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lunedì 26 giugno 2023

ERASMO
di Franco Toscani
 
Aldo Capitini

11. La spettacolarizzazione massmediatica della guerra, la sua realtà effettiva e l'esigenza della sua espulsione dall'orizzonte della civiltà planetaria.
 
Oggi assistiamo a una pronunciata estetizzazione e spettacolarizzazione massmediatica della guerra che, nei paesi in cui la popolazione non la vive sulla propria pelle, tende a esser ridotta per lo più a materia di talk-show, oggetto di estenuanti dibattiti televisivi nel "circo massmediatico" (come lo ha definito Costanzo Preve), elemento di intrattenimento e di discussione, tra una pubblicità televisiva e l'altra. Gli spettatori, comodamente seduti sulle poltrone o sui divani casalinghi, vedono scorrere anche le più cruente immagini di distruzione tra un piatto e l'altro, tra un sorso di vino e un digestivo, vedono e sentono confrontarsi le opinioni e le valutazioni dei vari "esperti" (alcuni dei quali sono pure effettivamente competenti) e "opinionisti", ma ciò che va perduto è proprio l'essenziale della guerra. Nel mondo ridotto a immagine della "società sirenico-spettacolare" (secondo la pertinente definizione di Günther Anders), tutto tende a venire anestetizzato nel grande circo massmediatico e nel chiacchiericcio televisivo. Erasmo, invece, ci invita costantemente a non dimenticare e a non sottovalutare le immani, inaudite distruzioni e sofferenze, le violenze d'ogni tipo, la crudeltà e la ferocia, l'orrore della guerra in tutti i suoi aspetti, il suo odore, il puzzo dei cadaveri e delle ferite, le epidemie che spesso l'accompagnano, il sangue, la morte nella sua inesorabilità, la perdita dei propri cari e degli affetti, la degradazione e lo svilimento dell'umano, il venir meno di ogni "qualità della vita".
Abbiamo preso in considerazione nelle pagine precedenti l'indignazione e la preoccupazione di Erasmo circa le conseguenze rovinose dei nuovi strumenti bellici disponibili al suo tempo, come le frecce intinte di veleno o le prime forme di armi da fuoco e di artiglieria. Cosa direbbe oggi di fronte all'enorme, immensa capacità distruttiva della tecnologia bellica attuale, delle bombe atomiche e dei missili intercontinentali, delle guerre interstellari per la "conquista dello spazio" che si stanno preparando, di quelli che Günther Anders definì i "mostri invisibili" ben presenti negli arsenali militari e che ci ritroviamo tutti sul capo, capaci di distruggere più volte la vita di tutti gli esseri viventi sul pianeta, pronti ad essere usati dalla follia dei potenti?

Don Milani

Erasmo non può più rispondere e siamo noi, i via via soggiornanti, chiamati a dare risposte, in una situazione caratterizzata dalla "spada di Damocle" pendente perennemente sul capo e da una capacità bellica distruttiva smisurata, fuori di ogni controllo. La voce della ragione suggerisce che qualsiasi guerra, nucleare o non nucleare, anche quella apparentemente più giustificata, non ha alcun motivo d'essere, va semplicemente messa al bando, espulsa dall'orizzonte, innanzitutto perché la possibilità della distruzione totale di tutti i contendenti in campo è comunque troppo reale e vicina. Ma la voce della ragione non di rado rimane inascoltata e risuona vanamente per molti, per troppi.
Già nella Lettera ai giudici (1965) in difesa dell'obiezione di coscienza, don Lorenzo Milani rilevava che nelle condizioni date "la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una 'guerra giusta' né per la Chiesa né per la Costituzione. A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana. (...) E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?".
È controllabile l'escalation nell'uso delle armi più letali? La risposta è secca: non è evidentemente controllabile.

M. L. King

Riprendendo questa ispirazione di Milani, papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) ha rilevato nella lettera enciclica Fratelli tutti (2020) che "a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, 'mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene'. Dunque non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile 'guerra giusta'" (VII, 258).
Ciò significa allora rassegnarsi e arrendersi anche di fronte alle ingiustizie e alle aggressioni più evidenti e insensate? No di certo. Si deve sempre stare dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori ed è bene sempre opporsi a ogni forma di ingiustizia e di prevaricazione. Si tratta però di vedere come e qui entriamo in un campo dove non esistono ricette precostituite e neppure molte certezze.
Oltre al ricorso a e al potenziamento di tutte le forme di poteri politico-giuridici sovranazionali capaci di arginare e dirimere i conflitti internazionali, oltre alla realistica, urgente e sacrosanta proposta di Luigi Ferrajoli - attenta non solo alla questione bellica, ma anche alla questione ambientale e alle crescenti diseguaglianze economico-sociali - di una "Costituzione della Terra" per "l'umanità al bivio" della nostra epoca (Feltrinelli, 2022),  va finalmente presa in seria considerazione (cosa che finora è avvenuta troppo raramente) la prospettiva della lotta nonviolenta, ossia di un'opposizione non armata, ma tenace e risoluta, in grado di contrastare le ingiustizie, le aggressioni e i conflitti tra gli stati e gli stati. La strada della lotta nonviolenta è l'unica in grado di garantire un futuro per la civiltà planetaria, se vi sarà per essa un futuro.[1]


Gandhi

Tale prospettiva di lotta - che si richiama alla grande lezione di Gandhi, Martin Luther King, Capitini, Langer e altri ancora che non possiamo qui ricordare - presenta anch'essa, ovviamente, i suoi rischi di fallimento, ma non contempla quello dell'annientamento totale. E ha poi il merito - basandosi sul confronto, sul dialogo, sull'ascolto reciproco - di fare appello e di tener conto delle eventuali buone ragioni presenti nelle posizioni e nelle argomentazioni di tutti i contendenti in campo. Insomma, mira a valorizzare non gruppi umani particolari, ma le ragioni dell'umanità intera, il senso dell'umano nella sua pienezza, l'umanità di tutti e quella che Aldo Capitini chiamava omnicrazia, il potere di ciascuno e di tutti.
Constatiamo però con amarezza il grande divario tuttora esistente fra ragione e potere, l'inefficacia/sterilità della ragione senza potere e la pericolosità/dannosità del potere privo di ragione. Come rendere possibile una maggiore compenetrazione tra ragione e potere - alla luce di una diversa concezione del potere come servizio, poter-essere, poter-fare e non come dominio - resta uno dei problemi decisivi del nostro tempo. La lotta nonviolenta per l'affermazione della giustizia e della dignità umana è dunque certamente anch'essa una scelta difficile, problematica e rischiosa, ma l'enorme potenza distruttiva accumulata dalla tecnologia bellica odierna non ci consente un'altra scelta e un'altra strada per garantire la sopravvivenza dell'umanità e di tutte le forme di vita sul pianeta.
  
Nota
[1] Per un approfondimento di questo discorso si veda F. Toscani, Gandhi e la nonviolenza nell'era atomica, Ed. Piccola Biblioteca di Odissea, Milano 2011.