UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

venerdì 24 marzo 2023

ALLI BENIGNI LETTORI



Per ragioni di seri problemi familiari “Odissea” è costretta a sospendere momentaneamente le pubblicazioni. Ci auguriamo di tornare al più presto possibile. Intanto avete più di 8 mila articoli solo in prima pagina per non sentirvi soli.
[La Direzione]

TUTTI IN PIAZZA DELLA SCALA



Il 2 aprile mobilitazione per la pace dalle ore 15,30 in poi. 
Ricostruire Pace 

GACCIONE MAESTRO DEL RACCONTO
di Mariacristina Pianta
 

Gaccione fotografato da Migliorati

Il titolo del nuovo libro di Angelo Gaccione, Sonata in due movimenti (Di Felice Edizioni, 2022, pagine 252), prende spunto dal racconto omonimo di pagina 157; la prima parte dinamica, spiritosa e spensierata, la seconda dolente, che si spegne come la sinfonia numero 6, Patetica, di Tchaikovsky. I termini: Andante con moto, Allegretto, Adagio, Molto grave, Dolente adombrano un profondo significato. La vita della giovinezza e maturità, ricca di attrattive e di speranza, muore nella vecchiaia.
Scriveva Terenzio Afro: “Senectus ipsa est morbus”. Schopenhauer tracciava una sorta di parabola discendente dell’anziano che diventa insensibile: “Più si invecchia, meno quello che si vede, si fa e si vive lascia traccia nello spirito”. Leopardi preferiva morire piuttosto che varcare la soglia della senilità.
Il protagonista del testo di Gaccione, inizialmente bellissimo, brillante, desideroso di divertirsi, piomba infine in una fase degenerativa che non lascia più spazio a spiragli di luce: “Qui è la carne inerme esposta ad ogni sguardo, e il clima dolente che ci accomuna… Ora tutto gli è divenuto indifferente. In quell’angusto, terribile spazio circonfuso dal dolore, un dolore fisico, conficcato nella carne viva che è solo suo e che non dà requie, non c’è spazio per niente: né per gli affetti, né per l’amicizia, né per le mille passioni che hanno accompagnato una vita…”.



Nella scelta di utilizzare vocaboli specifici di una composizione musicale, l’autore mette in evidenza il ruolo del ritmo, delle pause, della sintassi e delle parole all’interno di ogni racconto. Sa narrare con pochi tratti una storia, una situazione perché è abile nell’arte della scrittura. Ci troviamo di fronte, sovente, ad una prosa poetica: “E da ogni lato dell’opificio le voci presero a sovrastarsi, ad accendersi come si accende la vita al di là di ogni degrado quando il vino sgorga nelle coppe, quando scende fiammante nella gola, quando fa dell’uomo un altro uomo e di due corpi appassionati, una sola forma” (si veda il racconto “Di Vino”). Ho citato due soli esempi dei 51 racconti, ma potrei continuare. Gaccione ha letto, approfondito i classici, i filosofi e pensatori della tradizione letteraria per poi approdare con originalità ad una poetica personale che, evitando inutili orpelli, entra nel vivo di un discorso esistenziale e sociale. Certe ambientazioni e scorci paesistici sono accompagnati da una profonda analisi psicologica delle figure presentate. Le numerose donne, che agiscono e si confrontano con il narratore, che spesso parla in prima persona per coinvolgere maggiormente il lettore, catturano la nostra attenzione; riescono a farci comprendere il divario tra apparenza e realtà. Emergono, da alcuni episodi, la critica a tanti pregiudizi, ad una società dedita al consumismo e priva di autentici valori, il gusto del paradosso che sorprende e stupisce, soprattutto nelle ultime righe di tanti racconti. Nonostante l’impietoso spaccato di un mondo che ha perso le coordinate fondamentali, c’è ancora la possibilità di costruire un micro e un macrocosmo diversi, forse finalmente a misura di uomo.
 

 

DALLA PALESTINA
di Stefano Bonanni

 
L'aereo arriva nella notte e con lui l'ansia e la paura di vedersi negato l'accesso in Israele solo perché si è costretti a mentire. La dogana rappresenta una barriera per la verità. Qui non c'è posto per una neutralità che non cerca le cause del conflitto ma che cerca di convivere con le conseguenze. Per ottenere un visto turistico non si può dire di recarsi nei territori occupati. Il lavoro di mistificazione della realtà comincia all'interno, ma per sostenere una menzogna così a lungo bisogna far sì che tutti gli ingranaggi siano al posto giusto, dall'ultimo impiegato di Tel Aviv alla giovane soldatessa che mi ritrovo davanti; capelli chiari, dai lineamenti forti, stivali neri e uniforme verde, dall'aspetto non penseresti mai che possa imbracciare un fucile, ma qui se la guerra è psicologica la tensione la respiri per davvero. Anche se sai di non fare nulla di male ti fanno sentire in difetto sperando che crolli, proteggendo il castello di carta. Ogni cosa può essere usata contro di te per poterti trattenere, maltrattare ed espellere dal paese. È per questo che bisogna eliminare ogni traccia nei social, nell'email, nei documenti del telefono che possa dar appiglio ad interminabili interrogatori. L'ansia di aver dimenticato qualcosa non la puoi eliminare, partendo di fatto in svantaggio, come se quello sbagliato fossi tu.



La mia destinazione è At-Tuwani un piccolo villaggio a sud delle colline di Hebron nelle valli che si estendono dal mar morto fino alla Giordania. Qui ormai da 20 anni gli abitanti si sono organizzati per contrastare l'espansione dell'avamposto di Havat Ma’on, illegale non solo per il diritto internazionale ma anche per la legge israeliana. Da quando i coloni Israeliani sono arrivati qui hanno di fatto occupato una strada che collegava due villaggi e negli anni hanno continuato ad edificare. La scelta della nonviolenza degli abitanti dei villaggi palestinesi li ha portati a non accettare più i soprusi degli invasori, ma di rispondere attivamente richiamando alla mente i satyagraha dell'india di Gandhi. E come nella fisica dove ad ogni azione corrisponde una reazione, qui, nelle valli palestinesi, la reazione è fatta anche da donne e bambini che scardinano la logica maschilista della supremazia e riportano il confronto sulla terra. Spesso però anche i soggetti più fragili sono presi di mira ed è qui che un passaporto italiano può essere un privilegio e può essere un vantaggio per potersi frapporre tra vittime e aggressori, utilizzato come mezzo di denuncia per far arrivare la verità al di là del muro di omertà costruito da Israele.



Arrivato nel villaggio riconosco con grande sorpresa diversi ragazzi, una volta bambini, ormai uomini in una terra che ti fa crescere velocemente. Negli anni ho sempre provato una certa inquietudine per le sorti di queste persone, che nonostante i loro sforzi sono costrette a vivere in un perenne clima di tensione. A primo impatto nulla sembra essere cambiato dall'ultima volta che sono stato qui nel 2012 e questo in parte mi dà serenità. Solo ora vedendoli realizzo che non era scontato che li avrei ritrovati qui. Ed è stato proprio quel loro remare contro corrente che gli ha permesso di rimanere immobili.
Tra i tanti ragazzi ritrovo Alì, un giovane palestinese che al tempo accompagnavamo nel tragitto dal suo villaggio alla scuola nel villaggio vicino, percorso che più volte è stato preso di mira dai coloni ferendo i bambini inerti che avevano come unica colpa di essere nati da famiglie non ebree. Dopo avermi riconosciuto Alì mi invita per la cena e a passare la notte da loro. In questo periodo il loro villaggio è stato preso di mira e le famiglie si sentono più sicure con degli internazionali. In un attacco recente una donna americana è stata colpita alla testa con un bastone da un colono, riportando una ferita che ha avuto bisogno di punti e di accertamenti medici. La cittadinanza non ti dà la certezza di non essere aggredito, ma le pressioni del consolato americano hanno portato all'arresto di due coloni, un evento raro per questa terra, dove coloni ed esercito giocano un ruolo di squadra.



Ali è robusto e non molto alto, ha delle sopracciglia sottili e zigomi pronunciati che danno al suo ampio viso un tocco di femminilità. Indossa una kefiah a ribadire il suo legame con questa terra. Le sue radici sono qui, anche se i terreni dei suoi genitori sono stati occupati. Lungo il tragitto in macchina per arrivare a casa sua si fermerà davanti a degli alberi piantati dalla sua famiglia e ad un piccolo terreno recintato. Scendiamo dalla macchina ed il momento acquisisce una certa sacralità, il sole splende alto nel cielo e l'unico rumore che si percepisce è il soffiare incessante del vento. Ali è lì fermo in piedi che scruta quella terra, ottenuta di nuovo da suo padre a seguito di una causa giudiziaria nei confronti di Israele. È solo un centesimo di ciò che gli apparteneva, ma la fissa intensamente come fosse la cosa più importante che ci sia, più della sua vita. La resilienza di questi ragazzi mi lascia sperare in un futuro differente. La notte ci ritroviamo a giocare a carte davanti a un bicchiere di tè. Da qualche anno nel villaggio è arrivata l'elettricità. Siamo abituati a pensare ad una casa come un edificio costruito dall'uomo, qui però gli abitanti si sono adattati all'ambiente. Senza alcun tipo di recinto a delimitare le proprietà alcune famiglie vivono ancora in delle caverne. La casa è una grande stanza unica, il soffitto è scurito dall'umidità e ai margini si possono notare tutte le scorte. Sdraiati su dei materassi, gli stessi che si usano per poter mangiare da seduti e poter dormire la notte, Alì mi chiede se ha senso mettere al mondo un figlio sapendo già che dovrà soffrire. Questa è una domanda che non ci si aspetta in un posto dove le famiglie sono molto numerose e dove la prima cosa che ti domandano è se sei sposato e quanti figli hai. Prima ancora di sapere da dove vieni. Senza mai chiederti che cosa fai. Come se la famiglia fosse già tutto, indissolubile dall'uomo. Nonostante ciò, Ali a 25 anni ha deciso di mettere la causa palestinese davanti a tutto.



Il giorno seguente andiamo in accompagnamento di Mahmud al pascolo, un uomo sulla sessantina, dal viso scavato e consumato dalla vita di villaggio. Mentre siamo sulle colline, timidamente verdi dopo le piogge dell'inverno, più volte i coloni e l'esercito arrivano a spingerci sempre più in basso nelle valli prendendo di fatto il controllo del territorio. I pascoli si incrociano nei terreni palestinesi ma chi ha la meglio sono sempre i coloni che imbracciando fucili e pistole minacciano i pastori. Ogni volta che l'esercito interviene è sempre a discapito dei palestinesi. Le telecamere di un internazionale presente sul posto cercano di disincentivare la violenza, anche se spesso gli aggressori sembrano non curarsi degli occhi puntati addosso e anzi diventiamo bersaglio dei loro attacchi. La scarsità di risorse della terra sembrerebbe un problema comune con l'eccezione che i palestinesi sopravvivono grazie alla terra, mentre i coloni Israeliani la utilizzano come mezzo per poter annettere nuovo territorio in barba ad ogni trattato internazionale. Proprio quando la tensione sembra aumentare arrivano dalle colline alcuni bambini e donne che portano il pranzo. Mentre i soldati continuano ad intimare di lasciare la terra, i palestinesi apparecchiano nei campi. I bambini continuano ad andare su e giù per la collina cercando dei piccoli legnetti per poter accendere il fuoco e preparare il tè. Tutto sotto gli occhi dei tre soldati poco più che ventenni, mandati a combattere una guerra basata sul pregiudizio. Forse non sanno neanche loro perché sono lì, ma la logica militare conosce solo ordini da eseguire. I bambini di questa famiglia non vanno a scuola ma lavorano già in tenera età. In queste condizioni di vita non si può sprecare nessuna risorsa. I nuovi giovani si sentiranno sempre più legati alla terra non vivendo nel mito dell'occidente, ma forse è proprio questo che ci spaventa, come lo controlli un popolo che vive in delle caverne e che decide di non omologarsi.



Q
ui le persone si svegliano ogni giorno sapendo di dover combattere per la loro esistenza nella più totale indifferenza della diplomazia internazionale che sostiene uno stato di repressione. Contrariamente al conflitto ucraino qui non si parla mai di aggressore e di aggredito. Non esistono sanzioni. È considerata politica interna su cui coscientemente non si vuole intervenire. Netanyahu è stato in Italia la scorsa settimana per incontrare il premier italiano. Il ministro degli esteri Tajani è a Tel Aviv in questi giorni. L'esportazione della democrazia a domicilio che di frequente ci arroghiamo di portare nel mondo qui non funziona. È una democrazia selettiva e guarda alle logiche del potere e agli interessi economici. I palestinesi non hanno nulla da offrire, se non insegnarci a resistete nonostante tutte le avversità.

LUTTI NOSTRI
 


Milano. Abbiamo appena appreso
dalla professoressa Roberta Guccinelli la tragica notizia della scomparsa di Daniela Samuel, la moglie del filosofo Gabriele Scaramuzza, amico caro e collaboratore di “Odissea”. A Gabriele e alla sua famiglia l’abbraccio di tutti noi e le più affettuose condoglianze mie personali e di Roberta Guccinelli. [A. G.]

AL LICEO AGNESI CON MARCHESINI

Luca Marchesini
 
Lunedì 3 aprile, alle 17.30, nella sede del liceo Agnesi di via Carlo Bazzi 18, Milano, Luca Marchesini presenterà il suo libro Una scuola piccolo borghese, che ripercorre oltre sessant’anni di scuola italiana visti dall’interno, dalla parte dei banchi e poi da quella della cattedra. L’incontro è aperto al pubblico.

CIRCOLO DI UNITÀ PROLETARIA




MEDICINA DEMOCRATICA




COSTRUTTORI DI PACE





MONZA. TEATRO MANZONI




UDINE. TEATRO NUOVO




giovedì 23 marzo 2023

DISARMISTI



Ieri 22 marzo si è svolta la conferenza stampa dei Disarmisti esigenti dalle ore 11:00 alle ore 12:00 in piazza Esquilino di Roma.
1- Contro il voto del Senato (21 marzo) e della Camera (22 marzo) per l'invio di aiuti militari al governo ucraino richiesto dal premier Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.
2- Per la promozione di un referendum popolare contro l'invio di armi all'Ucraina in guerra.
3- Per il sostegno alla Campagna internazionale Object war lanciata da WRI & partners (di cui è testimonial, tra gli altri, Michele Santoro): agli obiettori di coscienza e ai disertori russi e ucraini va riconosciuto il diritto d’asilo in Europa. Appoggio alle madri russe contro la guerra. 
 
Sono intervenuti i promotori (alcuni, in queste giornate di protesta, fanno digiuno dedicandolo alla scomparsa Antonia Sani, ex presidente WILPF Italia).
 
Alfonso Navarra (Disarmisti esigenti)
Mino Forleo (Per la scuola della Repubblica)
Enrica Lomazzo e Patrizia Sterpetti (Per WILPF Italia)

BLOCCHI SOCIALI
di Franco Astengo

 

Sovrastato dalla pericolosa deriva della logica di guerra e della ricostituzione dei blocchi sul piano globale il sistema politico italiano, almeno nelle intenzioni dei suoi principali protagonisti, si sta muovendo in una logica - per certi versi - analoga a ciò che sta avvenendo a livello internazionale e ben differente da quella logica contraddistinta dal "bipolarismo temperato" che aveva caratterizzato gli anni a cavallo tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo. Il "bipolarismo temperato" era poi sfociato in una confusa transizione caratterizzata dalla crisi della globalizzazione, dalla fine della centralità dei partiti, da una "smodata" forma di alternanza segnata - dal punto di vista elettorale - da un eccesso di volatilità e dalla crescita esponenziale di un astensionismo da intendersi quale chiaro segno di fragilità strutturale del sistema stesso e dovuto dal trasformarsi delle dinamiche elettorali da "pigliatutti" a "scambio". Adesso stanno emergendo segnali di un principio di possibile parziale riconsolidamento del rapporto tra società e politica.
Un riconsolidamento da valutarsi come di tentativo di ricostituzione di blocchi sociali in rapporto a ridefinizioni di identità politiche: tutto sta avvenendo però in un quadro pericoloso di prevalenza di un avvitamento anti-costituzionale che legittimerebbe almeno una parte impegnata nella appena descritta operazione " blocco sociale/identità politica".
In questo senso vanno analizzati due recenti accadimenti: l'esito delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 e il mutamento di governo interno al PD (comunque ancora incompiuto e parziale).
Si è realizzata una situazione per la quale entrambe le forze che si considerano egemoni dei possibili schieramenti per ora di governo e di opposizione stanno tentando di formare un loro "blocco sociale" su cui appoggiare un'ipotesi di contrapposizione bipolare su temi fortemente radicalizzanti.
Una radicalizzazione come richiede oggi lo stato concreto delle cose in atto (uno stato di cose che sembra lasciare poco spazio a consociativismi più o meno "centristi" e/o di gestione condivisa di grandi contraddizioni che reclamano profili identitari e capacità di schieramento).



Cerchiamo di analizzare con ordine:
1) il governo a trazione FdI mostra sempre più la sua anima corporativa volta a dividere il paese secondo lo schema degli interessi specifici delle singole categorie. Uno schema ben riferito al profondo dei settori sociali del lavoro autonomo di più o meno grandi dimensioni, rivolto prevalentemente alla produzione di beni da esportazione e da remunerare attraverso l'evasione fiscale con una crescita del quadro di disuguaglianze all'interno e tra le diverse parti del paese. Tutto questo mette da parte problemi attuali come l'ambiente, la salute pubblica, la sicurezza, le migrazioni. Non a caso FdI si appoggia al gruppo di Visegrad proponendo un nazionalismo difensivo con argomenti utili per sottrarre consenso ai partner del centro-destra (si vedano i risultati elettorali al Nord con l'egemonia strappata alla Lega);
2) Dall'altra parte sembra prevalere uno schema di affidamento neo-capitalistico dei grandi temi dell'ecologia e della digitalizzazione (schema che accomuna la nuova dimensione PD e l'attuale gestione M5S). Un neo-capitalismo che si rivolge prioritariamente ai settori sociali capaci (in una qualche misura) di sostenere la battaglia per i diritti civili e quella per le grandi transizioni senza proporre una modificazione di fondo dei rapporti di classe e dei propri stili di vita. Una connessione che permette di definire il nesso tra "liberal" e "radical": denominazioni diverse che discendono entrambe da una concezione liberale di tipo utilitarista.
Sarà il "digital divide"(che comprende i temi della cultura, della scuola e dell'università) la nuova frontiera della determinazione di classe? "digital divide" elemento di chiaro stampo individualistico utilizzato forse pensando che la "propria felicità" racchiusa nella capacità di utilizzo dell'AI possa concorrere a fare la felicità di tutti. Una capacità che richiede però una non facile estensione dei livelli di conoscenza. Beninteso entrambi gli schieramenti: quello del nazionalismo difensivo e quello del neo-capitalismo radicale stanno evitando accuratamente di affrontare il tema della guerra nel senso del rapporto Europa/Nato, e sembrano entrambi (pur da differenti punti di vista) considerare il tema europeo soltanto come semplice fattore di opportunità redistributiva.
3) Questo quadro tiene ai margini dai propri blocchi sociali di riferimento le prime vittime dalla crescita delle disuguaglianze e di conseguenza restringe i margini della possibilità di incidere sulle dinamiche politiche (ripristinando anche, almeno in apparenza, la logica dell'amico/nemico). Da un punto di vista che vorremmo ostinarci di definire "di sinistra" rimane quindi tutto intero sul tappeto il tema di una possibilità di incidenza sul blocco "radical" in modo da proporre una riarticolazione inclusiva degli esclusi (a tutti i livelli).
In termini più chiari si tratta della questione della presenza socialista a livello di teoria e di rappresentanza. Con un avvertimento: una teoria socialista del XXI secolo non può sfuggire alla necessità di rovesciare il concetto lineare di progresso che ci ha accompagnato nel corso del secolo precedente (in particolare nei "30 gloriosi" seguiti alla fine della seconda guerra mondiale). Attorno al tema della pace come valore universale va costruita un'idea concreta di "senso del limite" che ci è già capitato di battezzare "socialismo della finitudine".
4) A questo punto, se si accenta come principio una "necessità socialista" rimane da aprire una discussione sulla forma che potrebbe assumere nel piccolo del sistema politico italiano questa presenza di socialismo dell'uguaglianza e del limite : ritorna l'antico dilemma : una propria presenza identitaria raccolta organizzativamente in soggettività politica oppure parte di una grande schieramento evidentemente a egemonia radical, all'interno del quale dotarsi di una precisa rappresentazione di identità? Questo interrogativo porta alla necessità di un dibattito molto ampio nel quale toccare anche i temi istituzionali, della legge elettorale, della forma di governo, del sistema territoriale delle autonomie. Una discussione difficile ma che è urgente e necessario affrontare con concretezza d'intenti.

RIGASSIFICATORE E REGIONE TOSCANA
di Girolamo Dell’Olio

 
Eins, Zwei, Polizei / Golar Tundra macht frei! Lo sillabo a mo’ di preambolo rap a questa ragazza dal fisico asciutto, snella, un’andatura che direi nord-europea. Si è tolta le cuffie mentre le allungo ‘Giani, o della solitudine’. Mi guarda, sorride e ‘Scusa, ma non parlo tedesco!’
Non è fiorentina, ma italianissima. E allora traduco, e spiego il senso di questa contaminazione in salsa piombinese fra il tormentone techno di metà anni Novanta e il lugubre messaggio all’ingresso del campo di Auschwitz. È vispa, non ha bisogno di dettagli, sa già di che si parla. E salutando aggiunge: ‘Ma anche con Nardella non è che siate messi tanto bene, no?’
Come darle torto? Solo poterla fermare! Impossibile. E però il nostro volantino in mano ce l’ha: potrà sempre trovarci!
Poco prima, era stato il turno di una coppia di mezza età. Volendo, incoraggiante, dall’aspetto e dallo sguardo. Non l’avessi mai pensato! Lui, si vede, vuole leggersi il cartello per benino fin in fondo. ‘Prego!’, gli faccio stendendo il braccio. ‘No, no, tanto ho già la mia opinione’, replica con l’aria che non te lo dico ma hai capito come la penso. E allora, à la guerre comme à la guerre, la butto in paradosso: ‘Bravo! Quante ne vogliamo, di queste navi? Tante! Tante! Non sarà un po’ poco una sola?’ Condivide annuendo.
E allora ricarico, come un venditore di tappeti stile Mentana: ‘Gas americano, sì, a poco prezzo! Veloce e conveniente.  Riempiamo l’Italia di rigassificatori!’
La risposta è secca e scientifica, un po’ come abbiam visto fare a tanti virologi da talk show nella gloriosa stagione del Covid: ‘No, ne bastano tre, ne bastano tre!’ Pari pari la lezione della televisione, dell’Eni, di Nomisma, appunto. Imparata a menadito. Inutile che io seguiti a pubblicizzare il gas a stelle e strisce, che ‘costa pochissimo, costa molto meno!’: si è accorto dell’ironia, e da lontano mi lancia l’ultimo guanto di sfida: ‘Sì, ma la diamo l’alternativa? Qual è l’alternativa?’ Non c’è spazio per un trattato: devo limitarmi all’essenziale: ‘La prima alternativa è non fare la guerra! Non è la nostra guerra. È la loro guerra!’ E lì il dialogo non ha più gambe.



Una prof. spende molte parole sagge e stimolanti nell’illustrare il bugnato del palazzo michelozziano prima residenza fiorentina dei Medici mugellani. I ragazzi la seguono con un’attenzione invidiabile. Quasi quasi adesso ha finito, ripartono lungo il mio marciapiede per San Marco e ci provo: ‘E se facessimo un piccolo intermezzo di sana architettura contemporanea?’, e indico la Tundra con la nuca del Principe in primo piano. La prof. mi restituisce un sorriso amabile quanto inaccessibile: magari sì, ma un’altra volta.Siamo colleghi: contraccambio con un sorriso parallelo di empatica comprensione.
‘Giani era proprio qui dietro l’ho appena visto’, mi confida questa guida turistica col suo gruppetto per Palazzo Medici Riccardi. E davvero, col canonico ritardo, si rimaterializza: entra in fretta circondato da un gruppetto ma non mi lesina da lontano il suo squillante ‘Ciao!’. Non sembra incuriosito dalla silhouette della Golar sul cartello. Probabilmente il volantino gliel’hanno già letto: l’ho spedito da casa in Regione in mattinata.
‘Adesso abbiamo “la nave della libertà”! ‘Un ci se n’era accorti, ma a Piombino gli è toccata la libertà senza neanche meritarsela, eh?’
Sguardo rassegnato di consenso e di impotenza in quest’uomo che ne ha viste già troppe, e nulla più lo sorprende. E in barca forse i remi li ha tirati da un pezzo.
Last ma non least, questa donna che invece è pronta a remare, ma cerca i compagni di viaggio, e non li trova. ‘In che mondo stiamo finendo?’
‘In un mondo alla rovescia’
‘Alla rovescia! Guardi quello che sta succedendo. Noi stiamo lasciando coalizzare le due più grandi potenze nucleari del mondo, e le più folli’
‘E gli isolati sarebbero loro, capito?’
‘Io non lo so. A volte mi sembra di essere pazza. Perché vedo tutti e dico, ma è possibile che son tutti… Poi, meno male, ogni tanto incontro qualcuno. Siamo nei pazzi! Ora, invece di prendere la palla al balzo, io dico facciamo almeno finta di considerare queste proposte di pace! e invece no. E meno male che Biden e la Nato dicono che questa guerra non può finire sul campo, perché sarebbe la fine dell’umanità ma intanto, invece, la prolungano! A volte ho dei seri dubbi sulla mia tenuta mentale. Ho anche scritto un libro ‘Versi per la pace
‘E invece quella bandiera arcobaleno è finita in mani pessime!’
‘E si straparla di diritti civili…’.

 

CASA DELLA POESIA AL TROTTER




SALA DEL GRECHETTO
TraduzioneTradizione




 

NISIVOCCIA ALL’ANTEO 




mercoledì 22 marzo 2023

ECCO COME VOGLIONO LA PACE


Gli Stati europei della Nato stanziano 2 miliardi di euro di aiuti militari all’Ucraina (Italia compresa). Gli Stati Uniti forniranno un milione di proiettili perforanti. Per la pace e il dialogo non investono un centesimo. Né fanno alcun tentativo per una via d’uscita. Lavorano tutti alacremente per la catastrofe. Nessuno potrà dire di non aver saputo.

DONNE E PACE

Meloni e Schlein

Speriamo che da ora in poi ci verrà risparmiata la disgustosa retorica sulla presunta “genetica pacifista” delle donne. Ecco due esemplari di donne “pacifiste” al potere. Una è dichiaratamente di destra, l’altra si dice di “sinistra”, ma hanno la stessa idea sulla guerra. Guerra che è sempre assassina e criminale. Il Parlamento italiano è pieno di donne e tante di loro hanno ruoli importanti nel Governo e dentro i singoli partiti. Sono tutte per la guerra e per l’invio di armi, senza alcuna differenza. Mi è tornato alla mente questo mio vecchio aforisma dal titolo Diffidenza popolare. Lo ritengo un’ottima bussola per orientarsi: “Figlio, se vuoi sapere da che parte stanno, ascolta cosa propongono, verifica cosa realizzano”.

 

VECCHIAIA
di Vittorio Melandri

 
Una bella pagina del Corriere della Sera di lunedì 20 u.s., ha risvegliato un commovente ricordo, che l'avanzare dell'età rende più vicino. Amo il teatro, ma una sola volta ho avuto il privilegio di tributare una lunga ovazione in piedi, ad un grande attore. All’unisono, tutto il pubblico, in preda ad una commozione davvero palpabile. È successo la sera del 10 maggio 1996, al Teatro Nuovo di Milano, al termine della rappresentazione di una replica di, Le ultime lune, di Furio Bordon. Per tutto il secondo atto, in scena, da solo, a dialogare con una piantina di basilico, era: Marcello Mastroianni. Interpretava un vecchio, prossimo a vivere in solitudine, le sue ultime lune, e Mastroianni onorò, quello che si rivelò poi essere il suo ultimo impegno, con la maestria di sempre, ma con un’adesione al ruolo, forse, davvero unica nella sua carriera, e sorretto, per dirla con le sue parole, dal desiderio di: “Tornare a fare la dieta teatrale. Ogni tanto ci vuole un po’ di pulizia”. Affrontare la vecchiaia, e la morte, di dieta e pulizia, dell’anima e della mente, ne richiede tanta, nella nostra società; ché, vecchiaia, morte, anima e mente, le rifiuta in blocco, oppure, preferisce ammantarle tutte, di ipocrisia, cinismo o carità. “I vecchi dovrebbero essere sacri perché è sacro e terribile il momento in cui un uomo cessa di vivere”. Così scrive Bordon e recitava Mastroianni; ma il sacro ormai nel nostro mondo, è sempre più confuso con vana (e mi si lasci dire: stupida) superstizione, e dove dovrebbe agire il rispetto, il sacrosanto bisogno di aiuto reciproco, che deve essere organizzato al meglio, per essere rivolto a tutti gli esemplari della specie, giovani o vecchi che siano; si preferisce invece aspettare, e poi ammirare e lodare, stupefatti, i miracoli. In genere opera di cialtroni, laici o chierici, di alto, medio, o basso profilo. “Straziante è l’impazienza di quel vecchio cui sembrano troppo pesanti da vivere persino i pochi giorni che gli restano”. Superare lo strazio di cui ha scritto Bordon e che ha recitato un’ultima volta Mastroianni, è forse, il solo miracolo, che anche questa estate (scrivevo dopo la prima estate del Covid), tanti vecchi hanno compiuto; però, restando vivi, non si sono guadagnati i titoli dei giornali. Anni or sono ho letto Corrado Augias citare Paul Simon, e affermare: “I vecchi assomigliano alle ultime pagine di un libro, le più dense e fruttuose, prima della parola fine”.

 

CASA CRESCENZAGO 




A CITTANOVA




 

martedì 21 marzo 2023

DUE APRILE IN PIAZZA DELLA SCALA

 
Segnatevi questa data e partecipate in massa. Mandate in giro a tutti i vostri contatti, diffondete. Dobbiamo essere in tanti. Stanno addestrando in Italia soldati ucraini. Gli daranno missili per colpire i russi esponendo le nostre vite e quella della nostra nazione alla rappresaglia nucleare. Hanno stanziato milioni di euro per foraggiarli di armi, ma tagliano le spese sociali e la sanità. Stanno portando l’Italia in guerra e sono tutti complici: presidente della Repubblica, Governo, Parlamento, partititi politici, stampa compiacente. Facciamo sentire il nostro dissenso pacifista, facciamogli sapere che riteniamo queste scelte tragiche e rovinose.
Ricostruire Pace 

ERGA OMNES
di Vittorio Melandri

 
Per vivere in comunità, piccole o grandi che siano, siamo "condannati" a darci delle regole. Per quanto banale dirlo, non esiste modo di circolare in automobile senza investirci gli uni con gli altri, senza convenire che tutti si tenga la destra, come in gran parte del mondo, o la sinistra dove “regna” la tradizione inglese. Una volta stabilite, tutte le regole non possono che essere valide per tutti. Per nostra fortuna esistono attività e comportamenti che possono essere regolati con norme che permettano, e non con norme che obbligano. Purtroppo non esiste Dio che, anche una volta concesso il libero arbitrio (di andare all’inferno o altre simili località), abbia dettato agli umani norme che “permettano”, tutte le divinità dettano leggi che “obbligano”.  La civiltà umana, intesa in senso positivo, è per quanto appena detto, cresciuta separando progressivamente i codici divini, per loro natura trascendenti anche quando vietano di mangiare il maiale o impongono sia di magro il venerdì santo, dai codici umani, immanenti e costruiti appunto non solo per obbligare, ma anche per permettere, lasciando in tali casi, a ciascuno la possibilità di adottare il comportamento che preferisce. Cito per esemplificare. Quando sento il “commander-in-chief” degli USA, concludere i suoi discorsi con la formula “Good save America” mi viene un brivido di tristezza. Quando accade in Italia che politici cattolici di grande influenza, nei loro comportamenti politici, siano prima cattolici e solo poi politici, mi convinco sempre di più che la salvezza che conta, quella terrena, si allontani sempre di più.

   

BRESCIA

David Maria Turoldo

Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, via Trieste 17 - Sala della Gloria, 28 marzo 2023, ore 11
 
Dams Teatro UC Brescia e Performedia presentano
David Maria Turoldo
Biopicteatro
 
Riduzione e adattamento dell’opera teatrale di Renzo Ricchi
La porta del silenzio. David Maria Turoldo tra profezia e poesia
a cura di Claudio Bernardi e Giuseppe Langella.

 

POETI
 


Per la prima volta in Italia le poesie della contessa Anna De Brémont, tradotte da Valeria Di Felice.
 
Per la prima volta grazie alla Di Felice Edizioni arrivano in Italia le poesie della contessa Anna De Brémont, donna dai vari talenti affascinante e controversa nel panorama internazionale tra Ottocento e Novecento. Nata a New York, trascorre la giovinezza a Cincinnati (Ohio) e poi, dopo la morte del marito, va a Londra e intraprende un tour internazionale, soprattutto in Europa e in Sudafrica, che la vede protagonista in più ruoli: conferenziera, poetessa, attrice, cantante, giornalista. Amica di Oscar Wilde e della sua famiglia, è una figura che con l’esempio si batte contro un modello culturale che invitava le donne a non esprimersi se non come mogli e madri. “Anna porta la sua intraprendenza americana nella società vittoriana. Diventa non solo testimone ma soprattutto promotrice di un’immagine femminile innovativa, in transizione verso nuovi ideali e possibilità. In contrasto con i pregiudizi del suo tempo, coltiva il suo talento e le sue ambizioni, nonostante diventi bersaglio da parte di benpensanti”. Prosegue la curatrice e traduttrice Valeria Di Felice: “Non è mai stata tradotta in Italia. Questo libro spero rappresenti un primo passo per una conoscenza più approfondita delle sue opere e della sua attività. Sonnets and Love Poems è una raccolta poetica pubblicata nel 1892 a New York e dedicata al marito Èmile Léon de Brémont. Il filo conduttore di tutte le pagine è l’amore cantato in tutte le sue forme: da quello fraterno a quello passionale, da quello amicale a quello materno, dall’amore impossibile a quello desiderato, da quello per un uomo a quello per la danza, il canto, l’arte”.
Valeria Di Felice fonda nel 2010 la Di Felice Edizioni, casa editrice italiana specializzata nella poesia. Ha pubblicato varie raccolte poetiche che sono state tradotte in arabo, nederlandese, romeno, spagnolo. Nel 2016 ha curato l’antologia poetica La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre, nel 2017 la miscellanea di critica e poesia Alta sui gorghi e nel 2019 il volume Antonio Camaioni. Nell’ordine del caos. Nel 2018 ha tradotto, in collaborazione con Antonella Perlino, il libro di racconti della scrittrice marocchina Fatiha Morchid, L’amore non è abbastanza e nel 2023 la raccolta poetica Sonetti e poesie d’amore di Anna De Brémont.



Anna De Brémont
Sonetti e poesie d’amore
cura e traduzione di Valeria Di Felice
Di Felice Edizioni, 2023
Pagg. 256 euro 25  
con testo inglese a fronte.

 

RICERCHE DI MORTE



Ciao, Angelo
Sono d'accordo con te per quanto riguarda la tua risposta alla petizione sul tribunale internazionale dell'Aja però vorrei che venissero citati anche tutti gli studi criminali che si stanno svolgendo nei biolaboratori per produrre virus sintetici letali (e anche di natura etnica) da usare come armi, quanto si sta ricercando in altri laboratori per creare superguerrieri e quanto si sta facendo per rendere l'Intelligenza Artificiale sempre più uno strumento di guerra autonomo... Il suddetto tribunale, interpellato recentemente dal prof. Tritto, ha risposto di non avere contezza di quanti biolaboratori esistano nel mondo: in Italia esiste un biolab a Sigonella (trasferito dalla precedente sede in Egitto a noi!) ed un altro per la ricerca biologica sui superguerrieri a Trieste, sono zone extraterritoriali! Inoltre si parla di realizzare altri biolab a Padova, Pisa, L'Aquila, Pesaro... Da quelli esistenti da anni negli USA sono sfuggiti a più riprese vari virus provocando guai, senza parlare di quello che è successo in Cina e che ci ha coinvolti tutti per responsabilità non solo e probabilmente non prevalentemente della Cina stessa... Queste cose che ti ho detto - insieme alla guerra in corso e alle guerre in genere - sono la fonte principale delle mie preoccupazioni e della mia indignazione perché non vengono allo scoperto: il professor Tritto afferma che tutto ciò ha a che fare con il Transumanesimo e la volontà di cambiare il sistema immunitario dell'Umanità... Dimmi cosa ne pensi, per favore! Buona giornata!
Nicoletta Negri

 

lunedì 20 marzo 2023

CRIMINALI DI GUERRA, GIUDICI E IDIOTI
di Angelo Gaccione
 
Corte dell'Aja (Dov'è stata finora?)

In genere firmo e sostengo tutti gli appelli che mi arrivano da ogni dove, per cause che ritengo giuste, e non mi limito come la maggior parte fa, ad una semplice adesione formale. Quasi sempre porto il mio corpo là dove il dissenso si concretizza occupando uno spazio fisico, cosa che dovremmo fare tutti, in specie ora, contro il rischio reale di una deflagrazione nucleare. Ho rifiutato, invece, di firmare l’appello degli amici avaaziani promosso da Bert Wander di cui riporto il testo. “Cari avaaziani, il più importante tribunale penale al mondo ha emesso un mandato d’arresto per Putin! Siamo più vicini che mai a fargli* rispondere dei suoi crimini di guerra in Ucraina, e per le sofferenze indicibili che sta causando. La nostra pressione ha contribuito ad arrivare fin qui, ora serve che i governi di tutto il mondo aggiungano forza a questa decisione. Raddoppiamo gli sforzi per questo appello di giustizia: per favore aggiungi ora la tua firma! PS: dimostriamo a Putin che non è al di sopra della legge!”.



Come mai non l’ho firmato? È molto semplice: perché mancano all’appello molti altri criminali. Gli amici di Avaaz possono andare a rinfrescarsi la memoria sul mio pamphlet Scritti contro la guerra pubblicato da Tralerighe Libri nel 2022 e che la stampa “democratica” e “progressista” del mio Paese ha ignorato). Come ho abbondantemente scritto in questo lungo anno di guerra, per me sono criminali e dovrebbero essere rinchiusi al 41bis – mi scuso se non propongo per costoro l’impiccagione come meriterebbero, ma in gioventù ho fatto una strenua battaglia per l’abolizione della pena di morte e pubblicato anche un libro collettivo dal titolo L’albero di Tyburn. La pena di morte e gli intellettuali e ora che sono vecchio non ho cambiato parere in merito – tutti i capi di Stato e di Governo che hanno costituito alleanze militari, si sono dotati di armi e di eserciti con cui massacrano popolazioni intere di civili, devastano città, patrimoni culturali irripetibili, creature pacifiche e beni naturali preziosi per la nostra sopravvivenza. Sono criminali tutti coloro che inventano, producono e commerciano armi portando, impunemente, morte in ogni dove. E lo sono, va da sé, Zelensky, Boris Johnson, Biden, la Nato, i governanti americani, quelli di casa nostra e via elencando. Ma non mi risulta che sia stato emesso un mandato di cattura nei loro confronti, e il Tribunale dell’Aja ha dormito in tutti questi anni, ed ha fatto finta che morte, devastazione, profughi, rovine, mutilati li abbia inventati Putin.

 
Ecco, se gli amici di Avaaz faranno una lista esaustiva da presentare al Tribunale dell’Aja non solo firmo, ma mi darò da fare in prima persona. Per ora mi sono limitato ad informarli che questo del Tribunale dell’Aja è un errore clamoroso. E ho posto loro queste semplici domande: chi tratterà ora la pace con un criminale di guerra? Siamo consapevoli che una Russia accerchiata può precipitarci tutti nella catastrofe nucleare? Sì, è davvero uno stupido errore che potrebbe cancellarci tutti: americani, europei e idioti compresi.
 
*Così nel testo.

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