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martedì 4 luglio 2023

SI RAVVEDERANNO?
di Luigi Mazzella
 


Il fronte dei guerrafondai non è compatto.
 
Eravamo stati convinti, dopo i silenziosi anni del ventennio fascista, che i sondaggi d’opinione rappresentavano una delle espressioni più tangibili della fulgida era democratica in cui eravamo entrati. Giornalisti intraprendenti ci ponevano domande su tutto: sembravano interessati a scoprire i nostri pensieri e sentimenti più riposti e se, a volte, avevamo il sospetto che non sempre le finalità degli intervistatori fossero di limpidezza assoluta e che nascondessero qualche riserva mentale, ci consolavamo pensando che quel “rumore truccato” era, comunque, meglio del nulla. A farci ripiombare nel silenzio assordante dell’era mussoliniana ci hanno pensato Zelensky, Biden e Putin. Ci siamo visti piombare addosso, come suole dirsi tra testa e collo, una guerra in Europa e il rischio di un conflitto nucleare (che potrebbe essere l’ultimo del Pianeta). In un tale drammatico contesto, non c’è stato uno “straccio di giornale” che si sia preoccupato di conoscere e far sapere quali fossero “i pensieri e i sentimenti” (anche non così segreti e “riposti”) di noi Italiani (popolo di eroi e di guerrieri solo per il Duce del Fascismo) sull’invio di armi sofisticate e di missili ipersonici in Ucraina. Con ciò vanificando i nostri sforzi di riprenderci dalla sonora mazzata economica del Covid 19. I sondaggisti si sono dileguati nel nulla. 



Per fortuna, però, le opinioni espresse, on line, da tanti “quisque de populo” ci hanno convinto che non fosse poi così compatto il fronte favorevole alla guerra poco distante dai nostri confini; che il “super-patriottico” Zelensky avrebbe ben potuto concedere ai filorussi e ai russofoni del Donbass, dopo ben due accordi sottoscritti a Minsk, quei diritti delle minoranze che De Gasperi aveva riconosciuto all’austriaco Gruber per l’Alto Adige (o Sud Tirolo); anzi che affidarne la persecuzione (altrimenti detta “pulizia etnica”) ai neo-nazisti dei battaglioni Azov; che non  era il caso di assecondare la brama dell’ex numero due di Barack Obama di emulare il “Presidente americano” definito da Berlusconi “abbronzato”, per la conquista del Premio Nobel per la Pace, concesso dalla ben disposta Accademia Svedese alle personalità “guerrafondaie” con maggior carico di conflitti intrapresi. Ora, però, con le votazioni europee alle porte i “guerrafondai in sedicesimo del nostro firmamento politico” devono fare i conti con una realtà elettorale particolarmente sui generis che vede tra i (presumibilmente finti) “contrari alla guerra” solo i “grillini”, ben altrimenti conosciuti come sperperatori del pubblico denaro in cambio di consenso. Tutti gli altri (dalla svizzera, italo, americana, ebraica Schlein al titubante Calenda e all’imprevedibile, umorale Renzi) sono schierati sul fronte della “pulzella della Garbatella” che per governare in Italia ha dovuto imbracciare l’ascia di guerra donatale dagli Statunitensi. Il discorso di possibili, utili (elettoralmente) riflessioni sulla vocazione bellica dei cittadini italiani è circoscritto solo all’ambito del centro destra non fascista (se ancora c’è!). Le male acque in cui naviga Biden, prossimo al suo zoppicamento di anatra con scarse speranze di rielezioni, il rafforzamento di Putin dopo la defenestrazione del capo-mercenario della Wagner, l’atteggiamento sempre prudente e razionale di Xi Jinping e di altri “veri” uomini politici non espressi dalle centrali finanziarie di Wall Street e della City e dai servizi segreti dominanti in Occidente (CIA e KGB con relative affiliazioni subordinate), il clima sempre più incerto che alcune visite recenti a Kiev di missi dominici statunitensi, potrebbero indurre alla speranza (che è sempre l’ultima a morire) di una considerazione critica degli errori commessi per eccessiva pavidità nei confronti della “pulzella”.
Et hic manebimus optime!