Un
po’ fumoso lo scritto di questo nostro lettore e anche un po’ datato, ma va
tutto bene se almeno alcuni spazi continuano a creare aggregazione umana e
sociale e qualche barlume di consapevolezza. Purtroppo sono decenni che la
stragrande maggioranza di questi luoghi sono divenuti moda, puro commercio,
occasione per far soldi e indifferenza a tutto ciò che sta fuori: guerre,
disuguaglianze, catastrofe ambientale, nuovo fascismo… Piccoli separati ghetti
di indifferenza. Le
ultime generazioni, talvolta etichettate come generazioni ultime (non
ricordo da chi) sono davvero "disinteressate ai valori" (quali poi?),
"interessate solo al sociale se social network da telefonino"?
"sballati da rave"? "amichetti della Greta"?,
"NEET"?, "fluidi?" Se si esce dalle etichette, se si smette
di guardare le solite cose nel solito modo senza predisporsi allo
sbilanciamento che si prova quando si fa un passo in una direzione diversa, si
potrebbe scoprire qualcosa di spiazzante riguardo il modo di vivere e pensare,
delle ultime generazioni, in particolare della Generazione Zeta, oggetto di
osservazione di questo articolo. Al di là delle etichette, c'è la realtà di
soggetti che ascoltano e che parlano lavorando a lungo su quanto hanno da dire.
Mi sono disposto a fare il turista impegnandomi per un viaggio culturale di
prossimità, nella città di Milano. Oltre il bosco verticale, oltre la città
d'arte, oltre piazza affari. Ho scoperto luoghi con un valore antropologico
davvero notevole. Luoghi nei quali si esercitano "prodezze culturali ed
incontri del destino". Piccole volumetrie fisiche nelle quali i giovani
della Generazione Z, sperimentano ascolto e pratica della musica, poesia,
cucina, enologia e nel contempo vivono la magia degli incontri sorprendenti che
il destino ci organizza. Luoghi creati per accogliere una selezione inclusiva
(infatti c'ero anche io che sono un boomer) fra persone che cercano il simile
nel diverso e viceversa, senza elitarismo, senza massificazione. Questi luoghi
si chiamano Let's e Corte dei Miracoli. Mi ci sono imbattuto perché un boomer
come me, non sapeva come trascorrere una serata. Cercavo qualcosa che accadesse
vicino e che non fosse cinema, pub a guardare la partita mangiando una pizza, oppure
serata danzante con karaoke. Qualcosa di diverso rispetto a quanto si propone
su social come ComeHome. Ho trovato, su Facebook -un social da boomer- una
serata dedicata a "Escher - Edgar Allan e i Pink Floyd" (tritico
interessante che ricorda un po' il titolo del libro del famoso matematico
Hoefstaeder, Escher Goedel Bach) ed una "Cena poetica"; la cui
locandina diceva qualcosa come "porta qualcosa da mangiare da casa, il
vino lo trovi in loco, ed ascoltiamo insieme, poesie lette dai poeti
stessi". Sulle prime, pensavo che certe cose fossero solo storia dei Cafe’
d’Artistes di inizio novecento a Parigi. Mi sbagliavo forse, anche se non c'ero
ad inizi novecento per visitare a Parigi quei Café e quindi non posso dire che
queste "esperienze" milanesi siano in qualche modo assimilabili alle
parigine. Fatto è che mi trovo a Milano, nel secondo ventennio del 21esimo secolo,
dentro spazi non necessariamente politicamente schierati, o eversivi, o
controrivoluzionari. Luoghi fortemente no-social (per il 99% del loro valore) e
fuori dalle reti digitali e dall'AI, ma dentro ai social per quell'1% che serve
a farsi pubblicità, a farsi conoscere, ad attirare occhi curiosi, ad essere
meno carbonari (una sorta di de-carbonizzazione culturale).
Prima di dirvi cosa
v'ho scorto, dirò di cosa m'ha subito colpito. La prima sorpresa è stata che si
può superare i richiami delle etichette con le quali si definiscono i giovani
ed i loro locali ed i reciproci scopi esistenziali. La seconda è stata che in
questi luoghi ritrovati e diversi dalle memorie storiche, accadono profonde
risonanze. Ho visto chiaramente e capito. Le generazioni diverse dalla tua non
sono versioni insoddisfacenti della tua. Ho capito che fra quei giovani
risuonano voci, condivisioni, che non sono i Feed di Instagram o le Stories. Si
animano voci dis-ordinate, con regole di interazione che sono negoziate volta
per volta, inter generazionali, senza protocolli rigidi ma comunque nel pieno
rispetto della privacy. Fra uditori attenti e performance di forte energia
("attraenti" come bolle fosforescenti), si disegnano temporanei
paesaggi umani (dia-logos), forse addirittura una sorta di Terzo paesaggio
-umano- (vedi Gilles Clement che riferiva il terzo paesaggio, a luoghi
abbandonati dall' homo economicus, nei quali un non economico "ordine
altro" prende il sopravvento, creando nuovo senso, non-senso o forse
dissenso). Oltre agli spazi umani del lavoro/studio (primo paesaggio) ed a
quelli altrettanto antropici dei grandi eventi (secondo paesaggio) c'è questo
terzo paesaggio (il Let's e la Corte dei Miracoli, ne sono due manifestazioni)
di voci, abiti, sorrisi, musiche, poesie, sedie, tavolini, quadri,
profumi/odori, strumenti musicali e aforismi alle pareti. Qui l'incontro (la
risonanza) si fa cultura, pensiero, mondo umano. Brodi primordiali,
accatastamenti e accostamenti di senso, dove ronzano idee e soffiano pollini.
Bada bene che non sono luoghi definibili come Terzo stato (valenza politica),
terzo mondo (valenza economica), terzo segreto di Fatima (valenza religiosa),
sono proprio luoghi "terzi" assolutamente originali. Proprio qui, dentro
queste bolle fosforescenti che si chiamano Corte dei Miracoli e Let's, ho
scorto che qui nasce ogni discorso sul futuro di una generazione. Qui ha
toccato terra il seme del destino cui l'umanità va incontro, senza elitarismi,
senza suprematismi. Matteo
Ponti