Mala
tempora currunt sed peiora
parantur. Il
cartello che vedete nella foto è stato affisso al palo di un lampione davanti
all’Università Statale di Milano in via Festa del Perdono. L’ammasso di
mozziconi di sigarette, e il resto, ha spinto alcuni degli abitanti di via
Laghetto a stampare ed esporre il cartello. L’Università è (o almeno dovrebbe
essere) un luogo in cui degli uomini e delle donne imparano e si formano. Il
risultato dovrebbe essere una visione sgombra da pregiudizi, l’acquisizione di
un solido bagaglio di sapere, un minimo di consapevolezza civica e, dunque, il
rispetto per ciò che ti sta intorno, che appartiene a tutti. Soprattutto se si
tratta di un luogo così affascinante per storia e per valore artistico. Gli
autori del cartello si sono presi la briga di segnalare, a proposito dei
mozziconi di sigarette, una serie di informazioni. Dieci anni di tempo impiega
un mozzicone per decomporsi; cinquecento anni una lattina di alluminio; mille
anni un bicchiere di plastica, una bottiglietta, una vaschetta usata per il
cibo e abbandonata persino lungo il colonnato di questo straordinario edificio.
Quand’ero giovane mi ero illuso che la cultura, il sapere, i libri e le
discipline estetiche (la musica, l’architettura, l’arte in generale) avrebbero
avuto sugli individui una sorta di potere magico: incantarli, renderli
migliori, ingentilire il loro animo, spingere a provare orrore per la guerra,
avere rispetto per l’ambiente in cui vivono e per quanto ci è stato tramandato.
Mi ero illuso e la vecchiaia ti consegna impietosamente le prove di queste
illusioni. Né la cultura, né l’istruzione rendono migliori gli uomini; non è un
caso che le scelte peggiori, sia di governo che di amministrazione pubblica,
sono opera di gente che ha frequentato le migliori università, e di certo non
ignora il valore di arte, storia, decoro. L’indifferenza dei bipedi nei confronti
del loro habitat, e nei confronti della vita stessa, non trova riscontro in
nessun altro essere presente in natura.
La villa di via Crema
Quello che è
avvenuto qualche giorno fa tra via Crema e piazza Trento (siamo a qualche
centinaio di metri da Porta Romana) ha dell’incredibile e mostra a dismisura il
degrado civico e morale prodotto da sete di guadagno e ignoranza. Un privato (o
dei privati), ha potuto abbattere una villa del 1926 sopravvissuta al tiro a
segno degli anglo-americani su obiettivi non militari a Milano durante la
Seconda guerra mondiale, nell’indifferenza di Comune, Sovrintendenza,
Assessorati dalle molteplici denominazioni. C’era stato un tempo in cui la
casa, la bella casa, era un segno di distinzione: indicava buon gusto e
rispetto civico, perché la bellezza (parola di cui la retorica italiana si
nutre in astratto e a chiacchiere) si riverberava immediatamente dentro lo
spazio pubblico e lo migliorava esteticamente. Altrettanto avveniva allo
sguardo dei cittadini che ne provavano ammirazione, perché l’orrore ci
disturba, il brutto lo si rifugge; ma l’armonia e la bellezza ci rassicurano,
ci fanno stare esistenzialmente bene e dovremmo custodirle. Tutte le volte che
ho portato amici provenienti da altri luoghi a vedere qualcosa che non
conoscevano ne sono rimasti favorevolmente stupiti, ed io ero fiero che la mia
città quei tesori li possedesse.
Mentre la sventrano
Davanti alla
villa abbattuta di via Crema ci passavo di continuo. Ci sono altre case primi
Novecento niente male, ma poiché affacciava anche su piazza Trento, la villa ingentiliva
tutto il viale Isonzo e si distingueva perché era ampia e non soffocata da
altri edifici. Pochi metri più in là c’è la casa dove abitò il pittore
futurista Umberto Boccioni, sulla cui facciata da tempo c’è una lapide che la
segnala. Per la sua posa credo di poter tributare qualche merito anche ai miei
scritti. Quella villa e questa casa erano un buon motivo per sciamare in queste
vie alla ricerca di angoli dignitosi, ma non è importato che ai pochi cittadini,
i soli che si erano opposti all’abbattimento chiamando in causa il Comune della
città. Ma è rimasto in silenzio.
A futura memoria
Quando il palazzone moderno di una decina di
piani si leverà sul suolo che ha maciullato la villa, frutterà una quantità di
denaro agli artefici della speculazione immobiliare. Ne saranno contenti e
appagati: è intorno agli interessi personali e al guadagno che ruota il mondo. Gli
aspetti spirituali, la retorica della bellezza, la visione umana, ideale e
armonica di chi l’aveva voluta, non conta più: è disgustosa paccottiglia.
Quelli venuti dopo, magari con lauree in tasca, buoni studi e delicate maniere,
hanno imparato che sola igiene del mondo è il guadagno. Tanto guadagno. E
la bellezza un orpello inutile, di cui si può fare a meno. [Milano 28 aprile 2023]