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sabato 24 giugno 2023

DEL CORREGGER LIBRI
di Angelo Gaccione

Titivillus, il demonio dei refusi

Q
uanto sia prezioso il lavoro dei correttori di bozze lo sanno bene coloro che a vario titolo si occupano di scrittura, di giornali e di stampa in genere. Ci vuole un occhio allenatissimo per emendare, ripulire, bloccare ciò che può guastare non solo lo stile, ma alterare irrimediabilmente il senso del discorso ed esporre anche ad imbarazzanti brutte figure. Potrei fare numerosi esempi, ma uno vale per tutti. “Affranto partì di buonora per precipitarsi al capezzolo di sua madre morente”. Trovarsi la parola capezzolo al posto di capezzale sulla pagina di un quotidiano il mattino dopo, farebbe sprofondare l’autore dello scritto. Non è accaduto a un quotidiano, ma è accaduto. Chi ne è stato vittima non l’ha presa bene e chi ha letto non ha potuto non erompere in una sonora risata. I giornali hanno vita breve e dunque transeat, ma i libri no. Nei libri i refusi restano spietatamente a lungo e ne minano quel poco di rispetto che gli è rimasto. Ne ho appena avuto le prove anch’io in questi giorni, e mi chiedo come avrei fatto senza l’ausilio di un occhio di lince come quello del poeta e aforista Nicolino Longo, dal momento che quando scrivo, e poi leggo, faccio una lettura mentale e non vedo assolutamente i refusi che malignamente si annidano nel testo. Aggiungeteci che sono affetto da una fastidiosa diplopia ed il quadro si tinge di nero. Longo ha messo mano a quasi duecento cartelle dattiloscritte di un mio lavoro e ha evidenziato almeno una cinquantina di refusi. E proprio al refuso ho dedicato una doppia poesia con una doppia variante. Vediamone almeno una: “Maligno si è infilato tra le righe/di una pagina che a tutta prima/pareva perfetta/e forse lo sarebbe stata/se, quel farabutto,/approfittando della svista/di un computer molto serio/e compassato,/non avesse trasformato/il passo più prezioso della prosa/da gloriose amate masse/in gloriose amate tasse”



È per questa ragione che cerco di convincere tutte le volte gli editori a mettere sui miei libri, appena dopo l’Indice, queste parole del tipografo Cavallo: “In tutte le attioni humane quasi di necessità convien che succedano de gli errori: ma dove più facilmente, in più diversi modi, et più ne possano accadere che si avengano nello stampare i libri, non ne so immaginare alcuna. Et parmi la impresa della correttione di essi veramente poterla assomigliare al fatto di Hercole intorno all’Hydra de i cinquanta capi: percioché si come quando egli col suo ardire, et forze le tagliava una testa, ne rinascevano due, così parimenti mentre co’l sapere, et con la diligenza, si emenda un errore, le più volte s’imbatte che ne germogliano non pur due, ma anco tre et quattro, spese fiate di maggior importanza, che non era il primo”.