Gabriella Galzio pone una
questione molto seria a proposito del fallimento del Referendum contro l’invio
di armi in Ucraina e bisognerà fare un’autocritica severa. Anche se chi come
noi non ha nulla da rimproverarsi (personalmente ho messo a
disposizione “Odissea”, ho preso parte ai banchetti di Milano e sfilato ai
cortei anche in condizioni di salute precarie). Ma il fallimento ha le
sue ragioni e bisognerà interrogarsi pubblicamente e senza ambiguità. Caro Angelo, sono appena venuta a sapere dell’esito
negativo della raccolta firme per i referendum contro l’invio di armi in
Ucraina, cui senz’altro ha concorso il silenziamento dei media di regime; ciò
nonostante mi sono cadute le braccia leggendo l’analisi di questa assenza da
parte dei cittadini: giovani, pacifisti, parrocchie, M5S... assenti! Il papa
non è “riuscito” a mobilitare le parrocchie, Conte si schiera contro l’invio di
armi in Parlamento, ma poi non “riesce” a mobilitare iscritti (133.664 all’agosto
2022) e simpatizzanti (eredi di una tradizione radicale della democrazia
diretta)... e i pacifisti? Quanti sono i pacifisti? E quelli dei sondaggi dati
oltre il 50%? E i giovani? Le giovani larve, prime ad essere sbattute al fronte
in caso di guerra? Possibile che viviamo in un mondo di smidollati? Se non
esercitiamo quei pochi istituti di democrazia diretta, peraltro in questioni
cruciali come pace o guerra, tanto vale consegnarci a qualunque regime voglia
esautorarci. Altro che cittadini sovrani, sudditi, ecco quello che sono,
quelli che potevano firmare e non l’hanno fatto. Gabriella Galzio