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martedì 21 febbraio 2023

GLI AMORETTI DI SPENSER
Tradotti da Lorenza Franco
 

Edmund Spenser

È così che voglio ricordare quest’anno la poetessa Lorenza Franco, in occasione della data in cui festeggerebbe il suo compleanno, il 24 febbraio, con questa opera successiva a quella che la rese famosa per impegno e arditezza letteraria, cioè la traduzione e reinterpretazione dei notissimi Sonetti  di William Shakespeare.
 
La vita dell’uomo è costellata di passioni, delusioni, gioie e dolori, ma è nella vita delle grandi menti che l’intensità della passione va di pari passo alla profondità del pensiero, anche quando si tratta di “amoretti”. Perché è nella semplice corrispondenza con la persona amata che possono nascere capolavori letterari, come avvenne con Edmund Spenser, il poeta inglese che meglio di tutti incarna, nella letteratura dell’epoca elisabettiana, il proposito di fondere le diverse componenti poetiche inglesi con quelle europee, allo scopo di elevare il linguaggio poetico inglese alla pienezza di un vero Rinascimento.
Lorenza Franco seppe cogliere questo anelito di rinnovamento che già allora si aveva nella poesia, cimentandosi nella traduzione e reinterpretazione degli Amoretti, i sonetti amorosi di Edmund Spencer dedicati a Elizabeth Boyle, e aggiungendo le risposte della Boyle, alias Lorenza Franco, sotto forma di venti sonetti dedicati al poeta londinese.

 
Gli “Amoretti. Sonetti amorosi tradotti e riscritti con le risposte di Elizabeth Boyle da Lorenza Franco” è un’opera edita nel 2003 edito da La Vita Felice, che fece parlare molto la critica. Del resto non poteva sfuggire alla curiosità letteraria Lorenza Franco, dopo il brillantissimo percorso universitario concluso con lode, il poeta inglese precursore di Shakespeare, attento studioso del Petrarca i cui echi classicisti venati di amorosi sensi per Laura ritroviamo nelle spensierate lodi poetiche per la “sua” Elizabeth.
Poeta lui, tra i più delicati e raffinati del cinquecento inglese, poetessa lei, ma anche traduttrice di poeti, dagli epigrammi di Pallada ai fascinosi versi di Costantin Kavafis. In questo libretto gli amoretti di Spencer, scritti nel 1595, ritrovano un’autentica musicalità e una rilettura affascinante proprio per la ricca e forte vena poetica di Lorenza Franco.
Più che traduttrice dovremmo parlare di ri-scrittrice, più che di versione in italiano dovremmo parlare di rielaborazione in versi di quel pentametro giambico di Spenser sul quale la sensibilità moderna di Lorenza Franco innesta la freschezza e la scioltezza della reinvenzione metrica grazie all’endecasillabo.
Nei versi amorosi, gli amoretti appunto, per Elizabeth Boyle, eterno femminino e alter ego delle Laure e delle Beatrici in cui si dipinge un mondo dove tutto passa, tutto finisce, tutto è caduco… fuorché l’eterno, per come lo pensiamo, amore – e dove “evidentemente lo Spenser si prende la rivincita sulle sconfitte e sulle umiliazioni che la vita gli ha riservato”, come dice nell’introduzione Bruno Gallo – l’intervento di Lorenza Franco si libera dai condizionamenti dell’adesione supina all’originale ma ne resuscita e mantiene vivo lo spirito e la musicalità, come avviene per Shakesepare nei Sonetti.
È un duplice lavoro, una duplice fatica, perché rimare in italiano è cosa ben diversa dal rimare in inglese, per di più nell’inglese di Spenser, ma Lorenza Franco, avendo a disposizione quel felice, e inconfondibile ritmo serrato dell’epigrammista, riesce sempre a comporre i suoi endecasillabi secondo la linea poetica del rigore e del rispetto sia spenseriano che personale.

 
Ascoltiamola insieme leggendo i versi del settimo sonetto:
 
Fayre eyes,the myrrour of my mazed hart,
what wondrous vertue is contaynd in you
the which both lyfe and death forth from you dart
into the object of your mighty view?
 
For when ye mildly looke with lovely hew,
then is my soule with life and love inspired:
but when ye lowre, or looke on me askew
then doe I die, as one with lightning fyred.
 
But since that lyfe is more then death desyred,
looke euer lovely, as becomes you best,
that your bright beams of my weak eies admyred,
may kindle living fire within my brest.
 
Such life should be the honor of your light,
such death the sad ensample of your might.”
 
che rivivono così:
 
Occhi specchianti il mio stupito amore,
quale virtù dentro di voi aleggia
e mi possiede col grande vigore,
che vita e morte intorno a sé dardeggia?
 
Quando d’azzurro son da voi cosparso,
d’amore e vita l’anima s’accende,
ma quando vi accigliate, vengo arso
da un fulmine che a un tratto mi sorprende.
 
Ma, poi che Vita più che Morte attira,
guardami con l’amor che ti si addice,
sempre quel raggio che il mio occhio ammira
riaccende il fuoco che mi fa felice.
 
La vita mia fa onore alla tua luce,
la morte sol pensieri tristi induce.”
 
Ma vediamo come risponde al sonetto 20 Elizabeth Boyle, nella fantasia di Lorenza Franco, a Spencer nel sonetto 20:
 
In ogni donna, pur se navigata,
sempre nascosta è una verginella
che si schermisce, ed essere trattata
vorrebbe come fosse una sorella.
 
Ma se l’amore prende il sopravvento,
la libera di ogni esitazione.
Per ogni fioritura ci vuol tempo,
ma il frutto arriverà a maturazione.
 
Non contrastando, ma con l’abbandono
al ritmo della vita si è felici,
del cosmo attenti all’armonioso suono,
che nell’anima affonda le radici.
 
Sol con la legge eterna in sintonia
io sarò la tua gioia e tu la mia.

 
Traduzione e interpretazione, fedeltà al testo ma pure e soprattutto ai sentimenti dell’autore. In questo caso l’autrice si pone nelle vesti dell’amata interlocutrice, immaginando le sue risposte in godibili sonetti altrettanto musicali. Una fedeltà che, abbinata alla innata disponibilità alla rappresentazione della parola in versi, fa di Lorenza Franco una presenza poetica che travalica i nostri confini, se è vero, come è vero, che la sua raccolta “Indefinito” è uscita a Budapest, tradotta in ungherese con il titolo “Meghatàrozatlan” da Ferenc Barany. Su quest’opera di traduzione più unica che rara riservata ad un poeta italiano vorrei ritornare in occasione di altre ricorrenze per ricordare Lorenza Franco, milanese ma originaria di Tirano, al quale è stato conferito nel 2000 il prestigioso premio giornalistico letterario “Ernest Rosenthal”.
 
Giovanni Bonomo