DEL CORREGGER
LIBRI
di Angelo Gaccione
Titivillus, il demonio dei refusi
Quanto
sia prezioso il lavoro dei correttori di bozze lo sanno bene coloro che a vario
titolo si occupano di scrittura, di giornali e di stampa in genere. Ci vuole un
occhio allenatissimo per emendare, ripulire, bloccare ciò che può
guastare non solo lo stile, ma alterare irrimediabilmente il senso del discorso
ed esporre anche ad imbarazzanti brutte figure. Potrei fare numerosi esempi, ma
uno vale per tutti. “Affranto partì di buonora per precipitarsi al capezzolo
di sua madre morente”. Trovarsi la parola capezzolo al posto di capezzale
sulla pagina di un quotidiano il mattino dopo, farebbe sprofondare l’autore
dello scritto. Non è accaduto a un quotidiano, ma è accaduto. Chi ne è stato
vittima non l’ha presa bene e chi ha letto non ha potuto non erompere in una
sonora risata. I giornali hanno vita breve e dunque transeat, ma i libri no.
Nei libri i refusi restano spietatamente a lungo e ne minano quel poco di
rispetto che gli è rimasto. Ne ho appena avuto le prove anch’io in questi
giorni, e mi chiedo come avrei fatto senza l’ausilio di un occhio di lince come
quello del poeta e aforista Nicolino Longo, dal momento che quando scrivo, e
poi leggo, faccio una lettura mentale e non vedo assolutamente i refusi che
malignamente si annidano nel testo. Aggiungeteci che sono affetto da una
fastidiosa diplopia ed il quadro si tinge di nero. Longo ha messo mano a quasi
duecento cartelle dattiloscritte di un mio lavoro e ha evidenziato almeno una
cinquantina di refusi. E proprio al refuso ho dedicato una doppia poesia con
una doppia variante. Vediamone almeno una: “Maligno si è infilato tra le
righe/di una pagina che a tutta prima/pareva perfetta/e forse lo sarebbe
stata/se, quel farabutto,/approfittando della svista/di un computer molto
serio/e compassato,/non avesse trasformato/il passo più prezioso della prosa/da
gloriose amate masse/in
gloriose amate tasse”.
Titivillus, il demonio dei refusi |