art. 595 comma II e III del codice penale perché, in qualità di
autore dell’articolo pubblicato il 21 ottobre 2020 su alcune testate
giornalistiche, dal titolo A Messina Sindaco e Prefetto inviano
l’esercito nelle scuole elementari e medie con il plauso dei Presidi,
commentando la circostanza che, per evitare assembramenti, erano stati inviati
militari dell’esercito a presidiare l’ingresso dell’istituto scolastico,
offendeva la reputazione della dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo
Paradiso, dottoressa Eleonora Corrado, affermando che quest’ultima “…oltre a
essere evidentemente anni luce distante dai modelli pedagogici e formativi che
dovrebbero fare da fondamento della Scuola della Costituzione repubblicana (il
ripudio della guerra e l’uso illegittimo della forza; l’insostituibilità della
figura dell’insegnante e l’educare e il non reprimere, ecc.), si
mostra ciecamente obbediente all’ennesimo Patto per la Sicurezza Urbana,
del tutto arbitrario ed autoritario e che certamente non può e né deve
bypassare i compiti e le responsabilità del personale docente in quella che è
la promozione e gestione delle relazioni con i minori”. Rileggo a due anni di distanza quanto scritto e
continuo a non comprendere come e perché una mia valutazione di ordine meramente
politico e pedagogico possa aver “offeso la reputazione” della dirigente
scolastica. Non conosco personalmente la dottoressa Corrado, ma non avrei mai
immaginato di dovermi confrontare in sede giudiziaria sulle modalità con cui le
istituzioni scolastiche avrebbero dovuto operare a tutela dei minori contro gli
illegittimi e ingiustificabili provvedimenti di militarizzazione delle scuole
in tempi di emergenza da Covid-19.Profondamente amareggiato per un procedimento penale
che ritengo del tutto ingiusto, credo sia doveroso ricordare quanto accadde a
Messina in quella giornata dell’ottobre 2020: erano quelli i giorni in cui con
enormi difficoltà e fatica, insegnanti, studenti e genitori tentavano di
ricostruire la normalità nelle attività didattiche dopo la
lunga e drammatica chiusura delle scuole di ogni ordine e grado con lo scoppio
della pandemia da coronavirus.Il
21 ottobre 2020 davanti all’ingresso della scuola primaria di Paradiso, i
bambini e i loro genitori si trovarono di fronte due militari della Brigata
Meccanizzata “Aosta”, in uniforme da combattimento, armi alle cintole e
manganelli in mano. I due militari erano stati inviati a scuola (ancora oggi
non si sa esattamente da chi) per impedire “pericolosi” assembramenti. La loro
presenza generò scene di terrore e pianti tra le bambine e i bambini; i
genitori protestarono vivamente; furono informati gli organi di stampa
cittadini che prontamente rilanciarono con evidenza quanto accaduto
nell’istituto comprensivo.In
poche ore si moltiplicarono le note di protesta di politici e consiglieri di
maggioranza e opposizione, fu presentata un’interrogazione urgente al sindaco
di Messina e il Garante dell’infanzia, il dottor Angelo Fabio Costantino,
rivolse un accorato appello pubblico: A tutto c’è un limite, i militari
armati dentro le scuole no!Mi riferiscono di bambini di scuola
elementare spaventati… Ho promesso un intervento con la Prefettura. Siamo
tutti preoccupati per l’aumento dei contagi ma non è terrorizzando i bambini,
già provati da numerose rinunce, che riusciremo a contenerlo. Non perdiamo il
buon senso: verrà il tempo in cui dovremo prenderci seriamente cura dei nostri
fantasmi interni. Il quasi unanime sconcerto per i presidi armati
dell’Esercito in una scuola primaria convinse Prefettura e Comune di Messina a
revocare d’urgenza il (presunto) ordine di invio e utilizzo dei militari a fini
anti-assembramento. Così il giorno successivo, 22 ottobre, nella scuola di
Paradiso si presentarono solo due vigili urbani, in moto e disarmati.
Scriviamo quasi unanime sconcerto perché poche ore dopo il
blitz della Brigata “Aosta” all’Istituto comprensivo, la dirigente Eleonora
Corrado dichiarava alla stampa di condividere l’operato dei militari e la
legittimità del provvedimento di “ordine pubblico”, fornendo altresì una
versione dei fatti – de relato - del tutto diversa da quella
denunciata da genitori, giornalisti, politici e garante dell’infanzia.“Così come mi viene riferito dal mio
collaboratore di plesso, due giovani militari dell’esercito, in divisa,
corredata da tutto ciò che è previsto dalle norme in merito alla dotazione
individuale per l’espletamento del servizio, si sono presentati e hanno
dichiarato di essere stati inviati per effettuare controlli anti-assembramento
previsti dalle misure comunali di prevenzione anti-Covid”, ha specificato la
dottoressa Corrado. “Non avevano armi spianate né manganelli. Il referente ha
riferito che, dopo aver saputo dell’allarme dei genitori, ha fatto un breve
sondaggio nelle classi. Nessun alunno ha dichiarato di avere paura e molti
hanno detto di non aver neanche notato la presenza dei militari davanti alla
scuola. Inoltre ho verificato presso la Prefettura che il controllo effettuato
rientra tra i normali controlli stabiliti dal Comitato tecnico provinciale nel
Patto di Sicurezza Urbana firmato il 14 ottobre 2020 dal Sindaco e dal
Prefetto”. È stato proprio il contenuto inaccettabile di quella dichiarazione a
spingermi a scrivere il comunicato poi inviato ad alcune testate
giornalistiche.Ritengo
di aver fatto pienamente il mio dovere di insegnante-educatore e attivista
impegnato nei temi della pace, del disarmo e della lotta contro i processi di
riarmo e militarizzazione della società. La denuncia mia e di tanti atri
cittadini di quel presunto Patto di Sicurezza Urbana ne ha
segnato la più che meritata scomparsa in tempi rapidissimi. Oggi toccherà
difendermi davanti ai giudici (con il mio legale, l’avvocato Fabio Repici), per
un “reato” di opinione per cui il codice penale prevede la pena della reclusione
da sei mesi a tre anni. Ma lo faremo convinti di avere esercitato il
diritto-dovere di critica e libertà di espressione, senza livore e senza
l’intenzione alcuna di offendere nessuno.