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martedì 11 luglio 2023

PER FRANCO DIONESALVI
di Filippo Senatore
 

Franco Dionesalvi

Ad un anno dalla sua morte.
 
Franco era arrivato a Milano negli ultimi anni per completare quel percorso di didatta con capacità incredibili. Da ragazzo aiutava molti studenti ad impostare le tesi di laurea e a sostenere esami a Lettere e a Legge. Nel suo blog e alla Rai ha raccontato le storie dei suoi studenti milanesi alla scuola serale. Franco ha cercato di capire i disagi lanciando quei ponti di solidarietà e umanità. Ha lenito ferite di persone fragili con una sensibilità rara che appartiene a chi comprende l’emarginazione e il dolore umano. Pochi sanno che a Milano c’è stata una piccola Barbiana del riscatto della dignità. Il cruccio di Franco era non potere completare il corso di studio con i suoi ragazzi. Quasi a suggellare - come la sorella di Chopin - il timore che il ricordo diventi effimero fino a sfociare nella dimenticanza.  Quando lo scorso anno nel giorno del suo compleanno Franco non volle dirmi della gravita della sua malattia, mi rimandò a dei versi precisi di David Maria Turoldo.
 
Ieri all’ora nona mi dissero:
il Drago è certo, insediato nel centro
del ventre come un re sul trono.
E calmo risposi: bene! Mettiamoci
in orbita: prendiamo finalmente
la giusta misura davanti alle cose;
con serenità facciamo l’elenco:
e l’elenco è veramente breve.
 Appena udibile, nel silenzio,
il fruscio delle nostre passioncelle
del quotidiano, uguale
a un crepitare di foglie.
sull’erba disseccata.
 
Vorrei tracciare i primi ricordi dell’estate del 1978 che si intrecciano nella mitologica visione dei lunghi capelli aurei di Claudia. Ebbi modo di vedere all’opera l’allestimento teatrale de Lo Gnomo e il Dittatore con una compagnia di ragazzi tenuta insieme con fantasia e autorevolezza da Franco. Un incontro casuale. Passarono mesi. Franco mi coinvolse gradualmente in tante iniziative culturali di arricchimento. Il teatro e la poesia soprattutto. Dopo la sua laurea in legge a Firenze iniziò per Franco l’esperienza di obiettore di coscienza con Giorgio Manacorda assessore alla Cultura nella giunta di sinistra cosentina. Fu cruciale una collaborazione apprezzata dal professore romano che spianò la strada a Franco con modelli innovativi che lo vedrà protagonista come consulente del sindaco Pietro Mancini e poi come assessore del babbo Giacomo il grande. Franco non teneva tutto per sé. Condivideva con gli altri le esperienze vissute arricchendo noi tutti. Convinto da lui diventai a mia volta obiettore di coscienza e svolsi anni dopo il servizio civile alle Acli di Pavia.  Franco raccolse intorno a sé tanti amici anche nell’ambito dell’esperienza di TeleCosenza ubicata nel centro Storico in Corso Telesio. Ricordo con lui Raffaele De Luca del Laboratorio di Poesia e Ercolino Martirano della Nuova Immaginazione. Poi arrivo alla politica con senso aristotelico. Un uomo di cultura come lui portò per sette anni saperi alla politica nel difficile trapasso nella Seconda Repubblica: sembrerebbero un miracolo. Franco progettava e realizzava con un collettivo di ragazze e ragazzi. Giacomo Mancini annuiva ammirato alla creazione del Festival delle Invasioni e alla realizzazione della Casa delle Culture nel centro storico. Inonija di Angelo Fasano e il mensile Rendano furono un fiore all’occhiello dell’editoria culturale italiana. Poi c’era dell’altro. Il suo sguardo rivolto ai fragili e agli emarginati da inserire nel tessuto produttivo della città. Precursore così del modello Mimmo Lucano a Riace. Dopo l’esperienza della giunta Mancini pensavo a Franco Dionesalvi sindaco ormai maturo per governare una città ritornata al Rinascimento di Aulo Giano e Bernardino Telesio, ma la coda sulfurea dei politicanti tolse ogni illusione. Seguì una esperienza altrettanto creativa a Rende con la sua invenzione del Museo del Presente. Un vero talento il suo con un’unica pecca: l’onestà. E quindi l’espulsione di lì a poco. Così l’amarezza di perdere la collaborazione giornalistica con Sombrero e altre angherie fino alla decisione di partire a Milano con la compagna Rossana. Tutto quello che dico è noto a tutti voi care amiche e amici. Forse ne avreste storie da raccontare su di lui ma a che serve riandare su questi sempiterni e amari sette colli bruzii? Lo sanno anche le pietre della strada! Difficile focalizzare il senso di una amicizia durata 45 anni. Solo un ultimo episodio con l’amato Franco. Ebbi la consapevolezza di umanità riconquistata nel senso alto del termine quando incontrai Torquato Tucci, lo zio di Franco. Lui mi abbracciò con devozione come si usa solo con un fratello. Torquato diede di più al nipote con quel legame di sangue che fortifica la specie umana. Fronte e fronte con la sua mansuetudine evangelica che provoca quel senso di vertigine e di amore con tutte le creature. Torquato era un angelo che aveva iniziato Franco alla poesia. Sembra un paradosso che un disabile grave come Torquato riuscisse a capire le nostre fragilità e a trasmettere il mondo dell’eterno amore che tutto muove.  Quando quel terribile sei luglio Franco ha lasciato la sua vita terrena ho visto una sola cosa da ateo miscredente. Torquato accoglierlo tra le ali degli Arcangeli.