25
Aprile 2023 “Violenze
e sopraffazioni di minoranze etniche. Fanatismi. Nazionalismi galoppanti.
Clamorose retromarce persino rispetto ad assodate verità scientifiche,
oscurantismo e bigottismo. Rifiuto della storia”. C'è tutto questo dietro a
frasi come quella della definizione di "Italiani" dei Martiri delle
Fosse Ardeatine e nell'idea della "Sostituzione etnica" davvero degna
dei Suprematisti Bianchi collocati a destra del "Tea Party". La
novità del 25 aprile che stiamo per ricordare è quella che, al di là delle
frasi di circostanza e delle presenze più o meno opportunistiche e strumentali
cui ci sarà dato da registrare, siamo di fronte a un vero e proprio razzismo
di governo. Il ritorno di un’ideologia di tipo fascista fa parte
oggettivamente di questo vero e proprio “arretramento storico" che
rappresenta il vero e proprio elemento fondativo di questa fase. È il caso,
allora, di rammentare non semplicemente cosa è stato il fascismo ma di
sottolineare quanto ne persista nella realtà. Veri e propri rigurgiti fascisti
si avvertono anche a livello di schemi culturali, di comportamenti a livello di
massa, di opzioni politiche concrete. Rigurgiti fascisti che avanzano senza
ricevere quel contrasto che meriterebbero. La
situazione attuale, nella quale si stanno riproducendo soprattutto i temi
deteriori del razzismo, deve essere affrontata attraverso l’indicazione
costante della negatività assoluta dei principi che il fascismo ha
rappresentato, comparando con grande attenzione ciò che avvenne allora con la
realtà di oggi. È necessario ricordare che la Resistenza non è stata il derby
tra fascisti e comunisti. Serve allora un 25 aprile non ecumenicamente
“afascista” di generica unità nazionale, di violantenismo di ritorno, ma
un 25 aprile antifascista. "La pacificazione nazionale" avvenne quel
giorno con la vittoria della libertà nella democrazia. Ricordiamo prima di
tutto chi ha costruito l’antifascismo nell’Italia del ventennio. Rammentando
allora: 1)
Quale era la composizione sociale e politica di gran parte dei condannati dal
Tribunale Speciale; 2)
La composizione sociale e politica dei 135.000 eroi che votarono contro nel
plebiscito fascista del 1929. Erano quelli tempi nei quali il popolo purtroppo
aveva ancora bisogno di eroi; 3)
La composizione sociale e politica degli italiani che combatterono in Spagna
nelle brigate internazionali dalla parte della Repubblica; 4)
I luoghi dove si alimentò ancora, anche nei momenti più duri e del delirante
consenso al regime, l’antifascismo militante; 5)
La composizione sociale e politica delle migliaia di deportati a Mauthausen
dopo lo sciopero del 1° marzo 1944 e giorni seguenti fino alla razzia di Genova
del 16 giugno 1944; 6)
Ancora la composizione sociale e politica delle brigate partigiane, dei GAP,
delle SAP, dei gruppi di difesa della donna, del Fronte della Gioventù. 7)
Di fronte a chi si arresero i tedeschi a Genova: unica città d’Europa dove
avvenne quel fatto straordinario dell’arrendersi delle truppe germaniche
davanti ai partigiani?
Soprattutto
è necessario ricordare come la ricchezza dei contenuti e delle forme di lotta
espressa in quel momento dalla classe operaia risultò assolutamente
determinante per conseguire l’obiettivo primario dell’abbattimento del fascismo
e della vittoria sul nazismo. Da
quella classe operaia sorse la Resistenza e nacquero la Repubblica e la
Costituzione. Una Costituzione inapplicata per lunghi anni e che si sta
tentando di distruggere nei suoi elementi fondamentali dell'unità del paese e
della (dimenticata) centralità del parlamento. Senza dimenticare naturalmente
che le modifiche attuate alla nostra Carta Fondamentale (tutte peggiorative:
titolo V, articolo 81, riduzione del numero dei parlamentari) ha interessato
uno schieramento parlamentare articolato, con la destra che - oggettivamente -
ha avuto una parte secondaria. Nella fase dell’immediato dopoguerra durante il
complesso periodo della riconversione dell’industria bellica, della
ricostruzione del Paese, dei tentativi di consolidamento della democrazia, la
classe operaia e contadina pagò ancora un tributo di sangue, nell’occupazione
delle fabbriche e delle terre: da Portella della Ginestra a Modena, da Melissa
a Montescaglioso, da Avola a Battipaglia fino all’estate del ’60, quando a
Reggio Emilia, Licata, Palermo, Catania furono uccisi dalla Polizia operai
antifascisti scesi in piazza per protestare contro un governo sostenuto dagli
eredi della Repubblica di Salò, diretti progenitori politici degli attuali
governanti. Tutto questo itinerario storico non può essere confuso dentro
accenni generici. La Resistenza va ricordata nella sua realtà e nell’interezza
della dimensione sociale e politica. Per fare questo efficacemente serve la
memoria: occorre coagulare il ricordo in storia, il radicarsi della memoria nel
vivo dei processi sociali e politici. La nostra forza, infatti, nel voler
riaffermare i valori di una Comunità è rappresentata dalla memoria attiva. Quella
memoria attiva che ci consente ancora di affermare come il 25 aprile sia la
data più importante della storia d’Italia.