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giovedì 9 febbraio 2023

BASI NATO
di Clara Reina


L’impatto economico.
 
Il primo impatto, che dura da sempre in modo crescente e da ultimo vertiginosamente crescente, è quello delle spese militari, tanto nel mondo quanto in Italia. Qualche cifra in euro: nel mondo nel 2021 sono stati spesi più di 1900 miliardi, di cui nei paesi Nato 1108 pari al 56% di tutte le spese militari mondiali. Pro capite si tratta di 1055 nei paesi Nato contro 124 nei paesi non Nato. I soli USA hanno speso 760 miliardi pari al 39% dell’intero importo mondiale e per l’anno in corso è previsto un incremento di 200 miliardi circa. In Italia abbiamo speso 29 miliardi pari a 80 milioni al giorno pari al 1,6% del PIL, ma è previsto l’innalzamento al 2% e anche se il PIL diminuirà anziché crescere si va verso i 90-100 milioni al giorno. Quante cose si potrebbero fare con questa montagna di risorse, sia a livello mondiale che nazionale? Poi c’è l’impatto attuale legato alle sanzioni. La partecipazione alla guerra sta violando il principio dei trattati europei in base al quale l’inflazione deve essere contenuta al 2%. Le sanzioni facendo lievitare i prezzi dell’energia e delle materie prime fa lievitare l’inflazione che è a doppia cifra. Per contenerla la BCE aumenta i tassi, così dobbiamo pagare di più il servizio del debito. In compenso diminuirà il PIL per la desertificazione industriale che si va creando, essendo noi una industria manifatturiera a cui vengono a mancare energia e materie prime. Non siamo più competitivi sui mercati esteri per gli alti prezzi di produzione pur riducendo il costo del lavoro, il che provoca povertà e calo della domanda interna. Il rapporto debito/PIL crescerà sempre di più con un deficit della bilancia commerciale. All’orizzonte c’è il fallimento (default) con conseguente commissariamento da parte delle istituzioni europee che decidono al posto del nostro governo (come accadde in Grecia). Rinunciamo ai contratti stipulati a lungo termine che mantenevano stabili i prezzi del gas e abbiamo subito le oscillazioni di borsa, molto speculative, legate alle leggi domanda/offerta, e anche con il price cap siamo a nove volte il prezzo del 2019. Ci siamo lanciati verso il GNL (gas naturale liquefatto) che ha mille inconvenienti: estrazione inquinante (fracking); necessità di doppia trasformazione di stato (da gas a liquido e di nuovo a gas) e trasporto, tutte operazioni energivore; prezzo molto alto; necessità di rigassificatori, che costano e possono creare problemi ambientali e di sicurezza come succede a Piombino con la sacrosanta rivolta dei residenti.
Se quest’anno ce la stiamo cavando con le temperature relativamente miti e le scorte fatte, come faremo in prospettiva? Stiamo seguendo una strada suicida.
Le sanzioni vanno abbandonate, se non altro per una questione di sopravvivenza nazionale. Inoltre, sono inutili: alla Russia non procurano danni, si rivolge altrove, come abbiamo detto.
 


Che fare?
Per uscire dal suicida sistema di guerra dobbiamo sganciarci dalla Nato e operare affinché si dissolva questa Alleanza a livello mondiale. Difficile? Enormemente, ai limiti dell’impossibile. Ma è la strada.
Non da ultimo ricordiamo il rispetto dell’articolo 11 della nostra Costituzione che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, e a nulla valgono gli ipocriti distinguo circa la seconda parte dell’articolo: la limitazione della sovranità vale per le organizzazioni volte a favorire pace e giustizia fra i popoli, non certo per una organizzazione guerrafondaia come la Nato.
Il rispetto del Trattato di non proliferazione del 1970 e i reali interessi nazionali richiedono la rimozione dal nostro paese delle armi nucleari e delle basi. Si deve infrangere il grande tabù che domina politica e istituzione e ci tiene in servitù. Ostacoli giganteschi si frappongono al raggiungimento di tale obiettivo, ma dobbiamo dimostrare che esiste un’Italia che rifiuta di restare ingabbiata in una alleanza che sotto comando straniero ci porta alla catastrofe. Un’Italia per la quale la parola sovranità, fondamento della Costituzione, non è solo un termine da comizio elettorale. Un’Italia capace di uscire dall’antistorica visione di un occidente arroccato a difesa della propria supremazia. Un’Italia capace di svolgere un ruolo di pace nella costruzione di un mondo multipolare, nel quale si realizzino le aspirazioni dei popoli alla libertà e alla giustizia sociale sulla base della Dichiarazione dei Diritti Umani.
Questo è l’appello rivolto dai promotori della campagna Fuori l’Italia dalla guerra, che tutti noi siamo invitati a sottoscrivere qualora già non l’avessimo fatto, basta andare sul sito omonimo. Non limitiamoci però a firmare, con i nostri gruppi organizziamo iniziative e comunichiamole. Se è vero, come dicono tutti i sondaggi, che più della metà dei cittadini è contraria al permanere in questo conflitto e all’invio delle armi, mentre i nostri rappresentanti fanno il contrario, allora questa maggioranza si faccia sentire e faccia pressione perché la volontà popolare sia presa in considerazione. Come? Come ognuno può e riesce: petizioni, raccolta firme, coinvolgimento di istituzioni locali, di associazioni, sensibilizzazione dei propri conoscenti, iniziando da una corretta informazione.