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martedì 20 giugno 2023

L’OPINIONE
di Luigi Mazzella

 

Gli influencer.

Una volta si chiamavano sciamani, profeti, sacerdoti, santoni o, se laici, “maestri del pensiero” gli uomini di forte personalità, di particolare abilità oratoria e psicologica, di buona capacità di scrittura che fossero capaci di influire sui comportamenti e sulle scelte di determinati gruppi sociali o dell’intera società. Oggi chi ha le stesse attitudini e capacità è definito “influencer”. Il termine per la verità è nato in tempo di consumismo: influencer era denominato chiunque avesse il potere di “influenzare” le decisioni di acquisto di altre persone a causa della sua autorità, conoscenza, posizione, o capacità relazionale. Poi il significato si è ampliato sino comprendere ogni personaggio di successo, ogni individuo popolare nel sistema mass-mediatico o in quello dei social network in grado di influire nelle scelte o regole di vita della generalità dei consociati. Il rapporto con gli influencer non è sempre propriamente ottimale e non solo a causa del senso di superiorità che essi sembrano attribuirsi. In molti individui prevale l’indifferenza, in altri l’invidia per la oro popolarità e i loro guadagni abnormi; ma sono anche tanti a giungere al disprezzo e all’odio. Chi segue gli influencer è detto follower che altro non è se non la traduzione di seguace. Solitamente si ritiene che il fenomeno degli influencer sia databile solo ai nostri tempi. Non la pensava così Baruch Spinosa, il filosofo razionalista olandese ispiratore della tesi sui tre “impostori e malfattori dell’umanità”. A suo giudizio dei pessimi e nocivi influencer (ovviamente ante litteram) erano stati Mosè, Cristo e Maometto, ritenuti responsabili della morte del pensiero libero e razionale. Non vi includeva Platone, a mio giudizio, invece, altrettanto colpevolmente, all’origine di quell’idealismo iperuranico, ugualmente astratto e fantasioso, che ha dato i suoi frutti peggiori (nazifascismo e socialcomunismo) con la versione ottocentesca e teutonica di Hegel. Un razionalista di oggi non può che richiamarsi, per un Occidente divenuto “mediorientale” da oltre duemila anni per usi e costumi di vita, che all’intuizione Spinoziana. La guerra divenendo “santa” e giustificata dalla necessità di eliminare i nemici di Dio sulla Terra non ha di certo “migliorato” le condizioni di convivenza tra gli esseri umani; prima i conflitti armati erano solo di conquista e non nobilitati da intenti morali né salvifici. Così come non le hanno migliorate le teorie del popolo eletto da Dio (Gott mit uns) per guidare gli altri verso la salvezza e quelle “dell’avanti o popolo alla riscossa” dei portatori di bandiere rosse. Anche sulle origini del maschilismo (proprio della società patriarcale) i monoteismi mediorientali hanno apportato, secondo gli esperti di endocrinologia, peggioramenti notevoli. Per essi, il Padre, onnipotente, onnisciente e onni-tutto è maschio e non c’è nulla che non gli sia permesso. La “madre” è ingravidata persino a sua insaputa (com’è nel caso dell’invisibile Spirito Santo) e deve scontare il suo destino di essere stata “creata” solo sottraendo una “costola” al maschio. Gli influencer che stimolano pride e manifestazione LQGBT 1+ trovano un terreno fertile nel fatto che ebrei e cristiani (cattolici e protestanti) hanno sempre impedito ai loro scienziati di dire la verità sull’identità di genere, sugli orientamenti sessuali, sui cis e transgender e via dicendo, influenzando con false verità il pensiero dei credenti. In conclusione: la “fama”, il successo degli influencer contemporanei in Occidente, che tanti sentimenti contrastanti provocano nella gente, trovano sostegno nel progressivo degrado della vita sociale e questo non è dovuto a loro ma alla lotta alla “razionalità” perseguita dagli influencer di un passato molto remoto.