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lunedì 8 maggio 2023

SI SOMIGLIANO QUASI TUTTI…
di Luigi Mazzella
 


Tutti insieme, come a piazza Venezia.
 
Gli americani non riescono all’interno dei loro confini a evitare sparatorie (quasi a giorni alterni) in scuole e centri commerciali con diecine di vittime scelte a caso  tra moltitudini assiepate,  ma in Italia, convertendo, dopo i democratici (tra cui gli ex comunisti duri e puri) anche Giorgia Meloni all’Atlantismo e all’Europeismo hanno compiuto il “miracolo” di liberarci da un pluralismo litigioso di opinioni e forse, secondo le voci più malevoli,  anche dal peso dei “ludi cartacei” della democrazia. C’è chi sostiene che i nostri “amici” statunitensi non ne potevano più degli italici fideismi religiosi (giudaici e cristiani) incrociati con i fanatismi politici (fascismo e comunismo); che erano stufi dei nostri tanti assolutismi in conflitto permanente e ineliminabile tra di loro; che avvertivano stanchezza per le intolleranze reciproche che rendevano impossibile, nel “Bel Paese” ogni dialogo e difficile il percorso della nostra vita collettiva. Dopo la “conversione” della “pulzella della Garbatella”, persuasa, con abili suggerimenti, a imbracciare l’ascia di guerra che rese celebre Giovanna d’Arco, contro l’odiata Russia e in favore dell’ucraino Zelensky, l’Italia è cambiata. 
Oggi gli Italiani, grazie a tale “mutamento di fronte”, hanno raggiunto in politica quella che, in altri campi, è definita la “pace dei sensi”.
La “pulzella della Garbatella”, si è mostrata una “Giovanna d’Arco” solo  a parole e per l’uso dei pantaloni al posto della gonna: sedutasi sulla poltrona di palazzo Chigi (nella speranza di occupare, un domani, il supremo seggio  del Quirinale), la giovane Presidente ha delegato al fido Crosetto il compito di alimentare i sentimenti più bellicosi degli Italiani, ha eliminato dalla mente dei cittadini ogni problema di scelta tra proposte politiche diverse; li ha praticamente convinti che solo la voglia di occupare i posti di potere può essere alla base di ogni forza politica e che lo scontro nell’agone politico deve essere visto come quello degli ultras del calcio. Solo la diversità della maglia della propria squadra rispetto a quella degli avversari legittima il “grido di guerra”. I partiti non devono minimamente preoccuparsi di differenziare il rispettivo programma da quello degli altri; non devono sforzarsi di offrire proposte “pratiche” diverse: le soluzioni dei problemi devono risultare del tutto simili e omologate. In altre parole, deve prevalere su tutto l’equazione: Meloni=Draghi=Schlein=Calenda=Renzi. Tutti insieme appassionatamente per inneggiare all’atlantismo più sperticato, per mostrarsi senza remore “guerrafondai” più della stessa America, a impegnarsi in una nobile gara diretta a superarsi nell’invio di armi a Zelensky, a spronare i giornali di partito a diffondere la propaganda d’oltreoceano e d’oltremanica (come ai suoi tempi avveniva con i bollettini del Duce), ad amare in modo sviscerato l’Unione Europea governata da vicerè graditi a Wall Street e alla City, ad accettare le proposte di Bruxelles a scatola chiusa, a considerarle  come una manna caduta dal cielo (e ciò anche se le misure bancarie assunte della De Lagarde risultano in contrasto con le opinioni del fior fiore dei monetaristi, non solo italiani), a dichiararsi i prosecutori della politica di Mario Draghi e disponibili per il bacio di pantofole  di varie autorità pubbliche (anche se un tempo criticate e contestate). In una tale melassa di amorosi sensi politici la lotta assume solo connotazioni personali, volte a stabilire chi debba sedere su troni, poltrone, cadreghini o semplici strapuntini. C’è chi obietta che con la caduta del pluralismo politico rischia di andare in sonno la democrazia e che prima o poi lo scontro politico diventerà solo personale e si baserà sulla denuncia di amori di un lontano passato secondo la prassi del metodo anglosassone. Se ciò alla Meloni va bene, il suo popolo clerico-fascista non avrà difficoltà a dire: amen!