La
narrazione di Maurizio De Caro, nel romanzo Io sono il mago (Montabone
editore, Milano), va oltre la capacità colloquiale e discorsiva perché non ha
pudore; è un romanzo indagatore, è un guardarsi dentro, uno scavo psicologico
per ricordare e comunicare, esprimersi e raccontare, racchiude qualcosa di
profondo che valica l’apparenza e diviene catartica. Un ego per dimostrare la
nostra presenza nel mondo attraverso i concetti di doppio/specchio/maschera di
pirandelliana, sveviana e wildiana memoria. Un
conflitto da risolvere per abbattere il limite dell’uomo, ossia la morte. Se
da una parte attraverso i due protagonisti (Maurizio e Giuliano) si vive
appieno la vita o ci si accontenta, dall’altra si cerca il senso della vita. In
mezzo la voce del mago, un alter ego, la voce narrante della coscienza (il Grillo
parlante di Pinocchio) che non si può sopprimere, è a fianco a noi. Qui tutto
riemerge e senza il doppio non si conoscerebbero i desideri celati e repressi, inibiti
o inespressi. La voce intrinseca o estrinseca? il giudice? la morale? Secondo
Heidegger la voce arriva prima e solo nel silenzio interiore possiamo sentirla
e ascoltarla, ma non lo facciamo e non pensiamo alle conseguenze delle scelte. In
Io sono il mago la voce così pure la scrittura in stile diaristico,
epistolare e in parte anche semiautobiografico combaciano, importante di come
la parola scritta in chiave simbolica, immaginaria o reale usata in vari
registri diviene fondamentale nel romanzo di De Caro, che nel sapere mescolare
lascia fluire le parole perché sa che l’Altro/l’inconscio esige tempo per
rivelarsi. La maschera, per mostrarsi parzialmente all’esterno adattata al
contesto o alla situazione sociale, appare come ostacolo alla libertà personale
ed è qui che si manifesta la frantumazione dell’io, il contrasto tra l’immagine
che si ha di sé stessi e l’identità riflessa. Accettare la maschera che
indossiamo o avere più personalità in base ai giudizi? o ancora non abbiamo nessuna
maschera, nessuna personalità? Crisi dell’io di fronte all’ ignoto, all’aldilà?
Romanzo rizomatico, pregno di rimandi, un mago che ci mostra chi siamo, che
spariglia le certezze, i giochi. L’autore affronta tematiche esistenziali
differenti, dalla famiglia al sociale… più attento alla connessione che non
l’approfondimento, e così l’interpretazione si espanda in modo trasversale.
Io
sono il mago è un percorso penetrante e liberatorio, al contempo autentico
e complicato, vi sono presenti valori quali: la parentela, la potenza dell’amore
sulla morte, l’importanza della lettura e della scrittura nella vita dell’uomo,
il valore del tempo, il kairos-tempo qualitativo, prendersi del tempo per
ascoltarsi e ascoltare, una storia che si dipana nel narrare un resoconto, una
disamina della vita. Si è vissuto invano? Leggere questo romanzo ci porta anche
a scoprire una Milano con luoghi, locali e personaggi allogati in un contesto
di vita descritto e analizzato che ne influenza le loro azioni, uno spaccato di
storia milanese dove i protagonisti vivono e talvolta si fondono.