Firenze. Vento. Molto vento. Quasi artico... Impossibile
imbandire le fioriere: volerebbe tutto via. E allora, mattinata minimalista: un
cartello soltanto, quello nuovo, E addosso. E sulla soglia del Palazzo. Che qui
almeno il tramontano non batte. Il volantino, oggi, sarebbe sempre ‘E se
domani…’, lo stesso di venerdì (lunedì l’ho saltato: pioggia e nevischio in
quota). Ma questa storia dei Leopard e dei loro
parenti americani e francesi e inglesi, Abrams e Leclerc e Challenger, mi
ha fatto salire la temperatura, così almeno oggi il cartello è un po’ più
esplicito. E per non trascurare gli ospiti l’ho buttato giù direttamente in
inglese. Accanto a un bel carrarmato rivestito con frasche mimetiche, una guerra
in rosso grosso così e qualche altro corollario, fino alla provocazione finale:
tu, cittadino del mondo, sarai semplice spettatore di tutto questo? Global
citizen o global slave? A occhio e croce, mi sembra un messaggio abbastanza
chiaro, e cubitale. E allora, visto che oggi anche il tempo impone una postura
asciutta, minimale per minimale terrò anche il motore al minimo, e vediamo che
succede! I volantini sono in mano, pronti a essere
socializzati. Ma non faccio niente per interloquire: sto qui, sulla soglia del
Palazzo, e aspetto. Mi tengo a questo messaggio mutilato abbandonato in questa
anticamera che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo e guardo
il passaggio quieto del cielo sulla cupola. Succederà qualcosa? Succederà qualcuno?
Non che manchi il campionario umano.
Fiorentini e visitatori e fattorini e colletti bianchi attraversano la piazza,
e qualche sguardo parte, e qualche passo rallenta. Ma oggi hanno deciso, tutti,
di battere il record del distanziamento sociale e affettivo: nessuno che
chieda, che ribatta, che… semplicemente risponda. Fantasmi mi scorrono avanti,
cuciti nella loro solitudine. Sì: non ho consegnato un solo volantino! E
così, tutti i punti interrogativi rimangono interrogativi. Giornata
asciutta, insomma. I rintocchi delle campane del mezzogiorno
mi ricordano che il turno è finito. Oggi lo rispetterò…. quando, ecco, mi
si avvicina l’unico umano, piano piano, col sorriso che riconosco. Legge a
piccoli sorsi il cartello. Sì, lo so, non vale, è un amico, è uno dei ‘nostri’,
uno col cervello acceso, e il cuore pure. L’unico dialogo, mentre arrotolo. ‘Lei,
padre Antonio, è stata la sola persona che si è fermata! Gli altri, tutti
fantasmi… fantasmi… eppure glielo scrivi grosso, e a colori! guerra
scritto grosso così… nulla! nulla! non guardano, si impediscono di
guardare, anche se glielo scrivi nella loro lingua… sono in una bolla!’ ‘Ci si fa subito l’abitudine!’ ‘E ci si vieta di pensare’. ‘L’emozione di un momento, e poi…’ Almeno a don Antonio però il messaggio con
la ‘Madonna della Mela’… non lontana da qui, al Bargello… posso darglielo. ‘E’ difficile sensibilizzare’, conclude. ‘Proprio così: molte volte manca proprio
il senso dei… sensi!’ ‘Qualcuno non si accorgerebbe di quello
che accade neppure se gli cade il soffitto … e a me viene spesso da pensare che
magari ti sforzi ma… non serve a nulla.’ ‘Ma alla fine tutto serve, credo. Solo che
magari non te ne accorgi lì per lì, ci vuole tempo, deve maturare…’ Lui, il solito pessimista cosmico. Io, più modestamente, il solito fissato
coi fenomeni carsici…