Pagine
GACCIONE MAESTRO DEL RACCONTO
di Mariacristina Pianta
Il
titolo del nuovo libro di Angelo Gaccione, Sonata
in due movimenti (Di Felice
Edizioni, 2022, pagine 252), prende
spunto dal racconto omonimo di pagina 157; la prima parte dinamica, spiritosa e
spensierata, la seconda dolente, che si spegne come la sinfonia numero 6, Patetica, di Tchaikovsky. I termini: Andante con moto, Allegretto, Adagio, Molto
grave, Dolente adombrano un profondo significato. La vita della giovinezza
e maturità, ricca di attrattive e di speranza, muore nella vecchiaia.
Scriveva
Terenzio Afro: “Senectus ipsa est morbus”. Schopenhauer tracciava una
sorta di parabola discendente dell’anziano che diventa insensibile: “Più si
invecchia, meno quello che si vede, si fa e si vive lascia traccia nello
spirito”. Leopardi preferiva morire piuttosto che varcare la soglia della
senilità.
Il
protagonista del testo di Gaccione, inizialmente bellissimo, brillante,
desideroso di divertirsi, piomba infine in una fase degenerativa che non lascia
più spazio a spiragli di luce: “Qui è la carne inerme esposta ad ogni
sguardo, e il clima dolente che ci accomuna… Ora tutto gli è divenuto
indifferente. In quell’angusto, terribile spazio circonfuso dal dolore, un
dolore fisico, conficcato nella carne viva che è solo suo e che non dà requie,
non c’è spazio per niente: né per gli affetti, né per l’amicizia, né per le mille
passioni che hanno accompagnato una vita…”.
Nella
scelta di utilizzare vocaboli specifici di una composizione musicale, l’autore
mette in evidenza il ruolo del ritmo, delle pause, della sintassi e delle
parole all’interno di ogni racconto. Sa narrare con pochi tratti una storia,
una situazione perché è abile nell’arte della scrittura. Ci troviamo di fronte,
sovente, ad una prosa poetica: “E da ogni lato dell’opificio le voci presero
a sovrastarsi, ad accendersi come si accende la vita al di là di ogni degrado
quando il vino sgorga nelle coppe, quando scende fiammante nella gola, quando
fa dell’uomo un altro uomo e di due corpi appassionati, una sola forma”
(si veda il racconto “Di Vino”). Ho citato due soli esempi dei 51 racconti, ma
potrei continuare. Gaccione ha letto, approfondito i classici, i filosofi e
pensatori della tradizione letteraria per poi approdare con originalità ad una
poetica personale che, evitando inutili orpelli, entra nel vivo di un discorso
esistenziale e sociale. Certe ambientazioni e scorci paesistici sono
accompagnati da una profonda analisi psicologica delle figure presentate. Le
numerose donne, che agiscono e si confrontano con il narratore, che spesso
parla in prima persona per coinvolgere maggiormente il lettore, catturano la
nostra attenzione; riescono a farci comprendere il divario tra apparenza e
realtà. Emergono, da alcuni episodi, la critica a tanti pregiudizi, ad una
società dedita al consumismo e priva di autentici valori, il gusto del
paradosso che sorprende e stupisce, soprattutto nelle ultime righe di tanti
racconti. Nonostante l’impietoso spaccato di un mondo che ha perso le
coordinate fondamentali, c’è ancora la possibilità di costruire un micro e un
macrocosmo diversi, forse finalmente a misura di uomo.
DALLA PALESTINA
di Stefano Bonanni
L'aereo arriva nella notte e con lui l'ansia e la
paura di vedersi negato l'accesso in Israele solo perché si è costretti a
mentire. La dogana rappresenta una barriera per la verità. Qui non c'è posto
per una neutralità che non cerca le cause del conflitto ma che cerca di
convivere con le conseguenze. Per ottenere un visto turistico non si può dire
di recarsi nei territori occupati. Il lavoro di mistificazione della realtà
comincia all'interno, ma per sostenere una menzogna così a lungo bisogna far sì
che tutti gli ingranaggi siano al posto giusto, dall'ultimo impiegato di Tel
Aviv alla giovane soldatessa che mi ritrovo davanti; capelli chiari, dai
lineamenti forti, stivali neri e uniforme verde, dall'aspetto non penseresti
mai che possa imbracciare un fucile, ma qui se la guerra è psicologica la
tensione la respiri per davvero. Anche se sai di non fare nulla di male ti
fanno sentire in difetto sperando che crolli, proteggendo il castello di carta.
Ogni cosa può essere usata contro di te per poterti trattenere, maltrattare ed
espellere dal paese. È per questo che bisogna eliminare ogni traccia nei social,
nell'email, nei documenti del telefono che possa dar appiglio ad
interminabili interrogatori. L'ansia di aver dimenticato qualcosa non la puoi eliminare,
partendo di fatto in svantaggio, come se quello sbagliato fossi tu.
La
mia destinazione è At-Tuwani un piccolo villaggio a sud delle colline di Hebron
nelle valli che si estendono dal mar morto fino alla Giordania. Qui ormai da 20
anni gli abitanti si sono organizzati per contrastare l'espansione
dell'avamposto di Havat Ma’on, illegale non solo per il diritto internazionale
ma anche per la legge israeliana. Da quando i coloni Israeliani sono arrivati
qui hanno di fatto occupato una strada che collegava due villaggi e negli anni
hanno continuato ad edificare. La scelta della nonviolenza degli abitanti dei
villaggi palestinesi li ha portati a non accettare più i soprusi degli
invasori, ma di rispondere attivamente richiamando alla mente i satyagraha dell'india di Gandhi. E come
nella fisica dove ad ogni azione corrisponde una reazione, qui, nelle valli
palestinesi, la reazione è fatta anche da donne e bambini che scardinano la
logica maschilista della supremazia e riportano il confronto sulla terra. Spesso
però anche i soggetti più fragili sono presi di mira ed è qui che un passaporto
italiano può essere un privilegio e può essere un vantaggio per potersi
frapporre tra vittime e aggressori, utilizzato come mezzo di denuncia per far
arrivare la verità al di là del muro di omertà costruito da Israele.
Arrivato
nel villaggio riconosco con grande sorpresa diversi ragazzi, una volta bambini,
ormai uomini in una terra che ti fa crescere velocemente. Negli anni ho sempre
provato una certa inquietudine per le sorti di queste persone, che nonostante i
loro sforzi sono costrette a vivere in un perenne clima di tensione. A primo
impatto nulla sembra essere cambiato dall'ultima volta che sono stato qui nel
2012 e questo in parte mi dà serenità. Solo ora vedendoli realizzo che non era
scontato che li avrei ritrovati qui. Ed è stato proprio quel loro remare contro
corrente che gli ha permesso di rimanere immobili.
Tra
i tanti ragazzi ritrovo Alì, un giovane palestinese che al tempo accompagnavamo
nel tragitto dal suo villaggio alla scuola nel villaggio vicino, percorso che
più volte è stato preso di mira dai coloni ferendo i bambini inerti che avevano
come unica colpa di essere nati da famiglie non ebree. Dopo avermi riconosciuto
Alì mi invita per la cena e a passare la notte da loro. In questo periodo il
loro villaggio è stato preso di mira e le famiglie si sentono più sicure con
degli internazionali. In un attacco recente una donna americana è stata colpita
alla testa con un bastone da un colono, riportando una ferita che ha avuto
bisogno di punti e di accertamenti medici. La cittadinanza non ti dà la
certezza di non essere aggredito, ma le pressioni del consolato americano hanno
portato all'arresto di due coloni, un evento raro per questa terra, dove coloni
ed esercito giocano un ruolo di squadra.
Ali
è robusto e non molto alto, ha delle sopracciglia sottili e zigomi pronunciati
che danno al suo ampio viso un tocco di femminilità. Indossa una kefiah a
ribadire il suo legame con questa terra. Le sue radici sono qui, anche se i
terreni dei suoi genitori sono stati occupati. Lungo il tragitto in macchina
per arrivare a casa sua si fermerà davanti a degli alberi piantati dalla sua
famiglia e ad un piccolo terreno recintato. Scendiamo dalla macchina ed il
momento acquisisce una certa sacralità, il sole splende alto nel cielo e
l'unico rumore che si percepisce è il soffiare incessante del vento. Ali è lì
fermo in piedi che scruta quella terra, ottenuta di nuovo da suo padre a
seguito di una causa giudiziaria nei confronti di Israele. È solo un centesimo
di ciò che gli apparteneva, ma la fissa intensamente come fosse la cosa più
importante che ci sia, più della sua vita. La resilienza di questi ragazzi mi
lascia sperare in un futuro differente. La notte ci ritroviamo a giocare a
carte davanti a un bicchiere di tè. Da qualche anno nel villaggio è arrivata
l'elettricità. Siamo abituati a pensare ad una casa come un edificio costruito
dall'uomo, qui però gli abitanti si sono adattati all'ambiente. Senza alcun
tipo di recinto a delimitare le proprietà alcune famiglie vivono ancora in
delle caverne. La casa è una grande stanza unica, il soffitto è scurito
dall'umidità e ai margini si possono notare tutte le scorte. Sdraiati su dei
materassi, gli stessi che si usano per poter mangiare da seduti e poter dormire
la notte, Alì mi chiede se ha senso mettere al mondo un figlio sapendo già che
dovrà soffrire. Questa è una domanda che non ci si aspetta in un posto dove le
famiglie sono molto numerose e dove la prima cosa che ti domandano è se sei
sposato e quanti figli hai. Prima ancora di sapere da dove vieni. Senza mai
chiederti che cosa fai. Come se la famiglia fosse già tutto, indissolubile
dall'uomo. Nonostante ciò, Ali a 25 anni ha deciso di mettere la causa
palestinese davanti a tutto.
Il
giorno seguente andiamo in accompagnamento di Mahmud al pascolo, un uomo sulla
sessantina, dal viso scavato e consumato dalla vita di villaggio. Mentre siamo
sulle colline, timidamente verdi dopo le piogge dell'inverno, più volte i
coloni e l'esercito arrivano a spingerci sempre più in basso nelle valli
prendendo di fatto il controllo del territorio. I pascoli si incrociano nei
terreni palestinesi ma chi ha la meglio sono sempre i coloni che imbracciando
fucili e pistole minacciano i pastori. Ogni volta che l'esercito interviene è
sempre a discapito dei palestinesi. Le telecamere di un internazionale presente
sul posto cercano di disincentivare la violenza, anche se spesso gli aggressori
sembrano non curarsi degli occhi puntati addosso e anzi diventiamo bersaglio
dei loro attacchi. La scarsità di risorse della terra sembrerebbe un problema
comune con l'eccezione che i palestinesi sopravvivono grazie alla terra, mentre
i coloni Israeliani la utilizzano come mezzo per poter annettere nuovo
territorio in barba ad ogni trattato internazionale. Proprio quando la tensione
sembra aumentare arrivano dalle colline alcuni bambini e donne che portano il
pranzo. Mentre i soldati continuano ad intimare di lasciare la terra, i
palestinesi apparecchiano nei campi. I bambini continuano ad andare su e giù
per la collina cercando dei piccoli legnetti per poter accendere il fuoco e
preparare il tè. Tutto sotto gli occhi dei tre soldati poco più che ventenni,
mandati a combattere una guerra basata sul pregiudizio. Forse non sanno neanche
loro perché sono lì, ma la logica militare conosce solo ordini da eseguire. I
bambini di questa famiglia non vanno a scuola ma lavorano già in tenera età. In
queste condizioni di vita non si può sprecare nessuna risorsa. I nuovi giovani
si sentiranno sempre più legati alla terra non vivendo nel mito dell'occidente,
ma forse è proprio questo che ci spaventa, come lo controlli un popolo che vive
in delle caverne e che decide di non omologarsi.
Qui
le persone si svegliano ogni giorno sapendo di dover combattere per la loro
esistenza nella più totale indifferenza della diplomazia internazionale che
sostiene uno stato di repressione. Contrariamente al conflitto ucraino qui non
si parla mai di aggressore e di aggredito. Non esistono sanzioni. È considerata
politica interna su cui coscientemente non si vuole intervenire. Netanyahu è
stato in Italia la scorsa settimana per incontrare il premier italiano. Il
ministro degli esteri Tajani è a Tel Aviv in questi giorni. L'esportazione della
democrazia a domicilio che di frequente ci arroghiamo di portare nel mondo qui
non funziona. È una democrazia selettiva e guarda alle logiche del potere e
agli interessi economici. I palestinesi non hanno nulla da offrire, se non
insegnarci a resistete nonostante tutte le avversità.
LUTTI NOSTRI
Milano. Abbiamo appena
appreso dalla
professoressa Roberta Guccinelli la tragica notizia della scomparsa di Daniela
Samuel, la moglie del filosofo Gabriele Scaramuzza, amico caro e collaboratore
di “Odissea”. A Gabriele e alla sua famiglia l’abbraccio di tutti noi e le più
affettuose condoglianze mie personali e di Roberta Guccinelli. [A. G.]
AL LICEO
AGNESI CON MARCHESINI
Luca Marchesini
Lunedì 3 aprile, alle 17.30, nella sede del liceo
Agnesi di via Carlo Bazzi 18, Milano, Luca Marchesini presenterà il suo libro Una
scuola piccolo borghese, che ripercorre oltre sessant’anni di scuola
italiana visti dall’interno, dalla parte dei banchi e poi da quella della
cattedra. L’incontro è aperto al pubblico.
Luca Marchesini |
giovedì 23 marzo 2023
DISARMISTI
Ieri 22
marzo si è svolta la conferenza stampa dei Disarmisti esigenti dalle ore 11:00
alle ore 12:00 in piazza Esquilino di Roma.
1- Contro il voto del Senato (21 marzo) e della Camera (22 marzo) per l'invio
di aiuti militari al governo ucraino richiesto dal premier Giorgia Meloni alla
vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.
2- Per la
promozione di un referendum popolare contro l'invio di armi all'Ucraina in
guerra.
3- Per il
sostegno alla Campagna internazionale Object war lanciata da WRI & partners
(di cui è testimonial, tra gli altri, Michele Santoro): agli obiettori di
coscienza e ai disertori russi e ucraini va riconosciuto il diritto d’asilo in
Europa. Appoggio alle madri russe contro la guerra.
Sono
intervenuti i promotori (alcuni, in queste giornate di protesta, fanno digiuno
dedicandolo alla scomparsa Antonia Sani, ex presidente WILPF Italia).
Alfonso
Navarra (Disarmisti esigenti)
Mino
Forleo (Per la scuola della Repubblica)
Enrica
Lomazzo e Patrizia Sterpetti (Per WILPF Italia)
BLOCCHI SOCIALI
di
Franco Astengo
Sovrastato
dalla pericolosa deriva della logica di guerra e della ricostituzione dei
blocchi sul piano globale il sistema politico italiano, almeno nelle intenzioni
dei suoi principali protagonisti, si sta muovendo in una logica - per certi
versi - analoga a ciò che sta avvenendo a livello internazionale e ben
differente da quella logica contraddistinta dal "bipolarismo
temperato" che aveva caratterizzato gli anni a cavallo tra la fine del XX
e l'inizio del XXI secolo. Il "bipolarismo temperato" era poi
sfociato in una confusa transizione caratterizzata dalla crisi della
globalizzazione, dalla fine della centralità dei partiti, da una
"smodata" forma di alternanza segnata - dal punto di vista elettorale
- da un eccesso di volatilità e dalla crescita esponenziale di un astensionismo
da intendersi quale chiaro segno di fragilità strutturale del sistema stesso e
dovuto dal trasformarsi delle dinamiche elettorali da "pigliatutti" a
"scambio". Adesso stanno emergendo segnali di un principio di
possibile parziale riconsolidamento del rapporto tra società e politica.
Un
riconsolidamento da valutarsi come di tentativo di ricostituzione di blocchi
sociali in rapporto a ridefinizioni di identità politiche: tutto sta avvenendo
però in un quadro pericoloso di prevalenza di un avvitamento
anti-costituzionale che legittimerebbe almeno una parte impegnata nella appena
descritta operazione " blocco sociale/identità politica".
In
questo senso vanno analizzati due recenti accadimenti: l'esito delle elezioni
politiche del 25 settembre 2022 e il mutamento di governo interno al PD (comunque
ancora incompiuto e parziale).
Si
è realizzata una situazione per la quale entrambe le forze che si considerano
egemoni dei possibili schieramenti per ora di governo e di opposizione stanno
tentando di formare un loro "blocco sociale" su cui appoggiare
un'ipotesi di contrapposizione bipolare su temi fortemente radicalizzanti.
Una
radicalizzazione come richiede oggi lo stato concreto delle cose in atto (uno
stato di cose che sembra lasciare poco spazio a consociativismi più o meno
"centristi" e/o di gestione condivisa di grandi contraddizioni che
reclamano profili identitari e capacità di schieramento).
Cerchiamo
di analizzare con ordine:
1)
il governo a trazione FdI mostra sempre più la sua anima corporativa volta a
dividere il paese secondo lo schema degli interessi specifici delle singole
categorie. Uno schema ben riferito al profondo dei settori sociali del lavoro
autonomo di più o meno grandi dimensioni, rivolto prevalentemente alla
produzione di beni da esportazione e da remunerare attraverso l'evasione
fiscale con una crescita del quadro di disuguaglianze all'interno e tra le
diverse parti del paese. Tutto questo mette da parte problemi attuali come
l'ambiente, la salute pubblica, la sicurezza, le migrazioni. Non a caso FdI si
appoggia al gruppo di Visegrad proponendo un nazionalismo difensivo con
argomenti utili per sottrarre consenso ai partner del centro-destra (si vedano
i risultati elettorali al Nord con l'egemonia strappata alla Lega);
2)
Dall'altra parte sembra prevalere uno schema di affidamento neo-capitalistico
dei grandi temi dell'ecologia e della digitalizzazione (schema che accomuna la
nuova dimensione PD e l'attuale gestione M5S). Un neo-capitalismo che si
rivolge prioritariamente ai settori sociali capaci (in una qualche misura) di
sostenere la battaglia per i diritti civili e quella per le grandi transizioni
senza proporre una modificazione di fondo dei rapporti di classe e dei propri
stili di vita. Una connessione che permette di definire il nesso tra
"liberal" e "radical": denominazioni diverse che discendono
entrambe da una concezione liberale di tipo utilitarista.
Sarà
il "digital divide"(che comprende i temi della cultura, della scuola
e dell'università) la nuova frontiera della determinazione di classe?
"digital divide" elemento di chiaro stampo individualistico
utilizzato forse pensando che la "propria felicità" racchiusa nella
capacità di utilizzo dell'AI possa concorrere a fare la felicità di tutti. Una
capacità che richiede però una non facile estensione dei livelli di conoscenza.
Beninteso entrambi gli schieramenti: quello del nazionalismo difensivo e
quello del neo-capitalismo radicale stanno evitando accuratamente
di affrontare il tema della guerra nel senso del rapporto Europa/Nato, e
sembrano entrambi (pur da differenti punti di vista) considerare il tema
europeo soltanto come semplice fattore di opportunità redistributiva.
3)
Questo quadro tiene ai margini dai propri blocchi sociali di riferimento le prime
vittime dalla crescita delle disuguaglianze e di conseguenza restringe i
margini della possibilità di incidere sulle dinamiche politiche (ripristinando
anche, almeno in apparenza, la logica dell'amico/nemico). Da un punto di vista
che vorremmo ostinarci di definire "di sinistra" rimane quindi tutto
intero sul tappeto il tema di una possibilità di incidenza sul blocco
"radical" in modo da proporre una riarticolazione inclusiva degli
esclusi (a tutti i livelli).
In
termini più chiari si tratta della questione della presenza socialista a
livello di teoria e di rappresentanza. Con un avvertimento: una teoria
socialista del XXI secolo non può sfuggire alla necessità di rovesciare il
concetto lineare di progresso che ci ha accompagnato nel corso del secolo
precedente (in particolare nei "30 gloriosi" seguiti alla fine della
seconda guerra mondiale). Attorno al tema della pace come valore universale va
costruita un'idea concreta di "senso del limite" che ci è già
capitato di battezzare "socialismo della finitudine".
4)
A questo punto, se si accenta come principio una "necessità
socialista" rimane da aprire una discussione sulla forma che potrebbe
assumere nel piccolo del sistema politico italiano questa presenza di
socialismo dell'uguaglianza e del limite : ritorna l'antico dilemma : una
propria presenza identitaria raccolta organizzativamente in soggettività
politica oppure parte di una grande schieramento evidentemente a egemonia radical,
all'interno del quale dotarsi di una precisa rappresentazione di identità?
Questo interrogativo porta alla necessità di un dibattito molto ampio nel quale
toccare anche i temi istituzionali, della legge elettorale, della forma di governo,
del sistema territoriale delle autonomie. Una discussione difficile ma che è
urgente e necessario affrontare con concretezza d'intenti.
RIGASSIFICATORE
E REGIONE TOSCANA
di
Girolamo Dell’Olio
Eins,
Zwei, Polizei / Golar Tundra macht frei! Lo sillabo a mo’ di preambolo rap a
questa ragazza dal fisico asciutto, snella, un’andatura che direi nord-europea.
Si è tolta le cuffie mentre le allungo ‘Giani, o della solitudine’. Mi guarda,
sorride e ‘Scusa, ma non parlo tedesco!’
Non
è fiorentina, ma italianissima. E allora traduco, e spiego il senso di questa
contaminazione in salsa piombinese fra il tormentone techno di metà anni
Novanta e il lugubre messaggio all’ingresso del campo di Auschwitz. È vispa,
non ha bisogno di dettagli, sa già di che si parla. E salutando aggiunge: ‘Ma
anche con Nardella non è che siate messi tanto bene, no?’
Come
darle torto? Solo poterla fermare! Impossibile. E però il nostro volantino in
mano ce l’ha: potrà sempre trovarci!
Poco
prima, era stato il turno di una coppia di mezza età. Volendo, incoraggiante,
dall’aspetto e dallo sguardo. Non l’avessi mai pensato! Lui, si vede, vuole
leggersi il cartello per benino fin in fondo. ‘Prego!’, gli faccio stendendo il
braccio. ‘No, no, tanto ho già la mia opinione’, replica con l’aria che non te
lo dico ma hai capito come la penso. E allora, à la guerre comme à la guerre, la butto in paradosso: ‘Bravo! Quante
ne vogliamo, di queste navi? Tante! Tante! Non sarà un po’ poco una sola?’ Condivide
annuendo.
E
allora ricarico, come un venditore di tappeti stile Mentana: ‘Gas americano,
sì, a poco prezzo! Veloce e conveniente.
Riempiamo l’Italia di rigassificatori!’
La
risposta è secca e scientifica, un po’ come abbiam visto fare a tanti virologi
da talk show nella gloriosa stagione del Covid: ‘No, ne bastano tre, ne bastano
tre!’ Pari pari la lezione della televisione, dell’Eni, di Nomisma, appunto. Imparata
a menadito. Inutile che io seguiti a pubblicizzare il gas a stelle e strisce,
che ‘costa pochissimo, costa molto meno!’: si è accorto dell’ironia, e da
lontano mi lancia l’ultimo guanto di sfida: ‘Sì, ma la diamo l’alternativa?
Qual è l’alternativa?’ Non c’è spazio per un trattato: devo limitarmi
all’essenziale: ‘La prima alternativa è non fare la guerra! Non è la nostra
guerra. È la loro guerra!’ E lì il dialogo non ha più gambe.
Una
prof. spende molte parole sagge e stimolanti nell’illustrare il bugnato del
palazzo michelozziano prima residenza fiorentina dei Medici mugellani. I ragazzi
la seguono con un’attenzione invidiabile. Quasi quasi adesso ha finito,
ripartono lungo il mio marciapiede per San Marco e ci provo: ‘E se facessimo un
piccolo intermezzo di sana architettura contemporanea?’, e indico la Tundra con
la nuca del Principe in primo piano. La prof. mi restituisce un sorriso amabile
quanto inaccessibile: magari sì, ma un’altra volta.Siamo colleghi:
contraccambio con un sorriso parallelo di empatica comprensione.
‘Giani
era proprio qui dietro l’ho appena visto’, mi confida questa guida turistica
col suo gruppetto per Palazzo Medici Riccardi. E davvero, col canonico ritardo,
si rimaterializza: entra in fretta circondato da un gruppetto ma non mi lesina
da lontano il suo squillante ‘Ciao!’. Non sembra incuriosito dalla silhouette
della Golar sul cartello. Probabilmente il volantino gliel’hanno già letto:
l’ho spedito da casa in Regione in mattinata.
‘Adesso
abbiamo “la nave della libertà”! ‘Un ci se n’era accorti, ma a Piombino gli è
toccata la libertà senza neanche meritarsela, eh?’
Sguardo
rassegnato di consenso e di impotenza in quest’uomo che ne ha viste già troppe,
e nulla più lo sorprende. E in barca forse i remi li ha tirati da un pezzo.
Last ma non least, questa donna che invece è pronta
a remare, ma cerca i compagni di viaggio, e non li trova. ‘In che mondo stiamo
finendo?’
‘In
un mondo alla rovescia’
‘Alla
rovescia! Guardi quello che sta succedendo. Noi stiamo lasciando coalizzare le
due più grandi potenze nucleari del mondo, e le più folli’
‘E
gli isolati sarebbero loro, capito?’
‘Io
non lo so. A volte mi sembra di essere pazza. Perché vedo tutti e dico, ma è
possibile che son tutti… Poi, meno male, ogni tanto incontro qualcuno. Siamo
nei pazzi! Ora, invece di prendere la palla al balzo, io dico facciamo almeno
finta di considerare queste proposte di pace! e invece no. E meno male che
Biden e la Nato dicono che questa guerra non può finire sul campo, perché
sarebbe la fine dell’umanità ma intanto, invece, la prolungano! A volte ho dei
seri dubbi sulla mia tenuta mentale. Ho anche scritto un libro ‘Versi per la
pace’
‘E
invece quella bandiera arcobaleno è finita in mani pessime!’
‘E
si straparla di diritti civili…’.
mercoledì 22 marzo 2023
ECCO COME VOGLIONO LA PACE
Gli
Stati europei della Nato stanziano 2 miliardi di euro di aiuti militari
all’Ucraina (Italia compresa). Gli Stati Uniti forniranno un milione di
proiettili perforanti. Per la pace e il dialogo non investono un centesimo. Né
fanno alcun tentativo per una via d’uscita. Lavorano tutti alacremente per la
catastrofe. Nessuno potrà dire di non aver saputo.
DONNE E PACE
Meloni e Schlein |
Speriamo
che da ora in poi ci verrà risparmiata la disgustosa retorica sulla presunta
“genetica pacifista” delle donne. Ecco due esemplari di donne “pacifiste” al
potere. Una è dichiaratamente di destra, l’altra si dice di “sinistra”, ma
hanno la stessa idea sulla guerra. Guerra che è sempre assassina e criminale.
Il Parlamento italiano è pieno di donne e tante di loro hanno ruoli importanti
nel Governo e dentro i singoli partiti. Sono tutte per la guerra e per l’invio
di armi, senza alcuna differenza. Mi è tornato alla mente questo mio vecchio
aforisma dal titolo Diffidenza popolare. Lo ritengo un’ottima bussola per
orientarsi: “Figlio, se vuoi sapere da che parte stanno, ascolta cosa
propongono, verifica cosa realizzano”.
VECCHIAIA
di
Vittorio Melandri
Una bella pagina del Corriere
della Sera di lunedì 20 u.s., ha risvegliato un commovente ricordo, che
l'avanzare dell'età rende più vicino. Amo il teatro, ma una sola volta ho avuto
il privilegio di tributare una lunga ovazione in piedi, ad un grande attore. All’unisono,
tutto il pubblico, in preda ad una commozione davvero palpabile. È successo la
sera del 10 maggio 1996, al Teatro Nuovo di Milano, al termine della
rappresentazione di una replica di, Le ultime lune, di Furio Bordon. Per
tutto il secondo atto, in scena, da solo, a dialogare con una piantina di
basilico, era: Marcello Mastroianni. Interpretava un vecchio, prossimo a vivere
in solitudine, le sue ultime lune, e Mastroianni onorò, quello che si rivelò
poi essere il suo ultimo impegno, con la maestria di sempre, ma con un’adesione
al ruolo, forse, davvero unica nella sua carriera, e sorretto, per dirla con le
sue parole, dal desiderio di: “Tornare a fare la dieta teatrale. Ogni tanto ci
vuole un po’ di pulizia”. Affrontare la vecchiaia, e la morte, di dieta e
pulizia, dell’anima e della mente, ne richiede tanta, nella nostra società;
ché, vecchiaia, morte, anima e mente, le rifiuta in blocco, oppure, preferisce
ammantarle tutte, di ipocrisia, cinismo o carità. “I vecchi dovrebbero essere
sacri perché è sacro e terribile il momento in cui un uomo cessa di vivere”.
Così scrive Bordon e recitava Mastroianni; ma il sacro ormai nel nostro mondo,
è sempre più confuso con vana (e mi si lasci dire: stupida) superstizione, e
dove dovrebbe agire il rispetto, il sacrosanto bisogno di aiuto reciproco, che
deve essere organizzato al meglio, per essere rivolto a tutti gli esemplari
della specie, giovani o vecchi che siano; si preferisce invece aspettare, e poi
ammirare e lodare, stupefatti, i miracoli. In genere opera di cialtroni, laici
o chierici, di alto, medio, o basso profilo. “Straziante è l’impazienza di quel
vecchio cui sembrano troppo pesanti da vivere persino i pochi giorni che gli
restano”. Superare lo strazio di cui ha scritto Bordon e che ha recitato
un’ultima volta Mastroianni, è forse, il solo miracolo, che anche questa estate
(scrivevo dopo la prima estate del Covid), tanti vecchi hanno compiuto; però,
restando vivi, non si sono guadagnati i titoli dei giornali. Anni or sono ho
letto Corrado Augias citare Paul Simon, e affermare: “I vecchi assomigliano
alle ultime pagine di un libro, le più dense e fruttuose, prima della
parola fine”.
martedì 21 marzo 2023
DUE APRILE IN PIAZZA DELLA SCALA
Segnatevi questa data e
partecipate in massa. Mandate in giro a tutti i vostri contatti, diffondete. Dobbiamo
essere in tanti. Stanno addestrando in Italia soldati ucraini. Gli daranno
missili per colpire i russi esponendo le nostre vite e quella della nostra
nazione alla rappresaglia nucleare. Hanno stanziato milioni di euro per
foraggiarli di armi, ma tagliano le spese sociali e la sanità. Stanno portando
l’Italia in guerra e sono tutti complici: presidente della Repubblica, Governo,
Parlamento, partititi politici, stampa compiacente. Facciamo sentire il nostro
dissenso pacifista, facciamogli sapere che riteniamo queste scelte
tragiche e rovinose.
Ricostruire Pace
ERGA OMNES
di
Vittorio Melandri
Per vivere in comunità, piccole o
grandi che siano, siamo "condannati" a darci delle regole. Per quanto
banale dirlo, non esiste modo di circolare in automobile senza investirci gli
uni con gli altri, senza convenire che tutti si tenga la destra, come in gran
parte del mondo, o la sinistra dove “regna” la tradizione inglese. Una volta
stabilite, tutte le regole non possono che essere valide per tutti. Per nostra
fortuna esistono attività e comportamenti che possono essere regolati con norme
che permettano, e non con norme che obbligano. Purtroppo non esiste Dio che,
anche una volta concesso il libero arbitrio (di andare all’inferno o altre
simili località), abbia dettato agli umani norme che “permettano”, tutte le
divinità dettano leggi che “obbligano”.
La civiltà umana, intesa in senso positivo, è per quanto appena detto,
cresciuta separando progressivamente i codici divini, per loro natura
trascendenti anche quando vietano di mangiare il maiale o impongono sia di
magro il venerdì santo, dai codici umani, immanenti e costruiti appunto non
solo per obbligare, ma anche per permettere, lasciando in tali casi, a ciascuno
la possibilità di adottare il comportamento che preferisce. Cito per esemplificare.
Quando sento il “commander-in-chief” degli USA, concludere i suoi discorsi con
la formula “Good save America” mi viene un brivido di tristezza. Quando accade
in Italia che politici cattolici di grande influenza, nei loro comportamenti
politici, siano prima cattolici e solo poi politici, mi convinco sempre di più
che la salvezza che conta, quella terrena, si allontani sempre di più.
BRESCIA
David Maria Turoldo
Università
Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, via Trieste 17 - Sala della Gloria, 28
marzo 2023, ore 11
Dams
Teatro UC Brescia e Performedia presentano
David
Maria Turoldo
Biopicteatro
Riduzione e adattamento dell’opera
teatrale di Renzo Ricchi
La porta del silenzio. David Maria Turoldo tra profezia e poesia
a cura di Claudio Bernardi e Giuseppe Langella.
POETI
Per
la prima volta in Italia le poesie della contessa Anna De Brémont, tradotte da Valeria
Di Felice.
Per
la prima volta grazie alla Di Felice Edizioni arrivano in Italia le poesie
della contessa Anna De Brémont, donna dai vari talenti affascinante e
controversa nel panorama internazionale tra Ottocento e Novecento. Nata a New
York, trascorre la giovinezza a Cincinnati (Ohio) e poi, dopo la morte del
marito, va a Londra e intraprende un tour internazionale, soprattutto in Europa
e in Sudafrica, che la vede protagonista in più ruoli: conferenziera, poetessa,
attrice, cantante, giornalista. Amica di Oscar Wilde e della sua famiglia, è
una figura che con l’esempio si batte contro un modello culturale che invitava
le donne a non esprimersi se non come mogli e madri. “Anna porta la sua
intraprendenza americana nella società vittoriana. Diventa non solo testimone
ma soprattutto promotrice di un’immagine femminile innovativa, in transizione
verso nuovi ideali e possibilità. In contrasto con i pregiudizi del suo tempo,
coltiva il suo talento e le sue ambizioni, nonostante diventi bersaglio da
parte di benpensanti”. Prosegue la curatrice e traduttrice Valeria Di Felice: “Non
è mai stata tradotta in Italia. Questo libro spero rappresenti un primo passo
per una conoscenza più approfondita delle sue opere e della sua attività. Sonnets and Love Poems è una raccolta
poetica pubblicata nel 1892 a New York e dedicata al marito Èmile Léon de Brémont. Il filo conduttore di
tutte le pagine è l’amore cantato in tutte le sue forme: da quello fraterno a
quello passionale, da quello amicale a quello materno, dall’amore impossibile a
quello desiderato, da quello per un uomo a quello per la danza, il canto,
l’arte”.
Valeria Di Felice fonda nel 2010 la Di Felice
Edizioni, casa editrice italiana specializzata nella poesia. Ha pubblicato
varie raccolte poetiche che sono state tradotte in arabo, nederlandese, romeno,
spagnolo. Nel 2016 ha curato l’antologia poetica La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre, nel 2017
la miscellanea di critica e poesia Alta
sui gorghi e nel 2019 il volume Antonio
Camaioni. Nell’ordine del caos. Nel 2018 ha tradotto, in collaborazione con
Antonella Perlino, il libro di racconti della scrittrice marocchina Fatiha
Morchid, L’amore non è abbastanza e
nel 2023 la raccolta poetica Sonetti e
poesie d’amore di Anna De Brémont.
Anna De Brémont
Sonetti e poesie d’amore
cura e traduzione di Valeria Di Felice
Di
Felice Edizioni, 2023
Pagg. 256 euro 25
con testo inglese a fronte.
RICERCHE DI
MORTE
Ciao, Angelo
Sono d'accordo con te per
quanto riguarda la tua risposta alla petizione sul tribunale internazionale
dell'Aja però vorrei che venissero citati anche tutti gli studi criminali che
si stanno svolgendo nei biolaboratori per produrre virus sintetici letali (e
anche di natura etnica) da usare come armi, quanto si sta ricercando in altri
laboratori per creare superguerrieri e quanto si sta facendo per rendere
l'Intelligenza Artificiale sempre più uno strumento di guerra autonomo... Il
suddetto tribunale, interpellato recentemente dal prof. Tritto, ha risposto di
non avere contezza di quanti biolaboratori esistano nel mondo: in Italia esiste
un biolab a Sigonella (trasferito dalla precedente sede in Egitto a noi!) ed un
altro per la ricerca biologica sui superguerrieri a Trieste, sono zone
extraterritoriali! Inoltre si parla di realizzare altri biolab a Padova, Pisa,
L'Aquila, Pesaro... Da quelli esistenti da anni negli USA sono sfuggiti a più
riprese vari virus provocando guai, senza parlare di quello che è successo in
Cina e che ci ha coinvolti tutti per responsabilità non solo e probabilmente
non prevalentemente della Cina stessa... Queste cose che ti ho detto - insieme
alla guerra in corso e alle guerre in genere - sono la fonte principale delle
mie preoccupazioni e della mia indignazione perché non vengono allo scoperto:
il professor Tritto afferma che tutto ciò ha a che fare con il Transumanesimo e
la volontà di cambiare il sistema immunitario dell'Umanità... Dimmi cosa ne
pensi, per favore! Buona giornata!
Nicoletta Negri
lunedì 20 marzo 2023
CRIMINALI DI GUERRA,
GIUDICI E IDIOTI
di Angelo
Gaccione
Corte dell'Aja (Dov'è stata finora?)
In genere firmo e
sostengo tutti gli appelli che mi arrivano da ogni dove, per cause che ritengo
giuste, e non mi limito come la maggior parte fa, ad una semplice adesione
formale. Quasi sempre porto il mio corpo là dove il dissenso si concretizza
occupando uno spazio fisico, cosa che dovremmo fare tutti, in specie ora,
contro il rischio reale di una deflagrazione nucleare. Ho rifiutato, invece, di
firmare l’appello degli amici avaaziani promosso da Bert Wander di cui riporto il testo. “Cari avaaziani, il più importante tribunale penale al mondo ha emesso un
mandato d’arresto per Putin! Siamo più vicini che mai a
fargli* rispondere dei suoi crimini
di guerra in Ucraina, e per le
sofferenze indicibili che sta causando. La
nostra pressione ha contribuito ad arrivare fin qui, ora serve che i governi di
tutto il mondo aggiungano forza a questa decisione. Raddoppiamo gli sforzi per
questo appello di giustizia: per favore aggiungi ora la tua firma! PS: dimostriamo a Putin
che non è al di sopra della legge!”.
Corte dell'Aja (Dov'è stata finora?) |