Un uomo solo può far paura. Con Girolamo e le nostre lotte. Da Firenze e in ogni dove.
Battuta d’arresto: un
ginocchio che ha fatto le bizze. E allora riposo, oggi. L’occasione per un piccolo punto e a capo. Provo a
mettere insieme in poche righe qualche spunto che mi arriva dagli stimoli della
strada. Osservo con preoccupazione il ritorno collettivo al
consumismo beato e beota. Abbiamo sopportato pazientemente in questi anni di
dispotismo politico-sanitario restrizioni ai diritti naturali. Abbiamo lasciato che le nostre teste si intasassero di
menzogne. Abbiamo rinunciato all’uso della logica e del libero
arbitrio. Abbiamo permesso che venisse sondata e certificata a
livello di massa la disponibilità a obbedire senza ragionare. Abbiamo accettato che il furore ideologico che ha
guidato il processo della nostra sottomissione scivolasse lentamente
dall’emergenza sanitaria nell’emergenza energetica e in quella climatica e in
quella bellica. In tutti questi territori stiamo dando nuova prova
della nostra disponibilità a ubbidire senza ragionare. Ogni luogo ha diritto alle sue pene, in un mondo fatto
così. Ogni luogo è sotto attacco. È in corso una guerra alla città e al mare di
Piombino, per esempio. Una alla città e ai parchi di Pisa. Una alla città
d’arte Firenze. Una ai boschi del Mugello. E quante altre! Accettando la guerra all’Umanità in Europa orientale,
contribuendo col nostro lavoro a foraggiarla, stiamo accettando e foraggiando
tutte le guerre locali. Inutile rivendicare pezzetti staccati di giustizia. Se
non siamo in grado di riconoscere la radice comune della cultura della
distruzione, non potremo contrastarla con l’efficacia necessaria. Guardiamoci da coloro che ci spingono a difendere il
nostro orticello ignorando la trama che lo lega a tutti gli orti del mondo! Perché è proprio questa, credo, una delle cose che è
importante capire se vogliamo aprire a un futuro degno di essere vissuto anche
dalle prossime generazioni. L’attuale teatro della politica, che spero si possa
presto consegnare allo studio degli archeologi, ci propone brutalità
complementari, col condimento di qualche concessione placebo. Non se ne esce.
Finché sarà questo teatro il nostro punto di riferimento, si potrà ottenere al
massimo il salvataggio di un ramo, ma a condizione che crolli la pianta. Vuol essere questo, se possibile, anche un invito a
considerare quindi l’importanza del tenere collegate le nostre battaglie. Occorre costruire un organismo in cui le parti
sappiano comunicare. Occorre liberare la mente dai falsi problemi, e
l’immaginazione dagli abbagli. E farlo, magari, divertendoci!