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sabato 13 maggio 2023

TESTORI “CORSARO”  
di Federico Migliorati

Giovanni Testori
 
Tra i centenari che ricorrono nel 2023 non può passare sotto silenzio quello di Giovanni Testori, personaggio di spicco della cultura del Secondo Novecento, critico letterario e artistico, pittore, giornalista, poeta, saggista, autore teatrale (fondatore della Compagnia del Teatro de Gli Incamminati), mercante d’arte, scrittore, insomma intellettuale a tutto tondo, dal pensiero “controvento” e fuori dagli schemi nell’epoca del conformismo imperante e dell’alba del politically correct. Nato a Novate Milanese nel 1923 e scomparso all’età di 70 anni, il Testori editorialista è protagonista di una pubblicazione apparsa per La nave di Teseo nella Collana Le onde dal titolo Testori corsaro a firma di Alessandro Gnocchi, caporedattore della sezione Cultura e Spettacoli de “Il Giornale”. In poco più di 140 pagine ritroviamo l’acume e la sferzante polemica contro certi dogmi del tempo, veicolata su quotidiani come il “Corriere della Sera”, di cui fu editorialista per diversi anni firmandovi circa 800 pezzi, e sul settimanale “Il Sabato”, l’organo di Comunione e Liberazione voluto da don Luigi Giussani. Omosessuale dichiarato, cristiano cattolico lontano però da forme confessionali, nemico di ogni estremismo, Testori, “erede” artistico di Roberto Longhi e Carlo Emilio Gadda, aveva in odio la sociologia e la statistica poiché scienze “inesatte” che trasformavano l’uomo in numero. Nelle pagine troviamo un interessante confronto-percorso tra l’autore milanese e Pier Paolo Pasolini: i due, accomunati da diversi tratti di vita e di professione, condivisero diverse battaglie pur da matrici differenti e riuscirono, tra i pochi in Italia, a condurre una “politica” attenta all’umanesimo, contro le logiche perverse di dominio e di poteri “senza volto”, nutrita di una fede laica capace di guardare all’essere umano in quanto tale e lontano da ogni sovrastruttura. In questo il “corsaro” Testori è stato lungimirante e anche profetico quando accennava nei suoi scritti, fossero articoli di giornali o testi apparsi in volume, all’ideologia disumanizzante, alla macchina che avrebbero sostituito l’uomo (e non è forse così se ci riferiamo in particolare all’intelligenza artificiale?), al consumismo sfrenato che seppellendo le ideologie era divenuto esso stesso l’ideologia più deleteria e totalizzante in grado di trasformarci tutti in esseri intercambiabili, semplici prodotti. Decisamente contrario al divorzio, all’aborto, all’eutanasia, al materialismo, uomo astuto e altrettanto fragile (il testo affronta anche un suo tentativo di suicidio durante un viaggio in treno), lo troviamo impegnato sui temi del pacifismo in un’epoca, quella sul finire dei Settanta, che vide in prima linea scrittori come Carlo Cassola e Angelo Gaccione, ideatori di quella “Lega per il disarmo dell’Italia” che molto movimentò a livello etico e civile e proprio per questo subendo ostacoli e censure dall’intellighenzia tanto clericale quanto comunista e dai grandi gruppi di potere editoriale. 


La copertina del libro

Fustigatore di costumi, si trovò a contestare apertamente un’edizione della Biennale con un corsivo corrosivo e caustico per non dire degli attacchi rivolti ad alcuni eventi culturali finanziati dallo Stato per cui fecero le spese alcuni noti artisti dell’epoca. Secondo Luca Doninelli, intervistato in appendice del volume in oggetto da Gnocchi (le altre due conversazioni sono con Vittorio Feltri e Giuseppe Frangi), Testori ha avuto più di tutto un grande merito: “Leggere ciò che scriveva ci aveva fatto capire che esistevano parole che rendevano possibile vivere insieme. La violenza non doveva per forza essere l’orizzonte della società”. Il terrorismo, la religione, l’ambito sociale, la politica divenuta ancella dell’economia e ancora il dramma di Alfredino Rampi, il suicidio di un giovane milanese, i casi di cronaca nera che molti intellettuali avrebbero ignorato: di tutto si interessò nei suoi articoli Testori, a tutto prestò il proprio tempo, soprattutto portando in risalto fatti legati a cittadini anonimi e sconosciuti, nei quali egli vedeva il volto di Cristo, l’aspetto più vero e sincero di quel cristianesimo che tanto lo affascinava pur mantenendo un’inquietudine di fondo. Lo scontro, negli anni in cui scriveva e, di fatto sempre più oggigiorno, è tra secolarizzazione e tradizione: su tale dicotomia si misura il dibattito politico, civile, sociale. Sparite le avanguardie, dissoltesi le grandi visioni di massa, tutto è stato sostituito dal nichilismo, prodotto di una società alla deriva di valori e di princìpi, che non sa più distinguere tra bene e male poiché divenuti un tutt’uno. Come annota lucidamente Gnocchi, anche la critica letteraria e più in generale il giornalismo sono sempre più asserviti ai poteri dominanti in ciò creando un vulnus alla libera e corretta informazione dei cittadini: ebbene Testori, anche in questo, ha rappresentato un’eccezione, rifiutando sempre di accodarsi alle logiche di mercato e scegliendo sempre ciò che non gli conveniva. L’era dei social network con il loro dominio e l’invadenza quotidiana di essi nelle nostre vite erano di là da venire eppure già trent’anni fa questo caparbio e tenace intellettuale aveva messo in guardia da certe pericolose recrudescenze. A cent’anni dalla nascita, di Testori non si può fare a meno: delle sue invettive, della sua lucida concezione dell’uomo e del mondo, del suo appassionato attaccamento alla vita. La sua scrittura è sempre più aria pura in un tempo mefitico.