IL COLONIALISMO FRANCESE È
FINITO di Franco Continolo
Il giudizio di Romano
Prodi sul colpo di stato in Niger è molto chiaro: è la fine definitiva del
colonialismo francese. C’è un altro episodio che rafforza questo giudizio:
nei giorni scorsi, con un referendum, il Mali ha abolito il francese come lingua
ufficiale. Il primo nodo che dovrà sciogliere la giunta insediatasi a Niamey è
la presenza militare straniera: oltre ai francesi ci sono 300 italiani, che non
dovrebbero costituire un problema visto che non si capisce cosa siano andati a
fare, e più di mille americani - come fa notare Dave DeCamp, da quando ci sono
gli americani gli episodi di terrorismo nell’Africa centrale si sono
moltiplicati per mille (a conferma della teoria che l’obiettivo di Washington è
destabilizzare). Prodi conclude l’editoriale auspicando che l’UE prenda esempio
dalla Russia, e convochi un vertice con i leader africani. Per l’ex presidente
del Consiglio sembra che basti un po’ di buona volontà per
avere successo. In realtà il fallimento del recente vertice con i paesi
della dell’America Latina dimostra che la buona volontà e la promessa di
investimenti non bastano. Per essere credibili occorre prima di tutto smettere
di raccontare balle, e di pretendere di avere qualcosa da insegnare - vedi la
democrazia, i valori e altre fantasie; poi rompere con l’imperialismo passato e
presente - quest’ultimo a rimorchio di Washington. L’esempio è la Russia
che pur partendo avvantaggiata – essa può infatti rivendicare di
non avere avuto colonie in Africa, e di essere l’erede dell’Unione Sovietica,
il cui sostegno ai movimenti di liberazione è riconosciuto - offre ai leader
africani l’idea di un ordine internazionale più equo, quindi multipolare: in
altre parole, l’idea di un concerto di imperi - tra i quali l’Unione Africana,
la cui realizzazione viene incoraggiata – che è la condizione necessaria
affinché le Nazioni Unite non finiscano, come oggi, sottomesse alla potenza
egemone. Questo è il messaggio che Putin ha ripetuto in tutte le lingue, e
che i leader africani sembrano avere apprezzato. Il vertice di San
Pietroburgo ha visto anche una presenza inusuale, Kirill, il
patriarca della Chiesa Ortodossa. È stato il suo un intervento utile,
opportuno? Si può immaginare utile a Putin, a fini interni; ma opportuno? Qui i
dubbi nascono dalla difficoltà di delineare con precisione i confini tra
religione e politica; ciò che si può dire però con sufficiente certezza è che
quando la religione e la politica si lasciano tentare dalla retorica dei
valori, entrambe finiscono fuori strada, ma forse più la religione della
politica. I valori sono anche quella nebbia che consente, per esempio, ai
governanti italiani di occultare, o di vendere come libere scelte, le
imposizioni di Washington. Lo ricorda Alberto Negri a proposito della
ridicola pretesa della Meloni di riproporsi nelle vesti di Enrico Mattei. La
Meloni è infatti una serva come i Draghi, i Renzi, i Letta e le Schlein, ma va
aggiunto - repetita iuvant - con l’aggravante di rappresentare
un movimento che si è distinto per fare il lavoro sporco per conto
dell’occupante, prima i tedeschi, poi gli americani.