Per quanto riguarda statuo/stabilisco, bisogna ricordare
che, per il pastore, le leggi di natura, il tempo di stazionamento erano
prescritti ed immodificabili, così come tutto il processo di formazione della
creatura era rigidamente sequenziale, dovendo attenersi ad un ordine tassativo.
Fu dedotto il sostantivo neutro statutum: il decreto. Da statuo,
nei verbi con prefisso, si usò la radice στη (dal legare
il generare il tendere), desumendo: deστηtuo/destitutum:
abbandono, lascio, vengo meno (con la nascita), mentre, il
participio destitutus significò: abbandonato, privato (di),
spogliato, da cui la destituzione. Ancora: restituo: restituisco,
ripongo, constituo/constitutum: faccio sorgere, fondo,
formo, creo; da constitutus (da chi ha costituito/da ciò
che ha costituito) fu formulato il deverbale: constitutio: costituzione
fisica, temperamento, base/fondamento (dell’organizzazione
politica), disposizione/ordine. Quindi, si passò a: instituo/institutum:
comincio, intraprendo, pongo le basi, istituisco/
dispongo. Quindi, da chi ha istituito, furono dedotti institutio,
nel senso di stabilire le premesse, di dare le regole,
l’insegnamento/educazione, e istitutore come colui che istituisce/fonda,
ma anche come maestro/precettore. Fu elaborato
un altro verbo, che dimostra, in modo inequivocabile, che stituo attiene
al grembo materno, meglio: a ciò che si deduce dal grembo materno: prostituo,
ad indicare che, talvolta, quello stare è il frutto di un prezzo, in
quanto pro, in latino, significò anche: in cambio di, al
prezzo di. Tra i tanti
verbi dedotti ci furono non solo: reσταuro e instauro,
ma, soprattutto: sisto (va a mancare lo stare, si genera dallo stare): faccio
stare, colloco, compaio, erigo, trattengo, duro,
sostengo, da cui: assisto, resisto, insisto, persisto,
obsisto (contrasto) desisto. Poi, consisto: mi poso,
mi riposo, prendo sede, prendo una posizione salda, prendo
consistenza, nel senso anche di: mi rapprendo. Il significato dato a
consistente si integra mediante inconsistente. Da consisto fu
dedotto consistorium (concistoro).
Dall’essere
in avanzata formazione: sistens, si deduce/nasce: εκsisto, che
rimanda non solo al grembo: vengo fuori, esco d’un tratto, compaio,
spunto, sbuco, nasco, ma anche alla creatura finita che
nasce. Il pastore latino da questo verbo deduce esistenza, che ha anche
il significato di presenza, per cui l’essere in fase avanzata di
formazione, che pulsa e si muove, indica una presenza di vita. I greci avevano
indicato con οὐσίαnon solo essenza,
ma anche: esistenza, che si genera dalla madre, da colei che è: οὖσα. Inoltre, in
colei che è, si riscontra la parusia come presenza. Ci sono, in
italiano, il verbo sistemaree il deverbale sistema, che
furono importati, durante la colonizzazione, dalla cultura greca. Nella cultura
popolare sistemare significa: ciò che si genera dallo stare insieme,
per cui se si dice: i figli si sono sistemati, si vuol indicare che si sono
sposati e sono in condizione di affrontare con tranquillità la vita. Il
concetto di sistema, in greco: σύ-στη-μασύστηματος: composto,
massa, complesso, associazione, costituzione, lega,
associazione, condotto, acquedotto, ha non solo qualcosa
di complesso dinamico, ma il sistema si caratterizza per l’interazione
delle parti e dei momenti, concetti che si son potuti desumere dai meccanismi
sinergici del grembo. In altra occasione il pastore greco aveva coniato dieta,come regime alimentare del grembo, quello latino da rego aveva
dedotto regime (alimentare), mentre il pastore/mulattiere del mio paese
utilizzò: κυβερνάω: governo, guido, reggo per
indicare l’alimentazione necessaria per gli animali: agg’ iut’ a guvernà i
vuii (sono andato a governare i buoi). Quanti richiami culturali ci sono
nella parola governo! Si
riverberano non solo quello di chi guida in un mare talvolta tempestoso, ma
anche quello di chi provvede ai più elementari bisogni del polites e del
civis. Infine, il concetto di
sistema si coglie meglio dal dedotto sistematico: che forma un tutto,
che forma un sistema. Nella lingua
latina, inoltre, da στηfu dedotto:
ueστηgium/vestigia, che rimangono dall’ho dal
legare il tendere (come cammino). Questa parola, che sembra ricercata e che
indusse il Petrarca a scrivere, in Solo e pensoso: “ove vestigio
human l’arena stampi “, ha lasciato traccia profonda nella nostra
lingua nel verbo investigare e sue derivazioni, in quanto le impronte,
soprattutto quelle digitali, sono elementi certi per avviare un’indagine.
Nella lingua
italiana, molte altre parole furono desunte da στα/στη, sicuramente: stampare, lo stampo,
che è il frutto di questa perifrasi: è ciò che si genera: dal fare il rimanere
il legare il tendere. Probabilmente, qualcuno, notando sull’argilla bagnata
l’impronta delle scarpe, fece questo conio. Nel mio dialetto ci sono locuzioni
molto in uso: è tutto la stampa della madre, dare una stampata significa:
sferrare un calcione che lascia i segni; sicuramente, furono dedotti: stagno
come acqua stagnante e come metallo che lega, starnuto/ sternuto,
staffa, staffetta, staffilo, staffilata, stalla (dal
greco: στάβλον), stallo, stallone, sterco, sterpo,
στηrps stirpis, mediante questa perifrasi: dal generareil legare il tendere, fa lo scorrere il
crescere generare la stirpe (che è ciò che manca). Fu coniato il verbo ba-stare
(va a generare lo stare/dall’andare lo stare), nel senso che quello stare
finisce, ma anche che il tempo dello stare è sufficiente per, per cui si
ebbero: bastante e abbastanza. Fu dedotto anche basto che
è ciò che serve per legare nei trasporti (dal tendere). Anche bestia
e bestemmia rimandano alla stessa radice. Ricordo che, nel mio
dialetto, basto (il) si dice: u mmast’, mentre: agg’ fatt’ u
bast’ i gugli, significa: ho costituito una riserva di olio sufficiente per
tutto l’anno. Inoltre, da stath (lega il tendere dal crescere) si generò:
stazza, alla greca: σταθια. Gli italici
coniarono anche: sta-gione/stagioni, come periodi funzionali al
legare delle piante (come processo di formazione) fino al mancare,
che è la fruttificazione. Contrariamente a quanto sostengono i filologi, histrio
histrionis (χ-ιστ-rio)è
da collegare alla radice ιστdi ἵστημι, meglio è una perifrasi che contiene ιστ, ad indicare l’attore che ha la vis espressiva nell’enfasi dei toni e
nella mimica facciale. Voglio
concludere con una parola luminosa: dentro il concetto di chi sta al
buio, si generò: στηnla/stella, che è quella che mi rischiara (la
mia buona stella!) le tenebre del cammino notturno.