Vorrei
partire dalla scatola: un parallelepipedo dalle misure 30 x 40 per un volume di
13 x 21, un vero spreco di alberi e di energia per riciclarla. Da quando a
occuparsi di distribuire sono arrivati colossi come Amazon e compagnia,
l’involucro che ti viene recapitato è venti volte più grande dell’oggetto
spedito. In tempi di crisi ambientale e sommersi come siamo dai rifiuti si
dovrebbe evitarlo, ma tant’è. Il libro però è prezioso, almeno per gli
studiosi, perché fare la mappatura di una biblioteca composta da migliaia di
volumi non è uno scherzo. E poi si tratta della biblioteca personale di uno
scrittore, di Giorgio Bassani. A sobbarcarsi la fatica è stata Angela Siciliano
che all’autore ferrarese dedica da tempo molte delle sue ricerche. A pubblicarlo, per un totale di 392 pagine sotto
il titolo: Catalogo della biblioteca di Giorgio Bassani (euro 30), è
stato l’editore Giorgio Pozzi di Ravenna, seppure con il patrocinio e il
contributo della Fondazione che porta il nome dello scrittore. Come scrive in
una breve premessa la figlia Paola: “La biblioteca di Giorgio Bassani ha un
significato unico: non ne documenta solo gli interessi, gli incontri, il percorso
culturale, ma anche la testimonianza del suo rapporto assoluto con l’oggetto
libro”. Non so se questo vale per tutti coloro i quali mettono assieme nel
corso della loro vita una biblioteca personale. Di sicuro è stato così per un
bibliofilo come lo scrittore Beppe Pontiggia, e lo è stato certamente per il
critico Carlo Bo. La marea di libri che invadeva la sua casa (forse il timore
che i suoi pavimenti potessero sprofondare e seppellirci assieme non è del
tutto estraneo all’idea del mio racconto “Il libro della staffa” compreso nella
raccolta: Sonata in due movimenti, in cui perderà la vita il maestro
che aveva tentato disperatamente di donare i suoi libri alla Biblioteca della
città, perché i pavimenti erano a rischio) in parte, come per Bassani, significava
interessi, incontri, scoperte, amicizie, percorso spirituale, lavoro critico, ma
in parte accumulo casuale, arbitrario, spurio. Ne riceveva da ogni dove, da
autori ed editori fra i più diversi, e dunque separare il grano dal loglio non è
mai impresa facile. Questo avviene per tutti coloro che di libri vivono,
scrivono, si interessano, e per uno scrittore in modo particolare.
Dunque, ha
fatto bene Angela Siciliano a seguire il percorso della biblioteca smembrata, e
anche un po’ dispersa, di Bassani, a seguito dell’ignobile vicenda razziale: da
Ferrara a Roma a Parigi. Quella già corposa ereditata dai suoi avi e che
Bassani ha sostanziosamente rimpinguato a partire dal dopoguerra in poi, e
quella postuma ricongiunta, devo dirlo, con favorevole fortuna, dopo la sua
scomparsa. Hanno contribuito in molti a questa ricongiunzione e bisogna dar
loro merito. Posso immaginare (e Siciliano ce lo fa avvertire nella sua lunga
introduzione) lo stato d’animo dello scrittore quando, dovendosi spostare a
Roma, si troverà completamente privato dei suoi amati libri. Del resto: “Non c’è casa
più povera di una casa senza libri”. Per chi scrive, i libri non sono
semplici strumenti di consultazione; la loro muta presenza intorno al suo
tavolo di lavoro, o i dorsi allineati come ubbidienti soldati nelle scansie,
sono un faro e un monito: “Ricordati come non devi scrivere! – lo
ammoniscono; ricordati perché devi scrivere – gli ripetono”. E lui
conosce bene quelle voci, il senso del loro ammonimento, l’imperativo etico da
cui non deve derogare, ecco perché ci sono titoli e autori che devono trovarsi
lì, attorno a lui, dentro la sua stanza. Non tutte le voci parlano e dialogano
con lui, ma alcune sì; e non correggono soltanto la traiettoria del suo
sguardo, non alimentano il puro esercizio del suo stile. No, vanno più a fondo,
modificano le sue vite. Perché uno scrittore degno di questo nome, di vite ne ha
molte di più di quanto si possa immaginare; e quando uno di questi scrittori
muore, non muore un uomo solo, non scompare una sola idea, non perdiamo un solo
sentimento. Muore una civiltà intera, perdiamo un mondo.