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un anno dalla sua morte. Franco
era arrivato a Milano negli ultimi anni per completare quel percorso di didatta con capacità incredibili. Da ragazzo aiutava molti studenti ad
impostare le tesi di laurea e a sostenere esami a Lettere e a Legge. Nel suo blog
e alla Rai ha raccontato le storie dei suoi studenti milanesi alla scuola
serale. Franco ha cercato di capire i disagi lanciando quei ponti di
solidarietà e umanità. Ha lenito ferite di persone fragili con una sensibilità rara
che appartiene a chi comprende l’emarginazione e il dolore umano. Pochi sanno
che a Milano c’è stata una piccola Barbiana del riscatto della dignità. Il
cruccio di Franco era non potere completare il corso di studio con i suoi ragazzi.
Quasi a suggellare - come la sorella di Chopin - il timore che il ricordo
diventi effimero fino a sfociare nella dimenticanza.Quando lo scorso anno nel giorno del suo
compleanno Franco non volle dirmi della gravita della sua malattia, mi rimandò a
dei versi precisi di David Maria Turoldo. Ieri
all’ora nona mi dissero: il
Drago è certo, insediato nel centro del
ventre come un re sul trono. E
calmo risposi: bene! Mettiamoci in
orbita: prendiamo finalmente la
giusta misura davanti alle cose; con
serenità facciamo l’elenco: e
l’elenco è veramente breve. Appena
udibile, nel silenzio, il
fruscio delle nostre passioncelle del
quotidiano, uguale a
un crepitare di foglie. sull’erba
disseccata. Vorrei
tracciare i primi ricordi dell’estate del 1978 che si intrecciano nella
mitologica visione dei lunghi capelli aurei di Claudia. Ebbi modo di vedere
all’opera l’allestimento teatrale de Lo Gnomo e il Dittatore con una
compagnia di ragazzi tenuta insieme con fantasia e autorevolezza da Franco. Un
incontro casuale. Passarono mesi. Franco mi coinvolse gradualmente in tante
iniziative culturali di arricchimento. Il teatro e la poesia soprattutto. Dopo
la sua laurea in legge a Firenze iniziò per Franco l’esperienza di obiettore di
coscienza con Giorgio Manacorda assessore alla Cultura nella giunta di sinistra
cosentina. Fu cruciale una collaborazione apprezzata dal professore romano che
spianò la strada a Franco con modelli innovativi che lo vedrà protagonista come
consulente del sindaco Pietro Mancini e poi come assessore del babbo Giacomo il
grande. Franco non teneva tutto per sé. Condivideva con gli altri le esperienze
vissute arricchendo noi tutti. Convinto da lui diventai a mia volta obiettore
di coscienza e svolsi anni dopo il servizio civile alle Acli di Pavia. Franco raccolse intorno a sé tanti amici anche
nell’ambito dell’esperienza di TeleCosenza ubicata nel centro Storico in Corso
Telesio. Ricordo con lui Raffaele De Luca del Laboratorio di Poesia e Ercolino Martirano
della Nuova Immaginazione. Poi arrivo alla politica con senso aristotelico.Un uomo di cultura come lui portò per sette anni
saperi alla politica nel difficile trapasso nella Seconda Repubblica:
sembrerebbero un miracolo. Franco progettava e realizzava con un collettivo di
ragazze e ragazzi. Giacomo Mancini annuiva ammirato alla creazione del Festival
delle Invasioni e alla realizzazione della Casa delle Culture nel
centro storico. Inonija di Angelo Fasano e il mensile Rendano furono un
fiore all’occhiello dell’editoria culturale italiana. Poi c’era dell’altro. Il
suo sguardo rivolto ai fragili e agli emarginati da inserire nel tessuto
produttivo della città. Precursore così del modello Mimmo Lucano a Riace. Dopo
l’esperienza della giunta Mancini pensavo a Franco Dionesalvi sindaco ormai
maturo per governare una città ritornata al Rinascimento di Aulo Giano e
Bernardino Telesio, ma la coda sulfurea dei politicanti tolse ogni illusione.
Seguì una esperienza altrettanto creativa a Rende con la sua invenzione del
Museo del Presente. Un vero talento il suo con un’unica pecca: l’onestà. E
quindi l’espulsione di lì a poco. Così l’amarezza di perdere la collaborazione
giornalistica con Sombrero e altre angherie fino alla decisione di partire a
Milano con la compagna Rossana. Tutto quello che dico è noto a tutti voi care
amiche e amici. Forse ne avreste storie da raccontare su di lui ma a che serve
riandare su questi sempiterni e amari sette colli bruzii? Lo sanno anche le
pietre della strada! Difficile focalizzare il senso di una amicizia durata 45
anni. Solo un ultimo episodio con l’amato Franco. Ebbi la consapevolezza di
umanità riconquistata nel senso alto del termine quando incontrai Torquato
Tucci, lo zio di Franco. Lui mi abbracciò con devozione come si usa solo con un
fratello. Torquato diede di più al nipote con quel legame di sangue che
fortifica la specie umana. Fronte e fronte con la sua mansuetudine evangelica
che provoca quel senso di vertigine e di amore con tutte le creature. Torquato
era un angelo che aveva iniziato Franco alla poesia. Sembra un paradosso che un
disabile grave come Torquato riuscisse a capire le nostre fragilità e a
trasmettere il mondo dell’eterno amore che tutto muove.Quando quel terribile sei luglio Franco ha
lasciato la sua vita terrena ho visto una sola cosa da ateo miscredente.
Torquato accoglierlo tra le ali degli Arcangeli.