Pagine

venerdì 7 aprile 2023

EVOLUZIONE
di Vittorio Melandri


La terra non è nostra, siamo noi ad essere della terra.
 
L'astrofisica Giovanna Tinetti ha firmato un articolo uscito il 2 febbraio u.s. su “Domani”, in cui fra l'altro ha scritto quanto segue: Minerali antichissimi, ci rivelano che prima della comparsa della vita, sulla Terra c'era pochissimo ossigeno. Cosa è successo poi? I primi organismi presenti sulla Terra sono stati i procarioti, che si sono sviluppati utilizzando come sorgenti di energia per vivere e riprodursi vari tipi di specie molecolari chimiche. Alcuni di loro, i metanogeni, producevano metano mangiando anidride carbonica e idrogeno molecolare, altri si nutrivano di ioni di ferro. E un certo punto alcune di queste specie cominciano a produrre come sostanza di rifiuto ossigeno molecolare in atmosfera. E come può avvenire in un'evoluzione darwiniana, alcune altre specie, con il passare dei milioni di anni, impararono ad utilizzare l'ossigeno molecolare come uno dei reagenti del loro metabolismo. La vita complessa, fatta da organismi pluricellulari, è energivora, e si è potuta sviluppare sulla terra grazie all'uso dell'ossigeno come sostanza metabolica e alla quantità di energia disponibile per unità di tempo. (…) Se la vita è presente, la vita modifica l'atmosfera di un pianeta e crea dei disequilibri chimici”. Scusandomi per la lunga citazione, da profano, ne ricavo alcune personali convinzioni. Noi ci siamo grazie ai procarioti. Noi ci siamo perché alcune forme di vita hanno utilizzato quello che per altre era un - rifiuto -. Noi ci siamo perché la vita determina disequilibri, senza i quali altra vita non potrebbe esserci. Azzardo che il mitologico Sisifo, se non vedesse ogni volta rotolare a valle il macigno che spinge sino alla vetta, se il macigno restasse una volta per tutte in vetta, sarebbe testimone della fine della vita. E la terra che non ha confini, che non conosce imperi, che vive di disequilibri, farebbe tranquillamente a meno di noi, che da perfetti - idioti -, credendo di tagliar fuori altri, ci siamo chiusi dentro noi in fantomatici confini, noi che incuranti della caduta di tutti gli imperi, crediamo ogni volta che l’ultimo sia per sempre, noi che ci illudiamo che il nostro sia - un centro di gravità permanente - intanto che tutto cambia, contro la nostra più stolta illusione che tutto resti come vogliamo.