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venerdì 2 giugno 2023

IL RAMO, LA PIANTA
di Girolamo Dell’Olio



Un uomo solo può far paura. Con Girolamo e le nostre lotte. Da Firenze e in ogni dove. 

Battuta d’arresto: un ginocchio che ha fatto le bizze. E allora riposo, oggi.
L’occasione per un piccolo punto e a capo. Provo a mettere insieme in poche righe qualche spunto che mi arriva dagli stimoli della strada. Osservo con preoccupazione il ritorno collettivo al consumismo beato e beota.
Abbiamo sopportato pazientemente in questi anni di dispotismo politico-sanitario restrizioni ai diritti naturali.
Abbiamo lasciato che le nostre teste si intasassero di menzogne.
Abbiamo rinunciato all’uso della logica e del libero arbitrio.
Abbiamo permesso che venisse sondata e certificata a livello di massa la disponibilità a obbedire senza ragionare.
Abbiamo accettato che il furore ideologico che ha guidato il processo della nostra sottomissione scivolasse lentamente dall’emergenza sanitaria nell’emergenza energetica e in quella climatica e in quella bellica.
In tutti questi territori stiamo dando nuova prova della nostra disponibilità a ubbidire senza ragionare.
Ogni luogo ha diritto alle sue pene, in un mondo fatto così. Ogni luogo è sotto attacco.
È in corso una guerra alla città e al mare di Piombino, per esempio.
Una alla città e ai parchi di Pisa. Una alla città d’arte Firenze. Una ai boschi del Mugello. E quante altre!
Accettando la guerra all’Umanità in Europa orientale, contribuendo col nostro lavoro a foraggiarla, stiamo accettando e foraggiando tutte le guerre locali.
Inutile rivendicare pezzetti staccati di giustizia. Se non siamo in grado di riconoscere la radice comune della cultura della distruzione, non potremo contrastarla con l’efficacia necessaria.
Guardiamoci da coloro che ci spingono a difendere il nostro orticello ignorando la trama che lo lega a tutti gli orti del mondo!
Perché è proprio questa, credo, una delle cose che è importante capire se vogliamo aprire a un futuro degno di essere vissuto anche dalle prossime generazioni. L’attuale teatro della politica, che spero si possa presto consegnare allo studio degli archeologi, ci propone brutalità complementari, col condimento di qualche concessione placebo. Non se ne esce. Finché sarà questo teatro il nostro punto di riferimento, si potrà ottenere al massimo il salvataggio di un ramo, ma a condizione che crolli la pianta.
Vuol essere questo, se possibile, anche un invito a considerare quindi l’importanza del tenere collegate le nostre battaglie.
Occorre costruire un organismo in cui le parti sappiano comunicare.
Occorre liberare la mente dai falsi problemi, e l’immaginazione dagli abbagli.
E farlo, magari, divertendoci!