Questa
drammatica situazione dell’amianto non ha voluto vederla nessuno. Non l’hanno
voluta vedere gli imprenditori e non l’hanno voluta vedere i chimici; men che
meno gli Stati, i governi e i partiti politici che sul piano dell’ignominia – e
aggiungerei dell’ignavia – ben poco si differenziano. La quantità di manufatti
di amianto sparsa per il mondo è tale che potrebbe unire, se la si mettesse in
fila, tutti i continenti come fanno gli oleodotti. Davvero se ne ignoravano i
tremendi pericoli all’epoca del suo massiccio uso? Parrebbe di sì, visto che il
suo inventore entusiasta si era persino costruito una poltrona di eternit e che
di eternit tirò le cuoia, come abbiamo documentato a suo tempo sulle pagine di
“Odissea”. E parrebbe di sì, visto che ambienti e persone tutt’altro che ai
margini sociali se ne sono riempiti gli uffici e le case. Il giudice milanese
D’Ambrosio (quello di mani pulite con Di Pietro) scoprì da “Odissea” che
il tetto della sua casa conteneva amianto. Lo stesso i medici del Policlinico
perché eravamo stati noi a segnalarlo alla trasmissione “Striscia la Notizia” facendo
fare delle riprese dalla troupe del Gabibbo. Amianto c’era al Teatro alla
Scala, e amianto c’era al palazzo del Comune di via Larga. Fummo sempre noi a
segnalarlo sulle coperture del mercatino Comunale di Piazza XXIV Maggio in
Ticinese. Come poi sia stato smaltito, in alcuni casi, Dio solo lo sa. Chi può
dirci se l’ammasso di amianto che costellava l’area di Rho dove è stata
concepita l’Expo milanese è stato prima vetrificato per impedire di espandere
in ogni dove le fibrille e poi rimosso in sicurezza e mandato nelle discariche
legali e controllate? Il professor Gualtieri, studioso del problema, scrisse paginate su “Odissea” sul corretto smaltimento. Nutriamo il dubbio
che per contenere i costi di smaltimento non ci si faccia molti scrupoli: si
abbatte indiscriminatamente, si mescola il tutto e si manda in discarica senza
alcuna selezione. Del resto le cronache ci hanno ampiamente mostrato cosa
avviene nella civile Italia, figuriamoci in luoghi dove non esiste controllo
alcuno. E intanto la gente continua a morire perché le fibrille di amianto sono
democraticissime e si spargono volentieri nell’area viaggiando da un capo
all’altro. Se avete dato un’occhiata alle concentrazioni degli allevamenti
intensivi in Emilia Romagna o in qualsiasi altra regione italiana, vi sarete magnificati gli occhi con la quantità di amianto degli stabilimenti, sui
casolari in mezzo al grano, alle verdure, ai frutteti e via enumerando. Non parliamo delle case contadine e degli opifici in Ucraina bombardate dai russi. Di quelle fibrille avranno benefici anche i polmoni e la pleura degli accaniti sostenitori del conflitto.
La lettera del Comitato Beni Comuni
Avrete
certamente sentito che una parte dei soldi del Pnrr non saranno utilizzati
perché la disastrata nazione in cui ci tocca vivere non è stata capace di
fornire piani sensati di spesa. Un governo e una classe dirigente degna di
questo nome avrebbero potuto fare un decente censimento delle priorità e ne
avrebbero ricevuto a iosa di indicazioni per come impiegarli quei denari. Un
piano di tutela della salute pubblica per rimuovere l’amianto da ogni dove
(asili, scuole, ospedali, treni, edifici pubblici e privati, impianti
industriali… persino le fioriere delle nostre città ne contengono, le vasche
per riserve d’acqua, i tubi…) avrebbe creato una marea di lavoro e indicato una
via saggia alle altre nazioni che come noi ne sono sommersi. Noi di Odissea ci
avevamo provato quando il prode Prodi si apprestava a diventare
presidente del Consiglio. Idem con un altro deludente amministratore pubblico:
il sindaco di Milano Pisapia. I risultati furono scarsissimi. Naturalmente di
amianto ne è pieno il Sud, e come per il Nord le mafie smaltiscono a modo loro.
Perché i Comuni non hanno né piani, né censimenti, né luoghi di stoccaggio
sicuri, né sistemi di smaltimento pubblici in modo da non affidarsi agli
“interratori”, né controlli, né rapporti con scienziati che da tempo hanno
messo a punto metodiche corrette, né segnalazioni con cartelli di allarme come
prescrive la legge. La criminalità organizzata in compenso è molto efficiente e
allarga il suo patrimonio usando mare, corsi d’acqua, terreni agricoli e
l’intero territorio come discariche. Le vicende di Crotone sono eloquenti. Per
fortuna poi i criminali ne mangeranno anche loro i prodotti, né berranno
l’acqua, ne respireranno l’aria di quei luoghi, assieme alle loro amate famiglie, e faranno la
fine dei molti camorristi alla Schiavone. È una magra consolazione, ma è pur
sempre una consolazione.
In questo
Sud può capitare che un comitato di cittadini - “Comitato Beni Comuni” e
“Liberi Cittadini” di Acri - in difesa del proprio territorio e allarmati per
la loro salute, si prendano la briga facendo quello che l’Amministrazione,
l’Arpa, i Carabinieri, i Vigili Urbani e perchennò, i medici e i sanitari avrebbero
dovuto fare, e a spese proprie installano cartelli nelle zone dove è stato
sparso amianto segnalando il pericolo ai cittadini. Che bravi, direte voi;
ottima la sensibilità di questi cittadini, di sicuro Sindaco e Amministrazione
li avranno convocati per conferire loro un encomio alla virtù civica. Col
cazzo! Li hanno minacciati di procurato allarme, li hanno fatti convocare dai
Vigili Urbani, e pare che i cartelli siano stati rimossi e sequestrati. Mi
fermo qui perché non mi voglio guastare la giornata, ma sono sicuro che mentre
state leggendo il sangue vi sta montando alla testa e una valanga di improperi
spinge dal cervello verso le vostre labbra.